Il dono del Papa alla Curia: "Accorgimenti per curare le malattie dell'anima"
“Lo sforzo per acquisire le virtù può vincere tutte le malattie dell’anima” lo scrive nel 1600 Padre Claudio Acquaviva, quinto generale dei Gesuiti e autore di: “Accorgimenti per curare le malattie dell’anima”, libro che Papa Francesco ha donato ai membri della Curia, in occasione degli auguri natalizi. Eugenio Murrali ha chiesto il perché di questa scelta del Pontefice a don Giuseppe Forlai, direttore spirituale del Pontificio Seminario Romano Maggiore e autore della presentazione del volume:
R. – Penso che il Santo Padre abbia scelto questo testo perché l’Acquaviva è una lettura consueta all’interno della Compagnia, soprattutto negli anni di formazione – almeno, lo era. Gli accorgimenti dell’Acquaviva sono uno dei pochissimi manuali moderni a uso dei Superiori per guidare e far crescere, soprattutto, nell’esperienza dello spirito, coloro che gli sono affidati. E probabilmente, in occasione di un discorso alla Curia che aveva al centro come attenzione il termine riforma – e la riforma parte sempre dalla riforma interiore, da quello che uno è prima ancora di quel che uno fa – non poteva esserci un testo più indicato.
D. – Papa Francesco si conferma in questo un grande direttore di anime?
R. – Sì. La missione del Papa e di ogni superiore in una comunità, è sempre e soprattutto quella di aiutare le persone affidate a pascolare su prati buoni. Gesù è il pastore che non organizza le persone: Gesù non è il pastore perché organizza una Chiesa o la struttura, ma perché porta e conduce ciascuno di noi alla vita eterna. Sulla Terra, noi, nella fede, desideriamo e crediamo che i nostri pastori facciano lo stesso. I Vescovi, i Superiori di comunità, dovrebbero essere persone che si curano prima di tutto della 'salus animarum', cioè della nostra esperienza di fede. Nella tradizione monastica e della vita religiosa genuina, il superiore ha sempre soprattutto questo ruolo, addirittura un ruolo di direzione spirituale comunitaria, come è l’Abate nella regola di Benedetto. Poi, piano piano, purtroppo, con un certo pragmatismo, soprattutto dopo la Rivoluzione francese, il Superiore anche nella comunità si è ridotto a una figura che coordina le attività dei religiosi.
D. – Incuriosisce anche l’aspetto pratico di questo libro …
R. – L’Acquaviva attinge moltissimo ai Padri, e soprattutto a Cassiano, alla regola pastorale di Gregorio Magno e anche alla sua esperienza personale di direttore di anime. Il principio fondamentale da cui parte Acquaviva è questo: che al Superiore verrà chiesto conto della salvezza delle anime di coloro che gli sono stati affidati. E Acquaviva assume una direttrice investigativa sulle anime delle persone, attraverso l’elencazione classica dei vizi capitali. Il Superiore porta a coscienza in tutti i membri, attraverso la debolezza di un fratello, quello che è un rischio per tutta la comunità. E allora è necessario che ci sia una comunità sempre vigilante e che il Superiore la tenga sempre sveglia: il Superiore non è uno che gestisce il quieto vivere, ma che inquieta quanto alla radicalità del cammino evangelico, della sequela di Cristo.
D. – “Prima di tutto, il Superiore esamini se stesso”: è una delle frasi dell’Acquaviva. Cosa vuol dire questo?
R. – Che il Superiore deve essere in grado di scorgere le malattie spirituali dei fratelli, ma può farlo solamente se conosce le sue. Dice Antonio Abate, che è padre di tutta la vita religiosa, che nessuno può combattere i demoni degli altri se non ha fatto i conti con i propri.
D. – Un altro aspetto trattato dall’Acquaviva: come unire nel governo la mitezza e la fermezza.
R. – Acquaviva si pone in equilibrio tra un modo di essere superiore, che è quello di un leader-censore, e un leader eccessivamente materno, protettivo che giustifica o che mette a tacere tutto, per la falsa pace della comunità. E invece, Acquaviva si pone proprio come un Superiore che ha come mira la trasformazione in Cristo delle persone. E’ un leader trasformazionale, il Superiore, cioè uno che sa leggere il male e coinvolgere tutta la comunità nel cambiamento. Ma questo è un concetto molto importante che è presente nei Padri, soprattutto in Evagrio Pontico: “Il male che io vedo in un fratello è il male di tutti”. Il Superiore trasformazionale è colui che coinvolge tutti i fratelli nella presa di coscienza del male che va guarito con la grazia di Dio. Ecco: in Acquaviva c’è questa grandissima fiducia nella forza sanante della grazia di Dio.
D. – Questo libro, resta attuale o torna attuale?
R. – E’ sempre attuale, soprattutto perché noi abbiamo bisogno oggi di ricalibrare, a tutti i livelli, la figura, la persona del Superiore. Il Superiore non è un manager, come non lo è il vescovo; ma noi questo, oggi, facciamo molta, molta fatica a capirlo. Acquaviva, che era generale di una Compagnia di Gesù in piena espansione, l’aveva capito molto, molto bene. E aveva problemi pratici molto più grossi dei nostri, problemi organizzativi vastissimi, eppure, in questo suo manuale per i Superiori, si fa cenno esclusivamente alla salute delle anime dei membri della Compagnia.
D. – Perché questo libro nasce sì, dalla conoscenza dei grandi Padri monastici, ma anche dall’esperienza personale sia di Superiore della Compagnia sia di direttore del nascente Seminario Romano …
R. – Ha capito una cosa semplicissima, che poi Papa Francesco ripete: che la riforma nasce dal discernimento. Se noi non ci occupiamo di riformare il nostro cuore, cioè di invocare il dono della conversione, tutti gli aggiustamenti, gli accomodamenti, la sobrietà esteriore non servono a nulla. La riforma nasce sempre dal cuore. Altrimenti avremmo comportamenti che possono durare qualche anno, qualche decennio, ma che non reggono poi alla prova della Storia. (Radio Vaticana)
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