Il Presepe di Giuseppe
I miei occhi sono fissi su Giuseppe, “l’emarginato” del Vangelo. Anche Lui ha pronunciato il suo “Sì” “necessario” all’Onnipotente. Ha passato notti insonni dopo che Maria rimase incinta; il suo era un cuore ferito, tormentato e deluso perché pieno di amore, di promesse e di speranze che d’un tratto rischiavano di dissolversi come pula al vento. Cosa fare? Denunciarla pubblicamente come prescriveva la legge ebraica? (cfr. Dt 22, 22;25). No, non poteva! Era perdutamente innamorato e solo questo gli bastò perché scegliesse l’amore invece che l’obbedienza della legge. E quando l’amore e il cuore prevalsero sulla legge, il Signore lo confermò e rassicurò: «Non temere di prendere con te Maria» (Mt 1,20).
Il carpentiere di Nazaret anticipa il “figlio adottivo” che annuncerà il primato della misericordia sulla giustizia, dell’amore sulla legge, del cuore sui riti e consuetudini anche se millenarie e dell’umano sul disumano (Turoldo). Giuseppe ci conduce nel presepe in silenzio, in penombra, per far luce sulla “piccolezza” di quel Bambino che ha fatto grande l’uomo, il cuore, l’amore, il pentimento, le buone intenzioni, che ha diviso nettamente il peccatore dal peccato e l’errante dall’errore (Giovanni XXIII).
Giuseppe ci porta in Siria, in Nigeria, Pakistàn, Egitto, a Istanbul, Parigi, Bruxelles, Berlino…: violenze su violenze in nome di regole e di norme scandalosamente dette religiose. Nella civilissima Europa profughi, rifugiati, immigrati sono respinti, disumanamente parcheggiati in “carceri a cielo aperto”, ai lati delle autostrade o ai bordi dei confini doganali per ‘rispetto’ di regolamenti sull’immigrazione. Il presepe di Giuseppe ci fa entrare nelle aule della giustizia umana, nelle carceri dove la dignità dell’uomo è sovente schiacciata dal “in nome della legge”… Non possiamo, però, fermarci qui! Dobbiamo proseguire per entrare anche nei Tribunali ecclesiastici, nei luoghi della “giustizia della Chiesa” dove, ahimè, spesso, i codici, le carte e la prassi ammantati di misericordia seppelliscono l’amore, la relazione umana, il confronto e l’evangelico “dare sempre una possibilità”. Spesso, troppo spesso, nei palazzi del potere uccidono speranze, violentano dignità, scaraventano sul lastrico e spengono l’amore per la Chiesa stessa in nome del diritto: «Mettere la legge prima della persona è l’essenza della bestemmia» (Simone Weil).
Natale riporti il Bambino al centro del cuore, anzi sia il cuore dell’uomo, per ridare alla persona valore assoluto e infinite possibilità di rinascita.
don Francesco, diacono
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