Fratelli Tutti, Merlino: 'Da Papa Francesco un'offerta di fratellanza'
"Non possiamo salvarci da soli, che non possiamo sentirci responsabili solo per noi stessi e di noi stessi"
di Myrta Merlino, conduttrice
Le parole sono importanti, a volte pesano come pietre. Anche quelle mancanti. Ma i fatti, quasi sempre, pesano di più. Sono macigni enormi, non li sposti, ti costringono a cambiare direzione, a rinunciare. Ti privano di un diritto, una possibilità. Penso a quel che capita alle donne. Le parole mancanti sulle donne sono ancora tante, troppe. Quando c’è di mezzo il potere, poi, i sostantivi non si declinano quasi mai al femminile. Ma, come insegnano i classici, nomina sunt consequentia rerum, i nomi, le parole, sono conseguenza delle cose.
E la verità è che per le donne, prima ancora delle parole mancano le cose, i fatti. Mancano spazi, ruoli, diritti, rispetto delle differenze. Mancanze che provocano rabbia perché sono specchio di un sopruso. Lottare contro tutto questo per me è una battaglia di civiltà. Importantissima. Ma è una battaglia da combattere sui fatti molto più che sulle parole. Lo dico sinceramente, se penso a quanto fatto da Papa Francesco in questi anni, e anche negli ultimi terribili mesi della pandemia, non riesco proprio ad appassionarmi alla polemica sul titolo scelto per la sua nuova Enciclica: "Fratelli tutti" e non "Fratelli e sorelle tutti" (sorvolando sul fatto che si porrebbe un problema anche sulla declinazione del pronome). Non mi sento privata di un "titolo", né da donna né da cristiana.
Dall’inizio del suo pontificato e - insisto – soprattutto negli ultimi mesi, Francesco ci ha costretto tutti a interrogarci sulla nostra identità: chi siamo? Perché stiamo al mondo? Qual è la nostra missione? Nel mio cuore risuonano ancora le parole dell'omelia del 27 marzo, quando il Papa scese in una piazza San Pietro vuota, buia, sferzata dalla pioggia e angosciata dalle sirene delle ambulanze, e la riempì della sua luce, una luce di speranza: "Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti - ci disse -. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti".
Sei mesi dopo, siamo sempre sulla stessa barca e stiamo navigando lo stesso mare, che minaccia ancora di ingrossarsi. Abbiamo pagato un prezzo altissimo, ma abbiamo capito che non possiamo salvarci da soli, che non possiamo sentirci responsabili solo per noi stessi e di noi stessi. Abbiamo remato insieme, e dalla stessa parte, per mesi. Abbiamo creduto che da tutto questo ne saremmo usciti migliori. Poi, col passare dell'emergenza sono tornate a galla le antiche abitudini, gli egoismi, i personalismi, l'illusione di tornare a occuparci esclusivamente dei nostri interessi, incuranti di coltivarli in un mondo malato, già smascherato dal virus. Per questo, l'offerta di fratellanza che ora Papa Francesco ci mette davanti con questa nuova Enciclica, è troppo più importante di ogni polemica linguistica. Il Papa ci invita a guardare la Luna, a essere responsabili verso le generazioni future e solidali verso i più bisognosi, concentrarsi sul dito, com’è noto, non è sintomo d'intelligenza.
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