“Disumano selezionare i bimbi malati. L’aborto non è mai la risposta”
«La vita umana sacra e inviolabile»
«Incompatibili con la vita». Per il Papa non c’è espressione peggiore da rivolgere ad un essere umano, specie ad un bambino nel grembo della madre. «La vita umana è sacra e inviolabile», tuona il Pontefice nell’udienza ai partecipanti al convegno internazionale #YestoLife, concluso oggi all’Augustinianum. E proprio in questa certezza «va scoraggiato con forza» l’utilizzo della diagnosi prenatale per finalità selettive: è «espressione di una disumana mentalità eugenetica, che sottrae alle famiglie la possibilità di accogliere, abbracciare e amare i loro bambini più deboli», afferma Francesco.
Con il medesimo vigore, il Pontefice ribadisce l’insegnamento «chiaro» della Chiesa sull’aborto, configurato a livello sociale quasi come «pratica di “prevenzione”», ma che invece «non è mai una risposta»: né per le donne, né per le famiglie. «È un problema umano, la fede non c'entra. Non carichiamo sulla fede una cosa che non gli compete all'inizio», aggiunge a braccio: «È lecito fare fuori una vita umana per risolvere un problema? È lecito affittare un sicario per risolvere un problema? A voi la risposta. Questo è il punto, non c’entra la religione, è una cosa umana. Non è mai lecito!».
«Nessun essere umano può essere mai incompatibile con la vita, né per la sua età, né per le sue condizioni di salute, né per la qualità della sua esistenza», afferma Papa Francesco nel suo discorso in Sala Clementina ai partecipanti all’evento, organizzato dal Dicastero laici, famiglia e vita in collaborazione con la onlus “Il Cuore in una goccia” e il sostegno dei Cavalieri di Colombo. Circa 400 persone da 70 Paesi in rappresentanza di Conferenze episcopali, Diocesi, famiglie, assieme a medici ed esperti nel campo delle cure perinatali per discutere della difesa della vita umana nascente in condizioni di estrema fragilità.
«Ogni bambino - dice loro il Papa - che si annuncia nel grembo di una donna è un dono, che cambia la storia di una famiglia: di un padre e di una madre, dei nonni e dei fratellini. E questo bimbo ha bisogno di essere accolto, amato e curato. Sempre!».
Anche quei bambini che «sono destinati a morire subito dopo il parto, o a breve distanza di tempo». In questi casi, dice il Papa, «la cura potrebbe sembrare un inutile impiego di risorse e un’ulteriore sofferenza per i genitori»: a volte sono i medici o gli stessi familiari a suggerirlo. Ma non è così per Francesco, che afferma: «Uno sguardo attento sa cogliere il significato autentico di questo sforzo, volto a portare a compimento l’amore di una famiglia. Prendersi cura di questi bambini aiuta, infatti, i genitori ad elaborare il lutto e a concepirlo non solo come perdita, ma come tappa di un cammino percorso insieme. Quel bambino resterà nella loro vita per sempre. Ed essi lo avranno potuto amare».
Il Pontefice riflette quindi sulle moderne tecniche di diagnosi prenatale, utili certamente perché «in grado di scoprire fin dalle prime settimane la presenza di malformazioni e patologie», ma proprio per questo capaci di «mettere in serio pericolo la vita del bambino e la serenità della donna».
«Il solo sospetto della patologia, ma ancor più la certezza della malattia, cambiano il vissuto della gravidanza, gettando le donne e le coppie in uno sconforto profondo», sottolinea Francesco. «Il senso di solitudine, di impotenza, e la paura della sofferenza del bambino e della famiglia intera emergono come un grido silenzioso, un richiamo di aiuto nel buio di una malattia, della quale nessuno sa predire l’esito certo. Perché l’evoluzione di ogni malattia è sempre soggettiva e nemmeno i medici spesso sanno come si manifesterà nel singolo individuo».
Eppure, aggiunge Bergoglio, «c’è una cosa che la medicina sa bene: i bambini, fin dal grembo materno, se presentano condizioni patologiche, sono piccoli pazienti, che non di rado si possono curare con interventi farmacologici, chirurgici e assistenziali straordinari, capaci ormai di ridurre quel terribile divario tra possibilità diagnostiche e terapeutiche, che da anni costituisce una delle cause dell’aborto volontario e dell’abbandono assistenziale alla nascita di tanti bambini con gravi patologie». Le terapie fetali, da un lato, e gli Hospice Perinatali, dall’altro, ottengono «risultati sorprendenti in termini clinico-assistenziali» e forniscono «un essenziale supporto alle famiglie» che accolgono la nascita di un figlio malato.
Papa Francesco lo afferma senza giri di parole: «Tali possibilità e conoscenze devono essere messe a disposizione di tutti per diffondere un approccio scientifico e pastorale di accompagnamento competente». Per questo, è indispensabile che« i medici abbiano ben chiaro non solo l’obiettivo della guarigione, ma il valore sacro della vita umana, la cui tutela resta il fine ultimo della pratica medica».
Quella medica non è infatti una professione come un’altra ma «una missione», «una vocazione alla vita», ed è importante pertanto che «i medici siano consapevoli di essere essi stessi un dono per le famiglie che vengono loro affidate: medici capaci di entrare in relazione, di farsi carico delle vite altrui, proattivi di fronte al dolore, capaci di tranquillizzare, di impegnarsi a trovare sempre soluzioni rispettose della dignità di ogni vita umana», chiosa il Pontefice.
«In tal senso - aggiunge - , il confort care perinatale è una modalità di cura che umanizza la medicina, perché muove ad una relazione responsabile con il bambino malato, che viene accompagnato dagli operatori e dalla sua famiglia in un percorso assistenziale integrato, che non lo abbandona mai, facendogli sentire calore umano e amore».
Purtroppo a muoversi in senso contrario a questo approccio è «la cultura oggi dominante». La «cultura dello scarto», appunto. «A livello sociale il timore e l’ostilità nei confronti della disabilità inducono spesso alla scelta dell’aborto, configurandolo come pratica di “prevenzione”», annota Francesco. «La vita umana è sacra e inviolabile e l’utilizzo della diagnosi prenatale per finalità selettive va scoraggiato con forza, perché espressione di una disumana mentalità eugenetica, che sottrae alle famiglie la possibilità di accogliere, abbracciare e amare i loro bambini più deboli», afferma.
Ancora una volta, il Papa argentino ribadisce il chiaro insegnamento della Chiesa: «L’aborto non è mai la risposta che le donne e le famiglie cercano», rimarca il Papa. «Piuttosto sono la paura della malattia e la solitudine a far esitare i genitori. Le difficoltà di ordine pratico, umano e spirituale sono innegabili, ma proprio per questo azioni pastorali più incisive sono urgenti e necessarie per sostenere coloro che accolgono dei figli malati». Bisogna, cioè, secondo il Vescovo di Roma, «creare spazi, luoghi e “reti d’amore” ai quali le coppie si possano rivolgere, come pure dedicare tempo all’accompagnamento di queste famiglie». VATICAN INSIDER
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