PAPA: "SOLO LA PACE E' SANTA, NON LA GUERRA"
Il papa è arrivato ad Assisi. Ad accoglierlo Monsignor Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi, la presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini, il prefetto di Perugia Raffaele Canizzaro e il sindaco di Assisi Stefania Proietti. Il Papa è accompagnato da mons. Angelo Becciu, Sostituto dalla Segreteria di Stato e da mons. George Gaenswein, Prefetto della Casa pontificia. Dal campo sportivo di Santa Maria degli Angeli, Bergoglio si è recato al Sacro Convento nella Basilica di San Francesco di Assisi a bordo di una Golf, dove si svolgeranno gli incontri e i momenti di preghiera per la pace.
Al Sacro convento è stato accolto dal Custode, padre Mauro Gambetti. Il Papa ha salutato e abbracciato Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli; Ignatius Aphrem II, patriarca siro-ortodosso di Antiochia; Justin Welby, arcivescovo di Canterbury e Primate della Chiesa di Inghilterra; Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma; Abbas Shuman, vice presidente dell'Università Al-Azhar; il fondatore della Comunità di Sant'Egidio Andrea Riccardi.
Papa Francesco ha anche salutato i 25 rifugiati che hanno preso parte al "pranzo di pace" con lo stesso Bergoglio e i leader religiosi. Dieci di loro sono arrivati in Italia con i 'corridoi umanitari' di Sant'Egidio, dieci arrivano dal Cara di Castelnuovo di Porto, cinque sono invece assistiti dalla Caritas di Assisi. Ad accoglie il Santo Padre al Sacro Convento anche alcuni rappresentanti del governo italiano: stretta di mano e scambio di qualche parola tra il Papa e il ministro della Giustizia Andrea Orlando, il ministro dell'Ambiente Gianluca Galletti e il vice ministro agli Esteri Mario Giro.
Alle 13 si è svolto il pranzo al refettorio del Sacro Convento con i leader delle fedi presenti. Il pranzo della Pace ha avuto un menu molto semplice, "francescano", rispettoso delle differenti tradizioni religiose.
IL DISCORSO DEL PAPA DURANTE LA PREGHIERA ECUMENICA DEI CRISTIANI
Di fronte a Gesù crocifisso risuonano anche per noi le sue parole: «Ho sete» (Gv 19,28). La sete, ancor più della fame, è il bisogno estremo dell'essere umano, ma ne rappresenta anche l'estrema miseria. Contempliamo cosi il mistero del Dio Altissimo, divenuto, per misericordia, misero fra gli uomini. Di che cosa ha sete il Signore? Certo di acqua, elemento essenziale per la vita. Ma soprattutto di amore, elemento non meno essenziale per vivere. Ha sete di donarci l'acqua viva del suo amore, ma anche di ricevere il nostro amore. Il profeta Geremia ha espresso il compiacimento di Dio per il nostro amore: «Mi ricordo di te, dell'affetto della tua giovinezza, dell'amore al tempo del tuo fidanzamento» (Ger 2,2). Ma ha dato anche voce alla sofferenza divina, quando l'uomo, ingrato, ha abbandonato l'amore, quando — sembra dire anche oggi il Signore — «ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne, cisterne piene di crepe, che non trattengono l'acqua» (Ger 2,13). E il dramma del "cuore inaridito", dell'amore non ricambiato, un dramma che si rinnova nel Vangelo, quando alla sete di Gesù l'uomo risponde con l'aceto, che è vino andato a male. Come, profeticamente, lamentava il salmista: «Quando avevo sete mi hanno dato aceto» (Sai 69,22).
