Da Madre Teresa a Jean Vanier. Il loro stile francescano
C'è un filo sottile ma forte che lega queste due figure e le (tante) altre che hanno speso la propria vita a favore di chi soffre ed è "scartato": l'imperativo evangelico di amare il prossimo.
Oggi, martedì 8 maggio, papa Francesco ha trasformato l'appello in preghiera: «Rendici vigili e attenti al grido dei poveri, di coloro che sono privati dei loro diritti, degli ammalati, degli emarginati, degli ultimi».
Dobbiamo «essere vigili e attenti al grido dei poveri, di coloro che sono privati dei loro diritti, degli ammalati, degli emarginati, degli ultimi». Papa Francesco sprona tutti a vivere l'imperativo evangelico della carità dopo aver pregato in silenzio davanti alle reliquie di Madre Teresa (1910-1997), durante la visita al Memoriale che ne porta il nome, costruito nel luogo dov’era la chiesa del Sacro Cuore di Gesù, in cui la santa di Skopje è stata battezzata.
Jorge Mario Bergoglio parla nel viaggio che dopo la Bulgaria lo porta in Macedonia del Nord. E parla dopo aver appreso la notizia della morte di Jean Vanier (1928-2019).
C'è un filo sottile ma forte che lega le due figure, ed è quello fissato nel capitolo 25 del Vangelo di Matteo: «ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi».
È un filo che attraversa il tempo e lo spazio: accomuna, giusto per limitarci a qualche esempio, tra tanti possibili, Fabiola, che nel 390 dopo Cristo, convertitasi al cristianesimo, aprì a Roma un'ospedale ante litteram per accogliere e curare le vittime della fame, delle malattie e dell'abbandono, ma anche Camillo de Lellis (1550-1614) e Vincenzo de Paoli (1581-1660), Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786-1842) e Carlo Gnocchi (1902-1956). L'elenco fortunatamente è lungo.
Parliamo di carità, e non solo (e non tanto) di filantropia, cosa per altro meritoria, sia ben chiaro, perché profondamente radicata nella fede di un Dio che chiamiamo Padre e che ci chiede di trattarci da fratelli e sorelle. Anche oggi la Grazia, attraverso la pagina di Matteo 25, suscita vocazioni, sorregge volontà e genera frutti.
Magari attorno alle stazioni ferroviarie, come accaduto a Torino (Lia Varesio, 1945-2008, e la "sua" Bartolomeo & C. dentro Porta Nuova), a Milano (fratel Ettore Boschini, 1928-2004 l'angelo dei clochard a Centrale), a Roma (Chiara Amirante, 52 anni, e la sua Comunità Nuovi Orizzonti, partita da Termini), a Palermo (Biagio Conte, 55, la cui "Missione di speranza e carità" ha mosso i primi passi dando una mano ai senza fissa dimora che gravitavano attorno alla stazione Centrale).
Da Madre Teresa a Jean Vanier e a tutti gli altri giganti della carità, dunque. Il loro esempio dev'essere di stimolo. Il Papa ha trasformato l'appello in preghiera:
«Ti preghiamo affinché anche noi otteniamo la grazia
di essere vigili e attenti al grido dei poveri,
di coloro che sono privati dei loro diritti,
degli ammalati, degli emarginati, degli ultimi.
Lui ci conceda la grazia di vederlo
negli occhi di chi ci guarda
perché ha bisogno di noi.
Ci doni un cuore che sa amare Dio
presente in ogni uomo e donna
e che sa riconoscerlo in coloro
che sono afflitti da sofferenze e ingiustizie.
Ci conceda la grazia di essere anche noi
segno di amore e di speranza nel nostro tempo,
che vede tanti bisognosi, abbandonati,
emarginati ed emigranti.
Faccia sì che il nostro amore non sia solo a parole,
ma sia efficace e vero,
perché possiamo rendere
una testimonianza credibile alla Chiesa
che ha il dovere
di predicare il Vangelo ai poveri,
la liberazione ai prigionieri, la gioia agli afflitti,
la grazia della salvezza a tutti».
Alberto Chiara - Famiglia Cristiana
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