rassegna

Avvenire - La memoria della Via Crucis sulle tracce di Giussani

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Dagli anni Settanta in poi ci sono passati migliaia di studenti, meditando i misteri della Via Crucis durante il Venerdì Santo. Per molti è stata la conferma di un cammino intrapreso da anni nel movimento di Comunione e liberazione, per alcuni il primo incontro col cristianesimo proposto come un'esperienza, una proposta carica di fascino a chi cerca un senso per vivere. Una verità attraente, come direbbe oggi papa Francesco. Per tanti anni li ha guidati don Luigi Giussani, percorrendo la strada che per diversi chilometri gira attorno al monte San Gregorio e arriva davanti alla Cattedrale di San Leo, nell'entroterra dell'alta Valmarecchia, nel Riminese. Una delle soste di meditazione e preghiera si svolgeva immancabilmente al convento francescano di Sant'Igne. Per fare memoria di questi momenti è stato realizzato un bassorilievo in bronzo, opera dell'artista riminese Paola Ceccarelli, che verrà scoperto lunedì 1° aprile e collocato nel portico della chiesa di Sant'Igne. La composizione è dominata dalla croce che fuoriesce dal pannello. In primo piano c'è Giussani che guida la Via Crucis, seguito da un lungo corteo di persone. Il paesaggio circostante evoca la natura della zona, il Montefeltro, e la sua storia, nei due luoghi emblematici di San Leo e Sant'Igne. Alla cerimonia di inaugurazione sarà presente Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e abate di Pomposa e fino a poche settimane fa vescovo di San Marino-Montefeltro, che di Giussani è stato uno dei primi e più appassionati discepoli, e che ha promosso l'iniziativa insieme a Marco Ferrini, direttore della Fondazione internazionale Giovanni Paolo II. «È la testimonianza resa a un uomo che ha insegnato la vita di fede, e ha mostrato come la fede diventa cultura. La valorizzazione delle bellezze storiche, artistiche e religiose di San Leo - offerte all'attenzione dei giovani che sono passati in quelle zone partecipando alla Via Crucis - documenta la sua genialità educativa. Sapeva utilizzare tutti gli aspetti della realtà - arte, cultura, panorami, letteratura - come strumenti per l'educazione alla fede. Sapeva parlare in modo convincente di Dio ovunque». A San Leo, Negri arrivò per la prima volta all'inizio degli anni Settanta, seguendo Giussani. «Mi è sembrato pertanto giusto lasciare un segno di questo passaggio che ha aiutato tanti alla riscoperta di questi luoghi e soprattutto alla riscoperta della fede». L'opera si inserisce armonicamente nel luogo che si presenta totalmente spoglio, pur essendo una chiesa aperta al culto, e può diventare un ulteriore motivo di attrazione verso questo convento nato sulle orme di san Francesco, non più abitato dai frati ma ristrutturato, e che ospita la celebrazione settimanale della Messa. «Dedichiamo questo bassorilievo a lui in coincidenza dell'ottavo centenario del suo primo passaggio in questi luoghi - spiega Negri -. Come il Poverello di Assisi ha saputo richiamare i giovani del suo tempo alla fede, e come sta facendo in maniera commovente questo Papa che ha assunto il suo nome, così Giussani ha saputo testimoniare e proporre la fede a molte generazioni di giovani, a partire dalla mia. È stato generatore di un popolo. Il bassorilievo è la testimonianza di un discepolo a questa genialità educativa, un tributo di grazia reso di fronte alla Chiesa e alla società». In un messaggio inviato a Negri, il presidente della Fraternità di Cl, Julián Carrón, ricorda: «Giussani ci ha testimoniato che cedere all'attrattiva di Cristo ci fa uomini e ci consente di mangiare e bere, vegliare e dormire, vivere e morire con un'intensità e verità senza paragoni».

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