La bellezza rivela la verità dell’amore COSA CI DICE LA TESTIMONIANZA DI FRANCESCO DI ASSISI
Nell’essere umano tutto apre alla trascendenza, tutto parla di trascendenza. Questa apertura ha il suo più “denso” luogo rivelativo ed evocativo nella bellezza. “Non è la sensualità che allontana da Dio, ma l’astrazione”, dice Nicolás Gòmez Dàvila. La bellezza, incontro che sorprende, è infatti l’esperienza dei sensi che riconoscono il “senso” dei sensi.
L’estetica (gr. aisthà, percepire) è la disciplina che ha come oggetto la riflessione sul bello nelle sue varie forme espressive. Oggi parlare di bellezza, di esperienza estetica, per molti significa rinviare a qualcosa di marginale - seppure interessante - rispetto alle questioni “vitali e concrete”, come sono ritenute l’economia, la politica, la giustizia, le migrazioni…
Inoltre la bellezza è vista quasi solo come apprezzamento soggettivo, secondo il detto “è bello non ciò che è bello, ma ciò che piace”. In realtà è la bellezza vera, “oggettiva”, che salva il mondo: ridona vita, luce, calore, giusta prospettiva all’uomo deluso e confuso e ripiegato su se stesso.
È la bellezza dell’altro che rivela la mia bellezza: non c’è bellezza senza relazione. In un contesto di smagamento e decadenza risuona la domanda che Dostoevskij, nel suo romanzo L’idiota, fa porre dall’ateo diciottenne Ippolito (malato terminale di tisi) al principe Myskin: “È vero, principe, che voi affermate che è la bellezza che salverà il mondo?”. Il principe non risponde alla domanda (così come un giorno il Nazareno di fronte a Pilato non aveva risposto alla domanda “Cos’è la verità?”).
Il silenzio di Myskin, con infinita compassione accanto al giovane che sta morendo, sembra dire che la bellezza che salva il mondo è l’amore che condivide il dolore. La bellezza che salva il mondo dal non senso è legata intrinsecamente alla bontà e alla verità. Nei nostri tempi vediamo che spesso la verità è piegata e strumentalizzata dall’ideologia, e la bontà ridotta a orizzontalismo sociale ed etico. Rimane, allora, la bellezza come via a ripensare la verità e la bontà.
All’inizio c’è la bellezza: l’incontro con il bello è inizio della conoscenza e della ri-conoscenza della fede. All’inizio c’è il sorriso del bambino di fronte alla bellezza dell’amore della madre. All’inizio c’è la fede, nel credere alla bellezza dell’amore di Dio per noi. La gioia è la bellezza di credere. Perché Francesco d’Assisi attira, affascina tante persone? Non era “bello”, secondo canoni puramente estetico-superficiali; non era “intelligente” secondo i criteri del sapere mondano, eppure tutti volevano (e vogliono) vederlo.
Francesco è bello perché è l’humanum riuscito. L’esperienza estetica si compie in questo mondo, non in un mondo “altro” di sogni o di idee. Ci attrae con la forza che sprigiona da se medesima; i nostri sensi la percepiscono, la nostra attenzione si concentra su di essa. Nella bellezza c’è una dimensione materiale e sensibile che è costitutiva e non si può eliminare. Il cristianesimo è “estetica teologica” (cf Balthasar): non una tra le religioni, tantomeno un’etica, ma una vera estetica.
Un fondamentale della fede cristiana è la carne (luogo teologico, Dio si è rivelato nella carne di Gesù, cf Tertulliano: “Caro cardo salutis”). La carne di Gesù è il fondamento dell’estetica teologica, della bellezza che salva. La vera esperienza estetica non si ferma alla superficie: nel visibile brilla la luce della profondità che si intravede. Così, ad esempio, il corpo è luminoso per luce interiore, e non per luce esterna (che, a veder bene, lo opacizza). La vera bellezza suscita stupore e sorprende perché fa avvertire qualcosa che si sente “più grande” e, proprio per questo, corrispondente a sé, a ciò che si cerca nel profondo.
