religione

Il beato Carlo Acutis e la devozione popolare

Eugenio Bonanata
Pubblicato il 12-10-2021

Ricorda lo spirito manifestato nei giorni della cerimonia di beatificazione

È difficile capire fino in fondo ciò che succede oggi attorno alla figura del beato Carlo Acutis, senza tener presente quello che avvenne nei giorni della sua beatificazione avvenuta ad Assisi il 10 ottobre 2020. Il clima era assai particolare, di meraviglia e di sorpresa. Fu la prima celebrazione di massa ‘in presenza’ nell’era della pandemia, inseritasi in quella sorta di tregua di fine estate subito prima delle nuove chiusure. Era tanta l’incertezza per l’arrivo dei fedeli: un auspicio e un timore allo stesso tempo. Ma era tanto anche l’entusiasmo per l’attesa dell’evento, dopo lunghi mesi di messe in streaming. Fin dai giorni precedenti era evidente la mobilitazione collettiva. Assisi era in fermento. C’era chi sistemava le sedie sul sagrato della Basilica Superiore e della Basilica Inferiore; chi misurava accuratamente le distanze; chi piazzava i dispenser di igienizzante per le mani; chi puliva le strade davanti ai negozi; chi annodava i fili per attivare i maxischermi disseminati nei punti chiave per agevolare la fruizione della celebrazione in linea con i protocolli di sicurezza.

In pellegrinaggio da Carlo

Abbiamo allestito oltre 4 mila posti a sedere all’aperto”, ripetevano i volontari intervistati dai tanti cronisti presenti per raccontare ciò che stava succedendo da Santa Maria degli Angeli fino al centro storico. Gran parte delle telecamere, alla vigilia, erano davanti al Santuario della Spogliazione dove di ora in ora si intensificavano le visite alla tomba di Carlo, con il suo corpo reso visibile attraverso il vetro sistemato sul sarcofago collocato sulla navata destra. Qui la prima sorpresa per gli osservatori. I pellegrini giungevano da tutta Italia a piccoli gruppi con mezzi privati. Famiglie, giovani, coppie, amici. Qualcuno era riuscito ad arrivare anche dalla Francia. Non c’erano i fedeli del Sud America, dove Carlo è molto venerato, impossibilitati a viaggiare per le restrizioni allora in vigore per l’emergenza sanitaria. Tutti comunque in fila a farsi misurare la temperatura per entrare in Chiesa. Per vedere di persona. Per fermarsi in preghiera. Per manifestare la propria tenerezza. Anche i più distratti, quelli che non frequentano abitualmente la Chiesa, avevano notato la forte devozione popolare nei confronti di questo ragazzo.

Un evento che interroga

Qualcuno si era meravigliato nel vedere che la mobilitazione questa volta non fosse riservata solo a San Francesco e a Santa Chiara. Non era una gara, beninteso. Ma quello che si stava vivendo era e resta un avvenimento significativo capace di stimolare la riflessione, la curiosità e l’affetto a diversi livelli soprattutto da parte di tanta gente che seguiva da casa la diretta della celebrazione, diffusa anche al di fuori dei confini nazionali, grazie alla collaborazione fra i media vaticani, Telepace e la Sala Stampa del Sacro Convento. Nel vivere quei giorni tanti avevano richiamato alla mente le parole di Papa Francesco che aveva citato più volte l’esempio di questo ragazzo con particolare attenzione alla sua vocazione nell’utilizzare le nuove tecnologie per diffondere il Vangelo. “Tutti nascono originali, ma molti muoiono fotocopie”, ripeteva Carlo in una delle sue frasi più conosciute.

Aspirare alla santità

Altra sorpresa: l’atteggiamento dei social e dei media generalisti che avevano dato ampio risalto alla beatificazione, pensando a Carlo come al patrono di Internet, per la sua passione per il web, e come esempio di santità dei giorni nostri. Un’attenzione importante che aveva richiamato l’attenzione anche di testate estere di grande prestigio. Una narrazione che aveva amplificato un concetto molto semplice: santità non vuol dire compiere prodigi o avere i super poteri, bensì qualcosa a cui tutti i battezzati possono aspirare.

La conversione del domestico della famiglia Acutis

I giornalisti avevano cercato testimonianze di vario tipo per confermare tutto questo: dai vicini di casa di Carlo, che assieme alla famiglia trascorreva ad Assisi le vacanze, fino al salumiere dove il giovane andava solitamente. “Sono contento di aver conosciuto Gesù tramite Carlo”, ha ripetuto Rajesh Mohur offrendo uno spaccato molto eloquente della biografia del giovane. Si tratta del domestico di famiglia, un bramino della casta sacerdotale indù, che si è convertito al cattolicesimo proprio grazie alle parole e ai gesti di questo ragazzo. Era lui che lo accompagnava a distribuire aiuti di vario genere ai poveri di Milano. “Quando gli regalavano qualcosa, lui metteva tutto da parte per darlo a chi ne aveva bisogno”. Un esempio che è rimasto come un’impronta per l’eternità nell’animo di quest’uomo. “Sento ancora i suoi consigli, è questo che mi ha avvicinato al Signore”.

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