L’assurdo processo contro il frate beato Matteo Guimerà
La nomina a vescovo di Agrigento non fu ben accolta tra i nobili della città
Quante volte Papa Francesco ci invita ad eliminare il pettegolezzo e lo sparlare degli altri dalla nostra vita? Il nostro pontefice lo avrebbe fatto ancora con maggiore forza nei confronti dei nobili di Agrigento che intentarono le accuse più assurde contro il loro vescovo: un frate povero, che aveva fatto della carità la sua ragione di vita.
Fu questa la sorte che spettò al Beato Matteo Guimerà di Agrigento (1377-1450), il frate minore amico di San Bernardino da Siena, che si dovette difendere dall’accusa di dilapidare i beni della Chiesa e da un’altra forse ancora peggiore: una presunta e mai dimostrata relazione carnale con una donna della città. Subì un processo e ne uscì vittorioso, ma poi si fece da parte, prostrato per le calunnie subito, e abbandonò un incarico ormai troppo pesante per lui.
LA NOMINA DI VESCOVO
Fra Matteo ha incarnato lo spirito del francescano: predicò per tutta Italia, raccogliendo numerose conversioni, e acquistandosi fama di santità per l’esemplarità della vita e il dono dei miracoli. La sua vita cambiò quando fu nominato vescovo nel 1442. Un incarico che doveva coronare la sua carriera, e che invece, causò uno scontro tra il clero e la nobiltà locale.
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LE DUE GRAVI ACCUSE
Per la sua generosità verso i poveri venne accusato, da una parte del clero che lo avversava, presso la Santa Sede di dilapidare i beni della Chiesa, infatti secondo varie testimonianze egli rinunciò a tutti i proventi ecclesiastici in favore dei poveri, riservandosi soltanto lo stretto necessario per se e per quelli che lo coadiuvavano. Oltre a questo venne accusato calunniosamente di godere di una donna carnalmente. Nel processo svoltosi alla corte pontificia si dimostrò l’innocenza del Beato e il papa lo assolse da ogni accusa e gli confermò la sua fiducia restituendogli la sede episcopale.
MORTO IN ODORE DI SANTITA’
Ma la persecuzione non cessò, tanto che il Beato, dopo essersi consigliato anche con San Bernardino da Siena, rinuncio dopo tre anni al vescovado. Morì in odore di santità a Palermo il 7 gennaio 1450: il luogo della sua sepoltura fu da subito un continuo pellegrinaggio di devoti che ne ricordarono le virtù di frate buono e caritatevole. Il culto venne riconosciuto dalla Chiesa con decreto del 21 febbraio 1767, approvato da papa Clemente XIII.
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