religione

BENEDETTINI E FRANCESCANI, TRA SPIRITUALITA' E CULTURA

Luisa Benevieri
Pubblicato il 30-11--0001

Pochi lo sanno ma le storie dei francescani e dei benedettini si sono intrecciate più volte

La nostra spiritualità

Pochi lo sanno ma le storie dei francescani e dei benedettini si sono intrecciate più volte. Furono proprio i benedettini,  a dare ospitalità a san Francesco all'inizio del suo percorso di conversione. Egli infatti rimase per un certo periodo presso un monastero di Gubbio ed è proprio Tommaso da Celano a raccontarlo nella Vita Beati Francisci in cui si racconta che, dopo un iniziale rifiuto, fu il priore benedettino a cercare Francescoperché 'pentitosi del trattamento usatogli, venne a chiedergli perdono, in nome del Signore, per sé e i suoi fratelli'.



Altro affettuoso incontro vi fu nel periodo in cui i frati cominciarono a moltiplicarsi e dopo aver utilizzato, in un primo tempo un Tugurio presso Rivotorto, Francesco chiese e ottenne, dall'abate di san Benedetto al Subasio, la chiesetta di Santa Maria della Porziuncola. Così viene narrato il momento nella Compilazione 'Fu molto felice il Santo che ai frati fosse donato quel luogo, soprattutto perché la chiesa portava il nome della Madre di Dio, perché era così povera e perché era denominata «della Porziuncola», quasi a presagio che sarebbe divenuta madre e capo dei poveri frati minori. Tale nome derivava dalla contrada in cui la chiesetta sorgeva, zona anticamente detta appunto Porziuncola.



 [...] Sebbene l'abate e i monaci avessero concesso in dono a Francesco e ai suoi frati la chiesa senza  volerne contraccambio o tributo annuo, tuttavia il Santo, da abile e provetto muratore che intese fondare la sua casa sulla salda roccia, e cioè fondare il suo Ordine sulla vera povertà, ogni anno mandava al monastero una corba piena di pesciolini chiamati lasche. E ciò in segno di sincera umiltà e povertà, affinché i frati non avessero in proprietà nessun luogo, e nemmeno vi abitassero, se non era sotto il dominio altrui, così che essi non avessero il potere di vendere o alienare in alcun modo. E ogni anno, quando i frati portavano i pesciolini ai monaci, questi, in grazia dell'umiltà, donavano a lui e ai suoi fratelli una giara piena di olio”.



Partendo da questo gesto simbolico che risale a centinaia di anni fa, in un momento così doloroso oggi, come allora, la solida amicizia tra i due ordini si stringe ancora di più. Per questo abbiamo voluto rinnovare quella stessa la vicinanza, quell'accoglienza che fu dei benedettini verso Francesco d'Assisi con una visita. Nel 1997 la morte e la distruzione del sisma avevano toccato il cuore pulsante del francescanesimo e oggi, a distanza di 19 anni, il cuore dei benedettini è ferito dallo stesso lancinante dolore. E andando camminando su quella terra dolorante i nostri occhi hanno visto quelle pietre schiantate a terra e le nostre mani hanno carezzato quei sacerdoti. Allora furono loro ad esortarci dicendo "coraggio" e oggi noi vogliamo, con la stessa intensità, ripetere loro questa parola.



La nostra cultura

Ferisce l'animo vedere quella chiesa sventrata. L'inestimabile perdita del patrimonio artistico si mescola al dolore della perdita di se stessi, di una parte della propria identità. Lo sappiamo bene in quanto francescani col ricordo vivido di quando l'immagine della Basilica dovette essere ricostruita briciola dopo briciola dopo il sisma che fece crollare una parte della navata. E lo sanno bene gli abitanti della città di Norcia, che si rifiutano di lascar andare via le opere d'arte con terrore che non facciano mai più ritorno alla loro "casa" mentre ci dicono che non hanno più un luogo dove versare le proprie lacrime, avendo perso sia la propria casa che la casa "spirituale".



E mentre arriva la terribile notizia del furto dell'opera d'arte da una delle chiese che rappresenta il "Perdono di Assisi", nei volti e nelle parole di questa gente vi è la stessa domanda: cosa faremo vedere ai turisti che verranno?

Ma pronta arriva la risposta di uno di loro "gli faremo vedere le macerie o le chiese sventrate, perché lì è la nostra identità".

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