Azione!
“Accogliere” richiama l’esigenza di ampliare le possibilità di ingresso legale, di non respingere profughi e migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze, e di bilanciare la preoccupazione per la sicurezza nazionale con la tutela dei diritti umani fondamentali. [...]
“Proteggere” ricorda il dovere di riconoscere e tutelare l’inviolabile dignità di coloro che fuggono da un pericolo reale in cerca di asilo e sicurezza, di impedire il loro sfruttamento. [...]
“Promuovere” rimanda al sostegno allo sviluppo umano integrale di migranti e rifugiati. Tra i molti strumenti che possono aiutare in questo compito, desidero sottolineare l’importanza di assicurare ai bambini e ai giovani l’accesso a tutti i livelli di istruzione: in questo modo essi non solo potranno coltivare e mettere a frutto le proprie capacità, ma saranno anche maggiormente in grado di andare incontro agli altri, coltivando uno spirito di dialogo anziché di chiusura o di scontro. [...]
“Integrare”, infine, significa permettere a rifugiati e migranti di partecipare pienamente alla vita della società che li accoglie, in una dinamica di arricchimento reciproco e di feconda collaborazione nella promozione dello sviluppo umano integrale delle comunità locali.
Azione!
Quattro notizie su dieci, rileva l’Osservatorio di Pavia, hanno “un potenziale ansiogeno”. Senza dimenticare le dichiarazioni di quei politici nostrani che hanno sposato la difesa degli italici confini per trarre il massimo (sic) profitto alle urne: “Siamo di fronte a un tentativo di sostituzione etnica ai danni di chi vive in Italia”.
Accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Sono le “quattro azioni” che papa Francesco indica nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2018, che non a caso è dedicata ai migranti e ai rifugiati. Il tema, così caro al Santo Padre da essere diventato un punto di snodo del pontificato, si cala in un contesto internazionale che rende evidente l’urgenza di farsene carico. Alcuni numeri spiegano le dimensioni di un fenomeno globale inarrestabile: 65,6 milioni di persone nel mondo sono state costrette a fuggire dal proprio Paese. Di queste, stando alle statistiche dell’Unhcr, circa 22,5 milioni sono rifugiati, più della metà dei quali di età inferiore ai 18 anni.
Ma come viene percepita questa immane migrazione di popoli da parte dell’opinione pubblica in Italia? Male, se consideriamo ancora una volta le cifre. La presenza degli stranieri nel Paese, pari a circa l’8% della popolazione, sale infatti al 30% nella percezione degli italiani. Complice anche un cattivo servizio reso da alcuni mezzi di informazione che descrivono quotidianamente una situazione con toni allarmistici e di minaccia. Quattro notizie su dieci, rileva l’Osservatorio di Pavia, hanno “un potenziale ansiogeno”. Senza dimenticare le dichiarazioni di quei politici nostrani che hanno sposato la difesa degli italici confini per trarre il massimo (sic) profitto alle urne: “Siamo di fronte a un tentativo di sostituzione etnica ai danni di chi vive in Italia”.
È in questo contesto che il Papa richiama ai valori del cristianesimo. Non un appello generico, ma un invito circostanziato mentre il Vecchio Continente si spacca tra i nuovi nazionalismi dal sapore antico di Visegrád (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia) e il resto dei Paesi che arranca a trovare una strategia comune. Ai giovani universitari cattolici riunitisi a Roma da tutto il mondo, il Papa ha affidato un impegno gravoso: “Riflettere sulle reazioni negative di principio, a volte anche discriminatorie e xenofobe, che l’accoglienza dei migranti sta suscitando in Paesi di antica tradizione cristiana, per proporre itinerari di formazione delle coscienze”. È un compito che riguarda tutti noi, donne e uomini erranti di questa terra.
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