"L'Amore non è amato": secondo alcuni racconti era questa la realtà che turbava San Francesco di Assisi. Egli, per amore del Signore sofferente, non si vergognava di piangere e lamentarsi a voce alta (cfr Fonti Francescane, n. 1413). Questa stessa realtà ci deve stare a cuore contemplando il Dio crocifisso, assetato di amore. Madre Teresa di Calcutta volle che nelle cappelle di ogni sua comunità, vicino al Crocifisso, fosse scritto "Ho sete". Estinguere la sete d'amore di Gesù sulla croce mediante il servizio ai più poveri tra i poveri è stata la sua risposta. Il Signore è infatti dissetato dal nostro amore compassionevole, è consolato quando, in nome suo, ci chiniamo sulle miserie altrui. Nel giudizio chiamerà "benedetti" quanti hanno dato da bere a chi aveva sete, quanti hanno offerto amore concreto a chi era nel bisogno: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25,40). Le parole di Gesù ci interpellano, domandano accoglienza nel cuore e risposta con la vita. Nel suo "Ho sete" possiamo sentire la voce dei sofferenti, il grido nascosto dei piccoli innocenti cui è preclusa la luce di questo mondo, l'accorata supplica dei poveri e dei più bisognosi di pace. Implorano pace le vittime delle guerre, che inquinano i popoli di odio e la Terra di armi; implorano pace i nostri fratelli e sorelle che vivono sotto la minaccia dei bombardamenti o sono costretti a lasciare casa e a migrare verso l'ignoto, spogliati di ogni cosa. Tutti costoro sono fratelli e sorelle del Crocifisso, piccoli del suo Regno, membra ferite e riarse della sua carne. Hanno sete. Ma a loro viene spesso dato, come a Gesù, l'aceto amaro del rifiuto.
Chi li ascolta? Chi si preoccupa di rispondere loro? Essi incontrano troppe volte il silenzio assordante dell'indifferenza, l'egoismo di chi è infastidito, la freddezza di chi spegne il loro grido di aiuto con la facilità con cui cambia un canale in televisione. Di fronte a Cristo crocifisso, «potenza e sapienza di Dio» (1 Cor 1,24), noi cristiani siamo chiamati a contemplare il mistero dell'Amore non amato e a riversare misericordia sul mondo. Sulla croce, albero di vita, il male è stato trasformato in bene; anche noi, discepoli del Crocifisso, siamo chiamati a essere "alberi di vita" che assorbono l'inquinamento dell'indifferenza e restituiscono al mondo l'ossigeno dell'amore. Dal fianco di Cristo in croce uscì acqua, simbolo dello Spirito che dà la vita (cfr Gv19,34) così da noi suoi fedeli, esca compassione per tutti gli assetati di oggi. Come Maria presso la croce, ci conceda il Signore di essere uniti a lui e vicini a chi soffre. Accostandoci a quanti oggi vivono da crocifissi e attingendo la forza di amare dal crocifisso risorto, cresceranno ancora di più l'armonia e la comunione tra noi. "Egli infatti è la nostra pace" (Ef2,14) Egli che è venuto ad annunciare la pace ai vicini e ai lontani (Ef2,17). Ci custodisca tutti nell'amore e ci raccolga nell'unità, perché diventiamo quello che lui desidera: "una sola cosa". (Gv, 17,21).
IL DISCORSO DEL PAPA IN PIAZZA
Santità, illustri Rappresentanti delle Chiese, delle Comunità cristiane e delle Religioni, cari fratelli e sorelle!
Vi saluto con grande rispetto e affetto e vi ringrazio per la vostra presenza. Siamo venuti ad Assisi come pellegrini in cerca di pace. Portiamo in noi e mettiamo davanti a Dio le attese e le angosce di tanti popoli e persone. Abbiamo sete di pace, abbiamo il desiderio di testimoniare la pace, abbiamo soprattutto bisogno di pregare per la pace, perché la pace è dono di Dio e a noi spetta invocarla, accoglierla e costruirla ogni giorno con il suo aiuto. «Beati gli operatori di pace» (Mt 5,9). Molti di voi hanno percorso un lungo cammino per raggiungere questo luogo benedetto. Uscire, mettersi in cammino, trovarsi insieme, adoperarsi per la pace : non sono solo movimenti fisici, ma soprattutto dell'animo, sono risposte spirituali concrete per superare le chiusure aprendosi a Dio e ai fratelli. Dio ce lo chiede, esmtandoci ad affrontare la grande malattia del nostro tempo: l 'indifferen za. E' un virus che paralizza, rende ine1ti e insensibili, un morbo che intacca il centro stesso della religiosità, ingenerando un nuovo tristissimo paganesimo: il paganesimo del/ 'indifferenza.
