Il Natale torna a scuoterci, come ogni anno. Che mistero straordinario
Il Natale torna a scuoterci, come ogni anno. Che mistero straordinario e che straordinario paradosso! Da sempre l’uomo tenta di fare di se stesso un dio, mentre invece è Dio che si fa uomo. Noi desideriamo farci grandi, Lui si fa piccolo; noi siamo assetati di potere, Lui si fa debole; noi siamo vinti dalla superbia, Lui si fa sempre umile; noi finiamo per dimenticarci di Lui, Lui continua ad amarci nonostante tutto. “Benedetto il Bimbo che ha fatto esultare Betlemme; benedetto il frutto che ha chinato se stesso verso la nostra fame; benedetto il buono che in un istante ha arricchito tutta la nostra povertà e ha colmato la nostra indigenza; benedetto Colui che è stato piegato dalla sua misericordia a prendersi cura della nostra infermità” (Efrem il Siro).
È straordinaria questa manifestazione di debolezza: Gesù entra nella storia nel momento in cui Cesare Augusto, ordinando il censimento di tutta la terra, ostentava il proprio indiscusso potere. All’affermazione di un’autorità terrena che si percepiva illimitata, si contrappone l’agire del “Re dei re e Signore dei Signori” (Ap 19,16), il quale non teme di esaltare – Lui che era Dio – la fragilità della condizione umana, elevando in tal modo un inno di lode a ciò che è povero e debole al tempo stesso; facendo, anzi, degli ultimi e degli emarginati il segno tangibile della sua presenza nel mondo. San Francesco, addirittura, facendo sua una convinzione già di san Gregorio Magno, riteneva che Cristo fosse nato in una via: si narra, peraltro, che il Santo, “non poteva ripensare senza piangere in quanta penuria si era trovata in quel giorno la Vergine poverella”.
Purtroppo, siamo ormai assuefatti a troppe cose da non meravigliarci più di nulla, fin quasi a perdere ogni capacità di stupore. Eppure è proprio questa disposizione a lasciarci meravigliare che dobbiamo ritrovare, a sorprenderci di fronte a un mistero che ci supera! È guardando al Signore fatto uomo che possiamo trovare la forza per compiere piccoli gesti di bene capaci di render più bella la vita nostra e quella degli altri.
Come sarebbe bello se aprissimo a Gesù le porte del cuore! Se lo riconoscessimo davvero in quei piccoli e in quei poveri che lui stesso ha eletto a rappresentarlo (Mt 25,31-46). Ad esempio, quante persone, anziane e non solo, in quel giorno si ritroveranno senza nessuna compagnia per i motivi più diversi? La solitudine non è forse una forma terribile di povertà, persino più insidiosa di tante altre? Perché, allora, non invitare a pranzo una persona sola, non tanto per condividere il cibo, ma l’amicizia, che del cibo è ancor più preziosa? Sarebbe come ricevere in casa il Signore dei signori: non ne trarrebbe giovamento unicamente l’invitato, ma anche tutti coloro che l’avranno accolto; la nostra vita diverrebbe senz’altro più bella e la società un pochino migliore.
Ognuno trovi la forza per fare qualcosa di buono, magari non solo a Natale, nella consapevolezza che il poco di molti è meglio del molto di pochi. Di una cosa siamo certi: che dobbiamo lasciare il mondo migliore di come l’abbiamo trovato e che le nostre comunità cambieranno se saremo noi, per primi, a cambiare. Allora, davvero, celebreremo sul serio la nascita del Signore!
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