Le quaresime di frate Francesco
Il poverello di Assisi non viveva solo la quaresima per Pasqua. Il suo cammino continuo di conversione
Quaresima, parola profonda che ci sta accompagnando dal mercoledì delle Ceneri verso la Pasqua. Quaresima, “tempo per credere, ovvero per ricevere Dio nella nostra vita e consentirgli di ‘prendere dimora’ presso di noi”. Parole, riflessioni di Papa Francesco per questo tempo liturgico. Ora, inoltriamoci, invece in altre parole: in quelle di un altro Francesco. E’ San Francesco d’Assisi a parlarci.
Frate Francesco concentrava soprattutto la sua attenzione sul legame tra incarnazione, passione, morte e resurrezione di Cristo: la sua quaresima non iniziava il mercoledì delle Ceneri, bensì il lunedì dopo l’Epifania. Questa quaresima era chiamata da Francesco stesso “benedetta” perché “coloro che volontariamente la digiunano siano benedetti dal Signore”. Interessante leggere, a riguardo, il capitolo VIII dei “suoi” Fioretti: “Ed essendo giunto nell’isola, e l’amico partendosi per tornare a casa, santo Francesco il pregò caramente che non rivelasse a persona come fosse ivi, ed egli non venisse per lui se non il Giovedì santo. (...) E ivi stette tutta la Quaresima sanza mangiare e sanza bere, altro che la metà d’uno di quelli panetti, secondo che trovò il suo divoto il Giovedì santo, quando tornò a lui; il quale trovò di due panetti uno intero e mezzo; e l’altro mezzo si crede che santo Francesco mangiasse per reverenza del digiuno di Cristo benedetto, il quale digiunò quaranta dì e quaranta notti sanza pigliare nessuno cibo materiale”.
Il “poverello d’Assisi” però - necessario precisare - non viveva una sola quaresima, bensì tante altre, di diversa natura, distribuite nell’arco dell’anno: la penitenza e il digiuno, erano visti come un profondo cammino di conversione, la via più giusta - seppur assai ardua - per la conformazione a Cristo. San Francesco aveva intuito che il Natale e la Pasqua sono strettamente legati l’uno all’altro: rappresentano, infatti, due poli dell’unico mistero di salvezza. Ci dice il suo biografo Celano: “Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. Ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro”. Incarnazione, passione, morte e resurrezione di Cristo erano legati, per il santo di Assisi, da un legame profondo: due facce della stessa medaglia. Aveva compreso l’esigenza di vivere la carica salvifica di quello che è chiamato “tempo fra l’anno”, diviso in due momenti: dall’epifania al Mercoledì delle Ceneri; dal lunedì dopo la Pentecoste all’Avvento.
Altra quaresima, vissuta dal santo, era quella in preparazione alla Natività di Cristo, detta - appunto - “Quaresima d’Avvento”: iniziava con la festa di Tutti i Santi, il primo novembre. Due mesi di grande meditazione della parola di Dio, di preghiera, di penitenza e digiuno per giungere purifcati al Natale del Signore. Poi, vi era quella in preparazione alla festa dell’Assunta. Era questo, un altro periodo di intensa preghiera, astinenza, e digiuno. Il periodo di questa quaresima iniziava con la festa dei santi Pietro e Paolo. Era una quaresima scaturita dall’amore che il santo d’Assisi nutriva per la Chiesa, rappresentata da Maria, la “Vergine fatta Chiesa”. L’ultima quaresima che Francesco viveva, iniziava il giorno dopo l’Assunta e terminava il giorno della festa dei santi Arcangeli, il 29 settembre. Era forse, proprio questo, il periodo più contemplativo e quello particolarmente caro al santo assisano. Sappiamo bene che in questo frangente San Francesco ebbe il segno delle stimmate, sul famoso monte de La Verna.
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