Il ruolo del Presidente della Repubblica Italiana
Nel precedente articolo abbiamo ricordato che l’Italia è una Repubblica Parlamentare (a differenza ad esempio della Francia che è una Repubblica Presidenziale) e contestualmente abbiamo parlato del ruolo del Parlamento e dei poteri del Presidente del Consiglio.
Oggi concentriamo la nostra attenzione sulla figura del Presidente della Repubblica, attualmente rappresentata da Sergio Mattarella, il quale ha iniziato il mandato il 3 Febbraio 2015. Come viene eletto il Presidente? Quali le principali funzioni? Esistono Presidenti che hanno dato le dimissioni? Quanto dura il mandato presidenziale?
Proverò in questo articolo a dare alcune risposte. Ai sensi dell'art. 83 della Costituzione “Il Presidente della Repubblica italiana è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri. All'elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d'Aosta ha un solo delegato. L'elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell'assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.”
I requisiti di eleggibilità, contenuti nel primo comma dell'art. 84 della Costituzione, sono: l'avere cittadinanza italiana; aver compiuto i 50 anni d'età; godere dei diritti civili e politici. Il presidente assume l'esercizio delle proprie funzioni solo dopo aver prestato giuramento innanzi al Parlamento in seduta comune (ma senza i delegati regionali), al quale si rivolge, per prassi, tramite un messaggio presidenziale, ed il mandato dura sette anni a partire dalla data del giuramento.
Nello specifico, la maggior parte dei Presidenti ha portato a compimento il mandato settennale, fanno eccezione Enrico De Nicola, Primo Presidente della Repubblica Italiana ma in un periodo di fatto ancora di transizione post-monarchica, ed Antonio Segni, colpito da una trombosi celebrale e costretto dalla malattia ad interrompere il mandato dopo soli due anni. C’è poi il caso particolare di Giorgio Napolitano, unico Presidente rieletto al termine del primo mandato sostanzialmente dopo aver concordato con i partiti un secondo incarico di breve durata, il suo secondo mandato è durato infatti poco meno di due anni.
Secondo la Costituzione italiana, il presidente della Repubblica è al di fuori dei tre poteri fondamentali dello Stato: quello legislativo, quello esecutivo e quello giudiziario. In relazione al potere esecutivo e alla funzione amministrativa, il capo dello Stato nomina il presidente del Consiglio e, in base all’art. 92 della Costituzione, su proposta del premier, nomina anche i ministri così come i sottosegretari e i funzionari di Stato.
Inoltre, accredita e riceve i rappresentati diplomatici e ratifica i trattati internazionali (quando occorre, c’è una previa autorizzazione delle Camere). Sempre il presidente della Repubblica dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere, ha il comando delle Forze armate e presiede il Consiglio supremo di difesa. Per quanto riguarda invece le funzioni del presidente della Repubblica in relazione al potere giudiziario, il capo dello Stato presiede il Consiglio superiore della magistratura ed emana i decreti relativi allo stato giudiziario dei magistrati, nomina un terzo dei componenti della Corte costituzionale e ha il potere di concedere la grazia, ovvero condonare in tutto o in parte la pena inflitta a chi ha subito una condanna penale in forma definitiva.
Il presidente della Repubblica svolge importanti funzioni anche in relazione al potere legislativo. Nello specifico, indice le elezioni delle Camere e ne fissa la prima riunione una volta terminate le elezioni; invia messaggi alle Camere e autorizza, con un suo decreto, la presentazione al Parlamento dei disegni di legge del governo. Inoltre è il capo dello Stato che promulga le leggi, ovvero le rende esecutorie dopo l’approvazione delle Camere, ed emana i decreti che hanno valore legislativo, così come i regolamenti. Inoltre ha il potere di sciogliere le Camere o una sola di esse (a meno che non sia negli ultimi sei mesi del suo mandato), nominare cinque senatori a vita e indire i referendum abrogativi o quelli costituzionali.
Tutte le funzioni presidenziali sono regolate dalla Costituzione, eppure molte delle prerogative del Colle rispondono prevalentemente ad una consuetudine collaudata negli anni. Sempre più spesso si sente parlare ad esempio di “Moral Suasion”, nei fatti una concertazione preventiva tra Quirinale, Governo e Parlamento, attraverso la quale in sostanza si punta a evitare quegli strappi istituzionali che inevitabilmente si accompagnano a una decisione di rinvio alle Camere.
Per dirla in parole povere, il Governo prima di impegnarsi a fondo per l’approvazione di un provvedimento, chiede un parere preventivo al Presidente, il quale lo ricordiamo ha il potere di rinviare una legge alle Camere se la stessa non ha le adeguate coperture finanziarie oppure presenta dubbi di costituzionalità. Un altro ambito nel quale intercorre la “moral suasion” presidenziale è quello della scelta dei Ministri della squadra di Governo.
Secondo l'art. 92 della Costituzione i ministri sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri. Questa formulazione vagamente ambigua ha creato non pochi grattacapi nel corso della formazione del Governo Conte, rispetto alla nomina al Ministero dell’Economia dell’euroscettico Paolo Savona.
I “rumors” giornalistici ci hanno raccontano negli anni di 3 casi di rifiuto di nomina ministeriale. Il Presidente Oscar Luigi Scalfaro nel 1994 rifiutò la nomina di Cesare Previti, avvocato dell’allora Premier Berlusconi, a Ministro della Giustizia; nel 2001: il capo dello stato Carlo Azeglio Ciampi rifiutò il nome di Roberto Maroni come ministro della Giustizia del secondo governo Berlusconi; L’ultimo precedente è più recente ed è del 2014: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sconsigliò a Matteo Renzi di nominare il procuratore di Reggio Calabria Nicola Gratteri come ministro della Giustizia, la motivazione fu che sarebbe stato inopportuno affidare il ruolo di guardasigilli a un magistrato ancora in carica.
In tutti e tre i casi però non si è trattato di un rifiuto ufficiale, ma di un “consiglio presidenziale” accettato dagli allora Presidenti del Consiglio. Il “Caso Savona” è differente, in quanto il nome dell’economista era presente nella lista proposta dal Premier Conte a Mattarella, ed il rifiuto di Mattarella è stato alla luce del sole e spiegato agli italiani tramite messaggio televisivo.
Il tema è spinoso, si pensi che perfino i costituzionalisti si sono divisi tra chi sosteneva il diritto presidenziale a porre il veto e chi ha parlato di un intervento anomalo ed eccessivo.
Mario Scelzo
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