Le visite dei pontefici
hi la conosce fatica a darle un luogo di appartenenza: Firenze? Assisi? Israele? Turchia? Africa? India? Di fatto è sempre più là (oltre confine) che qua. E quando con una compagna di strada si muoveva in autostop - quando l'autostop era più lecito e meno rischioso di oggi - trovarla per invitarla a un incontro era un miraggio. Quanto alla religione, per la profonda conoscenza che ha di fedi, fedeli e sacerdoti d'Oriente e Occidente (la stessa che il card. Martini al sinodo dell'Asia aermò di ricercare), sorgono altri dubbi: è cattolica? Induista? Musulmana? Buddista? Si scherza (benevolmente), ma certo quando a porsi la domanda è un vescovo (era quello di Perugia) la cosa è più interessante. Suor Giovanna Negrotto Cambiaso vive di incontri, di viaggi - spesso a piedi -, di dialogo interreligioso. Da 78 anni segue le piste segnate per lei da Dio, «grande regista, grande psicologo, grande poeta» . Il mondo non le basta ma certamente è la sua città. A metà ottobre il circolo Anspi di Alberi di Vigatto e l'associazione culturale "Il giardino d'Oriente" l'hanno ospitata. Lei, una delle Piccole pellegrine la cui spiritualità è improntata allo stile di Charles De Foucauld, ha raccontato "I sentieri inesplorati" percorsi con addosso lo "zaino del cuore". Dopo lunghe pressioni da parte dei suoi estimatori ha ceduto: raccogliendo pensieri e messaggi inviati e ricevuti nel corso degli anni ha fatto un libro. Sottotitolo eloquente: "autobiografia di una pellegrina dietro l'invisibile". Dedicato ai giovani «che hanno sete (e Dio ama gli assetati)» . Nulla di pedante o "catechistico" sulla metafora del viandante (a dierenza di una prima versione, mai uscita); tutto per lo sviluppo dell'interiorità e il risveglio spirituale. Grazie a quello "zaino" «raccogliamo tutto e raggiungiamo tutto ciò che ci sta a cuore: figli, lavoro, la comunità» . Suor Giovanna e le sue sorelle praticano l'accoglienza fraterna, ma due volte l'anno provano cosa vuol dire «trovarsi dal lato esterno della porta, bussare, essere prese in giro o essere credute» , la commozione per un passaggio ricevuto; in giro per l'Italia «senza una lira in tasca» , rivivendo passi degli Atti: "Io non possiedo né oro né argento, ma quello che ho te lo do". « Essere pellegrina significa che il "Grande regista", fin da quando ero in fasce, con me si è divertito a scrivere una storia pellegrina» . Ed elenca città, Paesi, periodi di permanenza. Tra i passatempi preferiti, ricordare quanti letti ha cambiato nell'ultimo anno: nel 2012 sono 58. Tutto questo come premessa al canto di una preghiera indiana di saluto - «c'è bisogno di risvegliare il saluto, di risvegliarne la consapevolezza» -; un inno allo Spirito santo che è come «una ventata fresca , una danza che fa comunione nella Trinità e comunione fra noi, tra religioni ed etnie» : "Vieni luce gentile, vieni Spirito santo. Guidami dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita, dall'irreale al reale". Poi il suo "namasté", «mi prostro a Colui che ti e mi abita» , guardando il cuore dell'altro con le mani giunte. « Anche San Paolo, nelle lettere, amava risvegliare il saluto. Lo inviava "ai santi", sapendo che così i fratelli venivano risvegliati alla santità. Tutti "santi per chiamata". E così lo "shalom" di Maria in visita ad Elisabetta diventa davvero "shalom", e Giovanni se ne accorge» . Lo stesso Paolo, nel volere «risvegliare il nostro essere pellegrini della Sorgente» , mostra anche il proprio "moderno" coinvolgimento nelle vita della Creazione, che "attende con impazienza la rivelazione della gloria dei figli di Dio e nutre la speranza di essere lei pure liberata". «Siamo tutti pellegrini, tutti inviati, siamo liberi e liberanti. E' quello che la Sorgente vuole da noi» . L'ospite è reduce da Assisi, «il cui nome originario in epoca medievale era "Ascesi". Bello... Nel canto di San Francesco - (Paradiso, XI) - , leggiamo "e nacque al mondo un sole, come fa questo talvolta di Gange" e "... chi d'esso loco fa parole, non dica Ascesi... ma Oriente". Dante, come tutti i poeti, unendo Francesco, Assisi e il Gange, ebbe un intuizione profetica» . La piccola pellegrina rievoca così i riti alle fonti del sacro fiume ai piedi delle vette himalayane; le analogie riconosciute fra la venuta nel mondo della figlia di Brahma e dell'Emmanuel; un Natale in un monastero indiano dove un monaco disse «Grazie, Maria. Con il tuo "sì" hai permesso che l'eterno, l'infinito, l'onnipresente diventasse bambino, agnello, per redimere l'umanità» . La suora allora pensò: «ma dove mi trovo?» . Pellegrinando ha imparato «la scuola e la preghiera della strada» ; e non a caso «il vangelo si esprime in due luoghi privilegiati: tavola e strada . Tavola è convivio, amicizia , con-versare, versarsi da bere gli uni agli altri, "versare il cuore"» . Proprio in un convivio «sul ponte tra Occidente e Oriente» , l'allora vescovo di Perugia, Chiaretti, riportò una definizione di dialogo interreligioso: «incontrarsi per strada, mendicanti che si dicono l'un l'altro dove hanno trovato buona acqua da bere» . Dai ricordi di summit, forum, discorsi tenuti all'Onu e alle Giornate della gioventù, ore di meditazione notturna insieme a rabbini, padri, guru, emergono le parole di Benedetto XVI a Fatima nel 2010: «"Auspico per la Chiesa un apprendistato nel dialogo verso le altre verità e la verità degli altri". Anche per noi, nel quotidiano, auspichiamo un apprendistato. E' un invito all'umiltà» .
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