Grado Merlo: La dimensione penitenziale della cenere
Un modo per arrivare a "vivere secondo la forma del santo vangelo"
La parola cenere sembra non appartenere al vocabolario di frate Francesco d'Assisi quale si ricava dai suoi scritti. Si ritrova invece, sia pur non molto spesso, nel corpo agiografico sanfrancescano. Si ritrova, prima di tutto, in contrapposizione con il piacere del cibo. Frate Tommaso da Celano, il primo grande agiografo di san Francesco, per esempio, in proposito scrive: “Di rado accettava di cibarsi di vivande cotte, oppure, acconsentendo, le cospargeva di cenere o le rendeva insipide con acqua fredda". La Leggenda dei tre compagni, a sua volta, insiste su una delle due opzioni alimentari: “Quando mangiava con i frati, metteva spesso cenere sugli alimenti dicendo ai fratelli, per dissimulare la sua astinenza: ‘Sorella cenere è casta'". Dunque, sorella cenere condivide uno degli attributi di sor’Acqua, la quale è multo utile et humile e preziosa e casta, come si legge nel Cantico di frate Sole.
Cenere e acqua paiono caste perché tengono lontano dal peccato e, aggiungerei, si inquadrano in una dimensione penitenziale. In proposito ci sarebbe da meditare, oltre che sulla odierna ideologia culinaria, sulla attualità di tale dimensione penitenziale e sulla trasformazione simbolica dei termini cenere e acqua. La cenere sembra aver perso il suo simbolismo antico e cristiano, ma per certi versi evoca terribili scenari di violenza che dovrebbero essere vivi e dolorosi nella coscienza di ognuno. L'acqua ha smesso di essere umile e casta, ma ha conservato, anzi accentuato, i caratteri di utilità e preziosità. L'acqua è oggi vieppiù multo utile e preziosa: addirittura, per ogni dove nell’orbe terraqueo, si trova al centro di concorrenze e contrasti politici ed economici anche assai violenti. Ma torniamo al “passato prossimo”.
La dimensione penitenziale della cenere per san Francesco, secondo l'agiografo, era altra. La cenere era un segno materiale nel cammino per arrivare a “vivere secondo la forma del santo vangelo": di conseguenza soprattutto nel linguaggio agiografico, un segno di santità. Arrivare alla santità significa rinunciare alla propria volontà per fare la volontà del Padre che sta nei cieli: rinunciare talvolta persino alla parola. Esemplare al riguardo è un evento narrato ancora da frate Tommaso da Celano. Sollecitato a esporre la parola di Dio alle “sue figlie" di San Damiano, san Francesco comincia a rivolgere una preghiera a Gesù Cristo. Poi ordina che gli sia portata della cenere, facendone un cerchio intorno a sé: il resto se lo pone sul capo. Rimane così in silenzio: “A un tratto il santo si alza e nella sorpresa generale in luogo del discorso recita il salmo Miserere. E appena finito se ne va rapidamente”. Nessuna comunicazione verbale per una predicazione che è fatta di gesto e preghiera. Secondo l'agiografo, ogni essere umano è cenere (vivificata dalla fede) e deve stimarsi tale. La cenere sul capo diviene un atto visibile di riconoscimento di ciò: nel necessario percorso penitenziale sostenuto dalla misericordia divina. Insomma, tutto può iniziare cospargendosi il capo di cenere.
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