Non possiamo restare indifferenti. Oggi il mondo ha un'ardente sete di pace. In molti Paesi si soffre per guerre, spesso dimenticate, ma sempre causa di sofferenza e povertà. A Lesbo, con il caro Fratello e Patriarca ecumenico Bruiolomeo, abbiamo visto negli occhi dei rifugiati il dolore della guerra, l'angoscia di popoli assetati di pace. Penso a famiglie, la cui vita è stata sconvolta; ai bambini, che non hanno conosciuto nella vita altro che violenza; ad anziani, costretti a lasciare le loro terre: tutti loro hanno una grande sete di pace. Non vogliamo che queste tragedie cadano nell 'oblio. Noi desideriamo dar voce insieme a quanti soffrono, a quanti sono senza voce e senza ascolto. Essi sanno bene, spesso meglio dei • potenti, che non c'è nessun domani nella guena e che la violenza delle armi distrugge la gioia della vita. Noi non abbiamo rumi. Crediamo però nella forza mite e umile della preghiera. In questa giornata, la sete di pace si è fatta invocazione a Dio, perché cessino guene, tenorismo e violenze. La pace che da Assisi invochiamo non è una semplice protesta contro la guena, nemmeno «è il risultato di negoziati , di compromessi politici o di mercanteggiamenti economici. Ma il risultato della preghiera » (GIOVANN I PAOLO II, Discorso, Basilica di Santa Maria degli Angeli, 27 ottobre 1986: Insegnamenti IX,2 [1986], 1252). Cerchiamo in Dio, sorgente della comunione, l'acqua limpida della pace, di cui l'umanità è assetata: essa non può scaturire dai deserti deli'orgoglio e degli interessi di parte, dalle tene aride del guadagno a ogni costo e del commercio delle armi. Diverse sono le nostre tradizioni religio se. Ma la differenza non è per noi motiv o di conflitto, di polemica o di freddo distacco. Oggi non abbiamo pregato gli uni contro gli altri, come talvolta è pwiroppo accaduto nella storia. Senza sincretismi e senza relativismi, abbiruno invece pregato gli uni accanto agli altri, gli uni per gli altri. San Giovanni Paolo II in questo stesso luogo disse: «Forse mai come ora nella storia dell'umanità è divenuto a tutti evidente il legame intrinseco tra un atteggiamento autenticamente religioso e il grande bene della pace» (ID., Discorso, Piazza inferiore della Basilica di San Francesco, 27 ottobre 1986: l.c., 1268). Continuando il cammino iniziato trent'am1i fa ad Assisi, dove è viva la memoria di quell 'uomo di Dio e di pace che fu San Francesco, «ancora una volta noi, insieme qui riuniti, affe1miamo che chi utilizza la religione per fomentare la violenza ne contraddice l'ispirazione più autentica e profonda» (ID., Discorso ai Rappresentanti delle Religioni, Assisi, 24 gennaio 2002: Insegnamenti XXV ,l [2002], l 04), che ogni forma di violenza non rappresenta «la vera natura della religione. È invece il suo travisamento e contribuisce alla sua distruzione» (BENEDETTO XVI, Intervento alla Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo, Assisi, 27 ottobre 2011: Insegnamenti VII,2 [201 1], 512). Non ci stanchiamo di ripetere che mai il nome di Dio può giustificare la violenza. Solo la pace è santa e non la guerra!
