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Boom delle reliquie, bastano 7400 euro per il 'Santo Graal'

La Stampa Pixabay
Pubblicato il 18-02-2020

Il commercio di resti sacri è fiorente e alimenta i furti nelle Chiese

Circola una spina della corona di Gesù Cristo. E anche un pezzetto della tunica di San Francesco d'Assisi. Ma attenzione: sono patacche. Non vanno venerate. Eppure, l’enorme diffusione di falsi non scoraggia il culto delle reliquie dei santi, che spopola anche nel terzo millennio. Soprattutto grazie ai mercati online. Nell’ultimo triennio sono stati rubati, in media, 500 reliquiari all’anno.

Richieste in aumento
Un simbolo dell’antichità viene così rilanciato dallo strumento per eccellenza della modernità, che contribuisce al «boom della richiesta», confermato da suor Albarosa Bassani, consultrice storica della Congregazione vaticana delle Cause dei Santi. «In questi ultimi anni c’è una forte crescita della ricerca di reliquie», spiega. I devoti o presunti tali le domandano all’ente d’Oltretevere, ma soprattutto si tuffano nel «mare» della rete e navigano - in particolare su eBay e sui siti d’asta - a caccia di «frammenti di santità» (ovviamente la cui autenticità è tutta da verificare). Disposti anche a spendere quasi 10 mila euro per un reliquiario che conterrebbe capelli della Vergine Maria. Ma non è un’esplosione di fede e preghiera, per suor Bassani: «Si tratta soprattutto di una moda di collezionismo». Oppure di «commercio», alimentato anche dai furti. Con due Paesi capofila: le Filippine e il Brasile.

Vecchie chiese ed eredità
Innanzitutto, che cosa sono le reliquie. La parola dal latino (reliquiae) significa «avanzi», «resti»; assume così il senso di «resti di una persona morta». In ambito cristiano, dal IV secolo, il termine è usato non solo per definire i resti del corpo di un santo o di un martire, ma anche per gli abiti o altri oggetti che siano stati a contatto con la tomba di un martire, oltre agli strumenti eventualmente utilizzati per la sua uccisione. È rimasta in vigore, iniziata nel IX secolo nella Chiesa latina, la consuetudine di incastonare una reliquia all’interno di ogni nuovo altare che viene consacrato. Così il fiorente business deriva innanzitutto dalla dismissione di vecchie chiese, oltre che dall’immissione nel mercato web da parte di eredi che se le sono trovate in casa. Ci sono i grandi reliquiari un tempo esposti nelle chiese e oggi magari confinati nei musei o negli armadi. E poi migliaia di piccoli reliquiari da portare sempre con sé. Fondamentale, per il loro valore, il sigillo di ceralacca e possibilmente la dichiarazione di autenticità dell’autorità ecclesiastica. Sulla rete sono centinaia le pagine dedicate, in genere su siti specializzati della compravendita di oggetti usati o d’antiquariato.

Il divieto della Santa Sede
«Sono assolutamente proibiti il commercio» e «la vendita delle reliquie», nonché «la loro esposizione in luoghi profani». Lo stabilisce un’istruzione di dieci pagine e 38 articoli, «Le reliquie nella Chiesa: autenticità e conservazione», della Congregazione per le Cause dei Santi, resa pubblica il 16 dicembre 2017. Vi si ricorda che le reliquie «hanno sempre ricevuto particolare venerazione e attenzione perché il corpo dei beati e dei santi, destinato alla risurrezione, è stato sulla terra il tempio vivo dello Spirito Santo e lo strumento della loro santità, riconosciuta dalla Sede Apostolica tramite la beatificazione e la canonizzazione». Nel contesto di una «legittima ricognizione canonica - continua l’Istruzione - si può procedere, su indicazioni del perito anatomico, al prelievo di alcune piccole parti o di frammenti, già separati dal corpo».

Le cause di canonizzazione
Questi frammenti «vengano consegnati» dal vescovo al postulatore (il responsabile della causa di canonizzazione) «per la confezione delle reliquie»: sono collocati nelle piccole teche per il culto dei singoli fedeli. Si arriva così all’articolo 25 del documento: «Sono assolutamente proibiti il commercio (ossia lo scambio di una reliquia in natura o in denaro) e la vendita delle reliquie (ossia la cessione della proprietà di una reliquia dietro il corrispettivo di un prezzo), nonché la loro esposizione in luoghi profani o non autorizzati». Ma questo vale in ambito vaticano, mentre in Italia non ci sono leggi specifiche, e le forze dell’ordine entrano in azione solo in caso di traffico di materiale rubato. Fenomeno peraltro non indifferente. Più di 5 mila sono i reliquiari trafugati dal 1970 a oggi, una media di circa 330 all’anno dal 2010. In crescita, secondo gli ultimi dati disponibili dei Carabinieri: una media annua di 500 reliquiari nell’ultimo triennio. E la maggior parte vengono rivenduti sul web, malgrado le regole ferree poste, per esempio, da eBay.

(L'articolo integrale è su www.lastampa.it)

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