Rush: Preserviamo spazi liberi e aperti
L'attore con la natura nel cuore
Ritornare indietro nel tempo, riallacciare i legami con la terra d' origine, scoprire, a un passo dal traguardo dei 70 anni, che la propria carriera è stata piena dei traguardi che aveva sognato ai tempi del debutto, nella «Queensland Theatre Company» di Brisbane. Durante la conversazione via Zoom, Geoffrey Rush, l' attore australiano vincitore dell' Oscar nel '97 per il ruolo del pianista David Helfgott in Shine, confida ricordi e passioni, descrive il legame con il cinema italiano e con Giuseppe Tornatore, racconta quanto sia stato magico, durante il lockdown, ritrovare i rumori della natura, osservare i comportamenti degli animali, riflettere sull' importanza della causa ambientale.
Nel film di Shawn Seet Storm Boy - Il ragazzo che sapeva volare (nelle sale con Medusa dal 24), nuova trasposizione del libro di Colin Thiele sulla storia dell' amicizia tra un ragazzino e un pellicano, Rush interpreta il protagonista da adulto. Un uomo d' affari in pensione che, grazie alla nipote Madeline (Morgana Davies), s' impegna per evitare un disastro ecologico in una remota regione d' Australia: «Ho letto il racconto, una favola di 50 pagine. L' idea di poter interpretare "Storm boy" da nonno mi è sembrata subito meravigliosa».
Che cosa l' ha spinta ad accettare la parte?
«Prima di tutto mi ha attirato la possibilità di interpretare un personaggio diverso, ho sempre fatto ruoli eccentrici, è stato bello cambiare genere. Mi ha molto convinto anche la sceneggiatura che riesce ad attualizzare la materia del racconto inserendola in un contesto moderno, e poi c' è la figura di Madeline, una ragazza determinata, con un forte spirito critico».
Quanto la interessa la questione ambientale, che è, in fondo, il cuore del film?
«Per noi, in Australia, come il libro racconta, il legame spirituale con la natura è un elemento molto presente. Ci ho riflettuto tanto, anche durante il periodo del Covid, trascorso in gran parte a casa, guardando film in streaming. Mi ha colpito il documentario in cui David Attenborough ha fotografato in maniera molto precisa quello che è accaduto agli animali mentre noi uomini eravamo in pieno lockdown. Le balene si sono avvicinate alle coste dell' Alaska e dell' America, in Africa i leopardi soni arrivati nelle città, e, per la prima volta, nelle metropoli, si è udito il canto di alcuni uccelli, finora sconosciuto perchè coperto dai troppi rumori. Abbiamo potuto guardare la Terra immobilizzata dal Covid in una dimensione tutta nuova, capire quanto sia stata invadente la nostra presenza e quanto sia importante la necessità di preservare spazi aperti, liberi». (L'intervista integrale su La Stampa del 21 giugno 2021)
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