Oggi abbiamo implorato il santo dono della pace. Abbiamo pregato perché le coscienze si mobilitino a difendere la sacralità della vita umana , a promuovere la pace tra i popoli e a custodire il creato, nostra casa comune. La preghiera e la collaborazione concreta aiutano a non rimaner e imprigionati nelle logiche del conflitto e a rifiutare gli atteggiamenti ribelli di chi sa soltanto protestare e arrabbiarsi. La preghier a e la volontà di collaborare impegnano a una pace vera, non illusoria: non la quiete di chi schiva le difficoltà e si volta dali 'altra parte, se i suoi interessi non sono toccati; non il cinismo di chi si lava le mani di problemi non suoi; non l'approccio virtuale di chi giudica tutto e tutti sulla tastiera di un computer, senza aprire gli occhi alle necessità dei fratelli e sporcarsi le mani per chi ha bisogno. La nostra strada è quella di immergerci nelle situazioni e dare il primo posto a chi soffre; di assumere i conflitti e sanarli dal di dentro; di perconere con coerenza vie di bene, respingendo le scorciatoie del male; di intraprendere pazientemente, con l'aiuto di Dio e con la buona volontà, processi di pace.
Pace, un filo di speranza che collega la terra al cielo, una parola tanto semplice e difficile al tempo stesso. Pace vuo i dire Perdono che, frutto della conversione e della preghiera, nasce dal di dentro e, in nome di Dio, rende possibile sanare le ferite del passato. Pace significa Accoglienza, disponibilità al dialogo, superamento delle chiusure, che non sono strategie di sicurezza, ma ponti sul vuoto. Pace vuoi dire Collaborazione, scambio vivo e concreto con l'altro, che costituisce un dono e non un problema, un fratello con cui provare a costruire un mondo migliore. Pace significa Educazione: una chiamata ad imparare ogni giorno la difficile arte della comunione, ad acquisire la cultura dell'incontro, purificando la coscienza da ogni tentazione di violenza e di irrigidimento, . contrarie al nome di Dio e alla dignità dell'uomo.
Noi qui, insieme e in pace, crediamo e speriamo in un mondo fraterno. Desideriamo che uomini e donne di religioni differenti, ovunque si riuniscano e creino concordia, specie dove ci sono conflitti . Il nostro futuro è vivere insieme. Per questo siamo chiamati a liberarci dai pesanti fardelli della diffidenza, dei fondamentalismi e dell'odio. I credenti siano artigiani di pace nell 'invocazione a Dio e nell 'azione per l'uomo! E noi, come Capi religiosi, siamo tenuti a essere solidi ponti di dialogo, mediatori creativi di pace. Ci rivolgiamo anche a chi ha la responsabilità più alta nel servizio dei Popoli, ai Leader .delle Nazioni, perché non si stanchino di cercare e promuovere vie di pace, guardando al di là degli interessi di parte e del momento: non rimangano inascoltati l'appello di Dio alle coscienze, il grido di pace dei poveri , e le buone attese delle giovani generazioni. Qui, trent'anni fa San Giovmmi Paolo II disse: «La pace è un cantiere aperto a tutti , non solo agli specialisti, ai sapienti e agli strateghi. La pace è una responsabilità universale» (Discorso, Piazza inferiore della Basilica di San Francesco, 27 ottobre 1986 : l.c. , 1269). Assumiamo questa responsabilità, riaffe1miamo oggi il nostro sì ad essere, insieme, costruttor i della pace che Dio vuole e di cui l'umanità è assetata.
LE PAROLE DEL PAPA PRIMA DI PARTIRE DA ROMA PER ASSISI
"Oggi uomini e donne di tutte le religioni saremo ad Assisi non per uno spettacolo, ma semplicemente a pregare per la pace". Lo ha detto il Papa prima di partire per la cittadina umbra secondo un tweet dell'Osservatore Romano con l'hashtag #papaasantamarta. (ANSA)
In ginocchio a pregare il Dio della pace, insieme, "oltre le divisioni delle religioni", fino a sentire la "vergogna" della guerra e senza "chiudere l'orecchio" al grido di dolore di chi soffre. Lo spirito col quale il Papa è partito per Assisi è stato spiegato da Francesco stesso all'omelia della Messa celebrata prima della partenza in Casa Santa Marta. "Non esiste un Dio di guerra", ha detto il Pontefice. (ANSA)
"Il papa ritorna a casa sua". Sono queste le parole del cardinale Nicora, legato pontificio per le Basiliche papali in Assisi nella giornata di arrivo del Santo Padre.
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