religione

Elisabetta del Portogallo, terziaria francescana

Antonio Tarallo
Pubblicato il 03-07-2021

Il miracolo delle rose, il suo impegno per i poveri, la sua spogliazione

L’iconografia dice tutto. Sempre. Le immagini ci parlano sempre nella loro semplicità. Se guardiamo ai quadri, alle raffigurazioni pittoriche di questa santa troviamo subito dei particolari che ci riconducono all’Ordine Francescano: una corda le cinge i fianchi,  e il crocifisso ben visibile, stretto fra le mani. Sono simboli dell'appartenenza all'Ordine Francescano. Poi, c’è un altro simbolo che non possiamo non citare: le rose. Da dove deriva questa tradizione delle rose di Santa Elisabetta del Portogallo? La storia è questa: sorpresa un giorno dal marito Dionigi mentre portava del pane per i poveri nel suo grembiule, il cibo si trasformò in rose. Ciò avvenne a gennaio, e - dunque - il re Dionigi rimase senza parole. Grazie proprio a questo miracolo lasciò che sua moglie continuasse la sua vita dedicata ai bisognosi. La storia è apocrifa, anche se compare nelle versioni popolari della vita della santa. 

Elisabetta del Portogallo è conosciuta, nell’Ordine francescano, anche con il nome di Elisabetta d’Aragona: meno conosciuta della prozia, Elisabetta d’Ungheria, patrona del terzo ordine.  Il messale romano la descrive così: “Figlia di Pietro, futuro re d'Aragona, e sposa dodicenne di Dionigi re di Portogallo, sostenne con eroica abnegazione prove e difficoltà, e agì come angelo di pace per appianare gravi dissidi sorti nell'ambito della famiglia e del regno. Rimasta vedova (1325) e divenuta terziaria francescana, visse gli ultimi anni nel colloquio con Dio e nella carità verso i poveri”. Elisabetta del Portogallo ricopre un ruolo non certo meno importante della sua omonima parente, più conosciuta - certo - nell’ambiente francescano. Era la figlia terzogenita (prima femmina) del re Pietro III d'Aragona, detto “il Grande”, e di Costanza di Sicilia, figlia del re di Sicilia Manfredi e di Beatrice di Savoia (1223 – 1259). Un albero genealogico illustre, dunque. Ad Elisabetta, però, non interessa tutto ciò. Non le interessano gli sfarzi di corte. Come San Francesco, sceglie Madonna Povertà. E lo sceglie grazie a un contatto, a un dialogo profondo con Dio da esprimersi nella carità verso il prossimo. La sua vita si è intrecciata con la storia del Portogallo e con quella della Chiesa. 

Cerchiamo, ora, di entrare meglio nella sua vita, così così dedita ai poveri, ai bisognosi. Elisabetta nacque a Saragozza (Spagna) nel 1271 da Pietro III d'Aragona, e da Costanza, figlia di Manfredi, successo al padre, l'imperatore Federico II, nel regno di Sicilia. Al fonte battesimale le fu imposto il nome della sua prozia, la regina d'Ungheria. Fin dalla giovinezza è stata sempre attenta ed educata alle pratiche religiose: basti pensare che a solo otto anni, aveva già imparato a recitare ogni giorno l'ufficio divino. Incominciò anche in giovane età a soccorrere i più poveri. A dodici anni fu data in sposa a Dionisio il Liberale, re del Portogallo, fondatore dell'università di Coimbra (la famosa Coimbra, città cara a Sant’Antonio di Padova) e dell'ordine del Cristo. Anche da sposa, non trascurò le abitudini religiose: messa quotidiana, ufficio delle letture, preghiera e contemplazione. Il tempo libero era dedicato a confezionare suppellettili per le chiese povere, con l'aiuto delle dame di corte. La sua ultima fondazione fu una cappella in onore della SS. Vergine nel convento della Trinità, a Lisbona. 

Nel 1290 Elisabetta diede alla luce una figlia, Costanza, futura moglie di Ferdinando IV di Castiglia. L'anno successivo, partorì l'erede al trono, Alfonso IV il Valoroso. Ma la sua vita familiare fu assai travagliata. Infatti, il marito Dionigi la tradì più volte: la santa non aveva vissuto questa condizione come un dolore personale, bensì come offesa a Dio, spezzando il sacro vincolo del matrimonio. Addirittura Elisabetta provò anche la prigionia: Dionigi, infatti, arrivò a imprigionarla - per qualche tempo - in una fortezza, dopo aver dato credito alle calunnie di cortigiani malevoli che gli avevano fatto credere che la regina appoggiasse segretamente il figlio ribelle Alfonso. Quest’ultimo si era ribellato al padre, temendo di poter essere diseredato, e aveva dato vita a una guerra civile. Nel 1323 solo l’intervento diretto di Elisabetta evitò che i due eserciti, già schierati alla periferia di Lisbona, arrivassero allo scontro: la santa si frappose tra le due schiere di soldati e - come vuole la leggenda - si tramanda che al suo passaggio si formò una barriera di luce. Grazie alle sue preghiere e alla sua pazienza cristiana, il marito si convertì: lo assistette fin sul letto di morte, avvenuta nel 1325. 

Rimasta vedova, vestì l’abito di terziaria francescana. Fu proprio in questa nuova veste che si  si recò scalza in pellegrinaggio a San Giacomo di Compostella (dove depose le insegne imperiali) e in seguito decise di entrare in un convento di Clarisse, che lei stessa aveva fondato a Coimbra. Non prese i voti, ma visse semplicemente in una casa attigua al convento. Morì il 4 luglio 1336 a Estremoz in Portogallo. Urbano VIII la canonizzò il 24 giugno del 1626: Elisabetta del Portogallo, una vera santa francescana. 

 

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