La prodigiosa scala di San Giuseppe a Santa Fé, negli Usa
Anno 1853, le "Suore di Loreto" fondano la Scuola di Nostra Signora della Luce (Loreto)
La storia della prodigiosa scala di Santa Fe, ha tutti i presupposti per la realizzazione di una vera e propria “favola”. Potrebbe essere, magari, lo spunto per qualche papà – proprio oggi nella festa di San Giuseppe – per accompagnare il sonno dei propri figli. E, allora, iniziamo pure questa “fiaba” – che fiaba non è, però – e facciamoci “cullare” da questo affascinante racconto.
Anno 1853, le "Suore di Loreto" fondano nella città di Santa Fé, negli Stati Uniti, la Scuola di Nostra Signora della Luce (Loreto). La scuola riscuote successo e allora, anni dopo, le stesse suore decidono di costruire una cappella dedicata alla loro patrona. Scelgono lo stile gotico, ad imitazione della famosa Sainte Chapelle di Parigi. Il progetto viene affidato all'architetto P. Mouly, noto per la sua perizia e capacità. Aveva, tra l'altro, realizzato la cattedrale di Santa Fé. La cappella misura 22,5 metri di lunghezza, larga 7,5 metri ed alta metri 25,5.
Anno 1878, fine della costruzione. L'opera terminata è sorprendente. Esteticamente, un gioiello. Un’architettura che aiuta il fedele ad entrare nel mistero. La galleria, gli archi, la navata riescono a dare il senso del divino. Chi vi entra, subito è coinvolto in un intimo silenzio, che lo porta a “sfiorare il Paradiso”. Le religiose, però, si rendono conto di un’enorme distrazione dell'architetto: non vi era una scala di accesso al coro. La soluzione della costruzione di una scala comune, non soltanto avrebbe deformato lo stile, ma avrebbe ridotto in maniera inaccettabile lo spazio utile del piccolo tempio. E, allora, come poter risolvere il problema? Fu così che cominciarono le consultazioni con diversi architetti, falegnami ed altri professionisti. Tutti approdarono ad unica soluzione: fabbricare una scala portabile per far raggiungere le sorelle il coro della cappella.
Ma le suore non si arresero a una soluzione “esteticamente” non certo confacente alla bellezza del luogo. E così si affidarono a San Giuseppe per sciogliere l’enigma. Colme di fede, iniziarono una novena a San Giuseppe. Proprio all'ultimo giorno della novena, si presentò al convento, un falegname alla ricerca di lavoro. Arrivò in sella ad un mulo, portando in mano la sua scatola di attrezzi. Fu subito assunto per fare il lavoro considerato impossibile. Lavorò con diligenza e discrezione durante circa sei mesi.
E ora la “favola” meriterebbe la famosa locuzione: “Dopo tanto, tanto e tanto tempo…”. E, così, attingiamo anche noi al lessico di Rodari, Calvino e tanti altri autori per ragazzi, e continuiamo il racconto con… Dopo tanto, tanto e tanto tempo, le suore – con loro grande meraviglia – si trovarono davanti a una splendida scala a chiocciola. Un autentico gioiello di legno.
Bisognava ringraziare e pagare il grande artista falegname, che aveva realizzato quel “miracolo”. Ma…era sparito, non lo trovarono. Lo cercarono anche per mezzo di un annuncio pubblicato sul giornale della città, ma niente da fare: il falegname era scomparso nel nulla, come dal nulla era giunto al convento.Fine della favola.
Ma ci sono degli elementi che è bene ricordare, e che hanno poco a che fare con il “mondo favolistico”. Sono elementi ben visibili a chiunque entri nella cappella. La scala è composta da ben trentatrè gradini, gli anni di Gesù. Il fatto assai difficile da spiegare è che – a differenza di tutte le normali scale a chiocciola – la scala di Santa Fé, è priva di un pilastro centrale che possa sostenere i gradini e l’intera costruzione. Non avendo, dunque, alcun pilastro centrale per sostenerla, significa che tutto il peso deve gravare necessariamente sul primo gradino: un vero controsenso, secondo le più elementari leggi della fisica e della statica.
Ma il mistero dei misteri, rimane ancora uno, irrisolto come gli altri: chi era quell’uomo che ha costruito la famosa scala? La “soluzione” la vogliamo lasciare all’interpretazione dei papà che stasera vorranno magari raccontare questa incredibile storia ai propri figli…
“C’era un volta, in Messico, in un paese lontano, lontano…”
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