La bellezza è sempre bella: inesauribile, di una freschezza sempre nuova, non invecchia mai e mai ci si stanca di contemplarla. Così il volto dell’amato/a è sempre lo stesso e sempre nuovo! La bellezza è ciò che l’amore scopre/riconosce nella persona amata: quella persona che si intuisce come degna del dono di sé, per la quale si è pronti a uscire da se stessi e a giocarsi senza riserve. La bellezza si pone e si espone, non si impone, caratterizzata dalla gratuità come dono donato a prescindere dal fatto che sia utile o no. È uno ‘spreco’ (come l’unzione di Betania di cui parlano i Vangeli) e, proprio grazie a questa eccedenza, illumina la realtà nella sua interezza.
Per gli uomini del Medioevo i segni, i requisiti della bellezza erano l’ordo, la proportio e la claritas. Sentiamo oggi anche altri segni possono guidare coloro che sono attenti a riconoscere la vera bellezza: luminosità sempre, e anche relazione, trascendenza, gioia, semplicità, umiltà (vedi i termini adoperati da Francesco nelle Lodi del Dio Altissimo). La bellezza vera è profonda, mentre la falsa bellezza è solo superficiale; la bellezza vera è duratura/ eterna, mentre la falsa bellezza è effimera (come la moda); la bellezza vera è totale, mentre la falsa bellezza è settoriale/parziale e frammentata.
La bellezza è “forma” e “splendore”: la forma è l’aspetto materiale, sensibile, corporeo; lo splendore manifesta una profondità e una pienezza che resterebbero inaccessibili senza la mediazione del materiale/corporeo. La bellezza è fenomeno (forma, ‘aspetto storico’) ed è noumeno (splendore, aspetto ‘interiore’: spirituale, trascendente).
Chi si ferma solo al fenomeno coglie il temporale-storico, ma scade nell’immanentismo/storicismo; chi invece si ferma al noumeno coglie la trascendenza, ma facilmente scade nell’astrazione e nell’ideologia. La bellezza lega indissolubilmente esterno ed interno, sensibile e spirituale. Quale bellezza salverà il mondo? Non basta deplorare e denunciare le brutture del nostro mondo, come fanno spesso l’informazione, la politica e l’omiletica. Neanche basta, nella nostra epoca di disincanto, parlare di giustizia, di doveri, di bene comune, di lavoro, di programmi. Occorre invece parlare con cuore carico di amore bello e compassionevole, che dona concretamente con gioia e suscita entusiasmo; bisogna irradiare la bellezza di ciò che è giusto, vero e buono, perché solo la bellezza tocca e rapisce veramente i cuori, e li rende capaci di rivolgersi a Dio e al prossimo. Occorre comprendere e far comprendere che è bello vivere, è bello amare, è bello credere, è bello camminare con cuore stupito in questo nostro mondo. La vita è bella, dice il titolo del pluripremiato film di Benigni: titolo profondamente vero, non ironico, anche se il film parla di realtà tragiche.
È bello scommettere la propria esistenza, come Francesco, su Gesù Cristo: che non solo è la verità fatta persona e il bene più grande, ma è anche il solo che ci fa scorgere la bellezza divina di cui il nostro cuore sente profondamente il bisogno, anzi la nostalgia. È Cristo la via della bellezza che salva il mondo: l’Amore crocifisso/risorto, la rivelazione dell’Amore, di cui la Croce costituisce il centro.
Francesco d’Assisi ha compreso, vissuto e testimoniato la bellezza che salva. “Tu sei bellezza” dice nelle Lodi del Dio Altissimo, che scrive alla Verna nel 1224 dopo aver ricevuto le stimmate, due anni prima della morte. “Tu sei bellezza e mansuetudine”: Francesco mette insieme l’idea trascendente della bellezza con l’immagine dell’agnello mansueto condotto alla morte, la Bellezza-Gloria di Dio con il Crocifisso contemplato nella visione sul monte della Verna. Inoltre, per Francesco - come in tutta l’estetica medievale - la Bellezza è luce: nel Cantico di frate Sole, sono dette “belle” solo le creature che emanano luce: il sole, la luna, le stelle e il fuoco.
La bellezza di Francesco è Chiara, “Clara claris praeclara” (cf Lettera di canonizzazione di papa Alessandro IV): una donna bella, come Francesco è bello!
(San Bonaventura - Domenico Paoletti - OfmConv, docente di Teologia fondamentale e vicario del Sacro Convento di Assisi).
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