La Repubblica Parlamentare italiana: ecco come funziona.
“…Ci ha rovinato il Governo Monti, ennesimo Governo non eletto dal Popolo… le solite manovre di Palazzo, Renzi Premier senza che nessuno lo abbia votato…” quante volte, specie navigando sui Social Network, abbiamo letto una frase del genere, oltretutto “adattabile” anche all’attuale Premier Giuseppe Conte, il cui nome ricorderete non appariva sulle schede elettorali.
È bene allora chiarire subito che l’Italia, in seguito al Referendum del 2 Giugno del 1946, ha scelto di strutturarsi come una Repubblica Parlamentare, ma nello specifico cosa vuol dire? Si tratta di una forma di governo, in cui la rappresentanza democratica della volontà popolare è affidata, tipicamente tramite elezioni politiche, al Parlamento e ai suoi membri che, in quanto tale, elegge con modalità differenti sia il Governo che il presidente della repubblica. Per capire la differenza, si pensi ad esempio alla Francia che è una Repubblica Presidenziale, nella quale vige una forma di democrazia rappresentativa in cui il potere esecutivo si concentra nella figura del Presidente che è sia il capo dello Stato sia il capo del governo.
Nelle elezioni politiche che, salvo elezioni anticipate, si devono svolgere ogni cinque anni, il popolo, votando per un Partito Politico o per una coalizione degli stessi, decide la composizione della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Ricorderete che alle ultime elezioni politiche ad esempio il Movimento 5 Stelle correva da solo, mentre la Lega era in coalizione con Forza Italia, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia mentre il Partito Democratico era alleato con +Europa ed Insieme.
Dopo le elezioni è uso consolidato che il Presidente della Repubblica (che viene eletto ogni sette anni a Camere riunite da senatori, deputati e rappresentanti regionali, ma di questo ne parleremo meglio nel prossimo articolo) proceda alle consultazioni, cioè riceva le delegazioni di tutti i partiti politici per verificare se esiste una maggioranza politica che possa sostenere un governo.
In caso favorevole, il Presidente da l’incarico di formare un governo ad un personaggio che non deve necessariamente provenire dal mondo politico. Negli ultimi anni è consuetudine da parte delle forze politiche l’indicazione sulla scheda elettorale del nome del Premier, ma attenzione, intanto questo non accade sempre, ed in seconda battuta tale indicazione non ha alcun valore giuridico o vincolante.
Per fare un esempio concreto, alle ultime elezioni politiche sulla scheda elettorale nel simbolo della Lega si poteva leggere Salvini Premier mentre nel simbolo di Forza Italia campeggiava la scritta Berlusconi Presidente. Dopo aver formato il governo, il Presidente del Consiglio sottopone al Presidente della Repubblica la lista dei ministri e, in caso di approvazione, il governo presta giuramento.
Capita raramente, ma ad esempio è accaduto durante la formazione del Governo Conte, che il Presidente della Repubblica possa opporre un veto alla scelta di uno dei Ministri (approfondiremo nel prossimo articolo, relativo ai poteri del Presidente della Repubblica). Una volta superata questa fase, il Presidente del Consiglio ed i Ministri giurano pronunciando la formula: “Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione”.
Successivamente il Governo si presenta in due differenti momenti alla Camera dei Deputati ed al Senato della Repubblica e, se ottiene la fiducia (approvazione della maggioranza dei parlamentari), entra in pieno possesso delle sue funzioni.
Quali allora i poteri del Presidente del Consiglio? Leggiamo dal sito del Governo Italiano: “Al Presidente del Consiglio, in quanto capo dell'Esecutivo, la Carta costituzionale conferisce un'autonoma rilevanza, facendone il centro nevralgico dell'intera attività del Governo: egli, infatti, ne dirige la politica generale e ne è il responsabile, mantiene l'unità di indirizzo politico e amministrativo, promuove e coordina l'attività dei Ministri."
"Il Presidente del Consiglio è, dunque, titolare di un potere di direzione dell'intera compagine governativa, il che lo abilita a svolgere ogni iniziativa volta a mantenere omogeneità nell'azione comune della coalizione, finalizzandola alla realizzazione del programma esposto in Parlamento al momento del voto di fiducia. Tali funzioni, però, non si spingono sino a determinare unilateralmente la politica generale del Governo, compito questo assolto collegialmente dal Consiglio dei Ministri attraverso le sue deliberazioni.” Proviamo ad intrecciare… Costituzione ed attualità.
Come è noto, il Governo GialloVerde ha preso il via in seguito alla firma di un Contratto di Governo, col Premier Conte a fare da “Notaio”. Ricorderete che Lega e M5S erano forze concorrenti alle scorse elezioni politiche le quali, causa l’assenza di un vincitore delle elezioni, hanno scelte successivamente di allearsi. Nulla da eccepire, non è la prima volta che accade. La formulazione tecnica del Contratto di Governo però, va specificato, giuridicamente non ha alcun valore. Nulla impedisce al Premier Conte di imporre un’altra agenda, nessun punto del contratto è vincolante, e soprattutto il contratto non può ovviamente prevedere gli accadimenti futuri, si pensi solo alle scelte che il Governo ha dovuto compiere successivamente al crollo del Ponte Morandi di Genova.
Certo, chiaramente l’aver sottoscritto un contratto implica un “vincolo politico” tra le forze che lo hanno sottoscritto, ma Costituzione alla mano nulla vieta ai leader dei partiti di vedersi domattina per sottoscrivere un diverso accordo, non a caso concretamente già si parla di un “revisione del contratto”.
Mario Scelzo
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