Il Papa: la nobiltà della preghiera contro il peccato dell'incoerenza
Le parole di Francesco nell'ultima udienza generale prima della pausa estiva
“Tutti gli uomini peccano spesso di incoerenza” ma la preghiera dà unità. Tutto, quindi, deve entrare nel dialogo con il Signore, che è “il vero Compagno di cammino dell’uomo” in mezzo alle “mille traversie della vita”. Dalla Biblioteca del Palazzo Apostolico, dove si tiene ormai da tempo l’udienza per le misure di contrasto al coronavirus, risuona l’invito di Francesco a dare spazio alla preghiera che assicura la relazione con il Signore. Proseguendo il ciclo di catechesi sulla preghiera, stamani il Papa nella catechesi dell’ultima udienza generale prima del riposo estivo di luglio - riprenderanno mercoledì 5 agosto, mentre l'Angelus domenicale proseguirà regolarmente - si concentra sulla figura di Davide, considerato dalla tradizione “il grande artefice della composizione dei salmi. Davide - nota - è stato “santo e peccatore”, “perseguitato e persecutore”, “vittima e carnefice”: “è una contraddizione”, Davide è stato “tutto questo, insieme”. E “anche noi”, nella trama del vivere, registriamo tratti spesso opposti e “tutti gli uomini peccano spesso di incoerenza”, rimarca Papa Francesco. Ma “c’è un solo filo rosso, nella vita di Davide, che dà unità a tutto ciò che accade: la sua preghiera”:
Davide santo, prega; Davide peccatore, prega; Davide perseguitato, prega; Davide persecutore, prega; Davide vittima, prega. Anche Davide carnefice, prega. Questo è il filo rosso della sua vita. Un uomo di preghiera. Quella è la voce che non si spegne mai: che assuma i toni del giubilo, o quelli del lamento, è sempre la stessa preghiera, solo la melodia cambia. E così facendo Davide ci insegna a far entrare tutto nel dialogo con Dio: la gioia come la colpa, l’amore come la sofferenza, l’amicizia quanto una malattia. Tutto può diventare parola rivolta al “Tu” che sempre ci ascolta.
Anche Davide infatti ha conosciuto la solitudine anche se in realtà non è mai stato solo. “E’ nobile perché prega”, afferma il Papa, “è un carnefice che prega, si pente e la nobiltà torna dalla preghiera”.
La preghiera ci dà nobiltà: essa è in grado di assicurare la relazione con Dio, che è il vero Compagno di cammino dell’uomo, in mezzo alle mille traversie della vita, buone o cattive: ma sempre la preghiera. Grazie, Signore. Ho paura, Signore. Aiutami, Signore. Perdonami, Signore. E’ tanta la fiducia di Davide che quando era perseguitato ed è dovuto fuggire, non lasciò che alcuno lo difendesse: “Se il mio Dio mi umilia così, Lui sa”, perché la nobiltà della preghiera ci lascia nelle mani di Dio. Quelle mani piagate di amore, e le uniche mani sicure che noi abbiamo.
Da ragazzo viene scelto da Dio per una missione unica, quella di essere Re di Israele, e dalla sua discendenza viene il Messia. Ultimo di molti fratelli, pascolava il gregge sulle colline intorno a Betlemme. Lavorava all’aria aperta e - rileva Francesco - “lo pensiamo amico del vento, dei suoni della natura, dei raggi del sole”. Con la sola compagnia della cetra, passa le lunghe giornate in solitudine cantando a Dio. E’ un pastore che dovrà poi prendersi cura del popolo. Perciò nella Bibbia ricorre l’immagine del “Buon Pastore” che offre la vita per le pecore. Un mestiere, questo, da cui Davide ha imparato molto, tanto che quando Natan gli rinfaccerà il suo peccato - quando fece uccidere Uria l’Ittiti per sposarne la moglie Betsabea - “capirà subito di essere stato un cattivo pastore, di aver depredato un altro uomo dell’unica pecora che lui amava, di non essere più un umile servitore, ma un ammalato di potere, un bracconiere che uccide e depreda”.
Davide, poi, non è stato un uomo volgare ma con animo di poeta, amante della musica e del canto, e a volte innalzerà a Dio un inno di gioia, a volte di lamento, altre volte lo farà per confessarsi del proprio peccato. Tanto che la tradizione vuole che “sia il grande artefice della composizione dei salmi” che all’inizio spesso recano un riferimento esplicito al re d’Israele e ad alcune vicende più o meno nobili della sua vita.
Il mondo che si presenta ai suoi occhi non è una scena muta: il suo sguardo coglie, dietro il dipanarsi delle cose, un mistero più grande. La preghiera nasce proprio da lì: dalla convinzione che la vita non è qualcosa che ci scivola addosso, ma un mistero stupefacente, che in noi provoca la poesia, la musica, la gratitudine, la lode, oppure il lamento, la supplica. Quando a una persona manca quella dimensione poetica, diciamo, quando manca la poesia, la sua anima zoppica.
A volte Davide riuscirà a essere all’altezza del suo sogno di essere un buon pastore, altre volte meno ma nel contesto della storia della salvezza è importante “il suo essere profezia di un altre Re, di cui lui è solo annuncio e prefigurazione”.
Debora Donnini - Vatican News
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