Papa Francesco: i viaggi, la preghiera, il populismo
Intervista per il settimanale tedesco Die Zeit
“In Russia non posso andare perché dovrei andare anche in Ucraina. L’importante sarebbe andare in Sud Sudan, era in programma di andare nei due Congo: con Kabila la cosa non va bene, credo che non possa andare; ma ci andrò, quello sì, in India, in Bangladesh, sicuro, in Colombia, poi un giorno soltanto in Portogallo, a Fatima, e poi credo che c’è un altro viaggio in studio, in Egitto: sembra che sia pieno il calendario, no?” E’ la risposta secca di Papa Francesco durante un’intervista rilasciata al settimanale tedesco Die Zeit, in edicola domani e disponibile da stasera sul sito del giornale per gli abbonati. Il Pontefice parla di viaggi, dell’importanza della preghiera, del termine e concetto “populismo” e molto altro, a colloquio con il caporedattore Giovanni di Lorenzo.
Nell’intervista si parla tanto della preghiera, una delle colonne del Pontificato di Francesco. “Il Signore ci ha detto di pregare. La preghiera ci manca. Io – dice il Papa- una delle cose che prego tutti i giorni con la preghiera di San Tommaso Moro: chiedo il senso dell’umorismo. E il Signore non mi ha tolto la pace e mi dà abbastanza senso dell’umorismo”. Papa Francesco risponde così anche in merito ai manifesti che hanno tappezzato la città di Roma qualche settimana fa. E aggiunge ancora sulla preghiera: “Pregare per le cose buone. Per esempio: Aiutami ad avere i soldi necessari per finire il mese con la mia famiglia, che non mi manchi, questo è giusto. Ma aiutami ad avere tanti soldi per avere tanto potere, quello non è giusto. Si devono chiedere cose che costruiscono il mondo, che diano fraternità e che diano pace, che diano cose buone”.
Sono tanti i temi affrontati. Francesco risponde anche alla domanda del giornalista sul populismo, sui forti movimenti che mettono in crisi la democrazia: “Per me la parola populismo è stata equivoca, perché in America Latina ha un altro significato. Sono stato confuso, perché non capivo bene. Ma lei pensi all’anno ’33, dopo la caduta della Repubblica di Weimar: la Germania era disperata, la crisi economica del ’30 era … e un ragazzo ha detto “io posso, io posso, io posso!”, ma … e si chiamava Adolf, e questo così è finito, no? E’ riuscito a convincere il popolo che lui poteva. Dietro i populismi sempre c’è un messianismo: sempre. E’ anche una giustificazione: preserviamo l’identità del popolo”.
“Quando i grandi del dopoguerra – continua il Papa - hanno immaginato l’unità europea, pensi a Schuman, Adenauer, hanno immaginato una cosa non populista: hanno immaginato una fratellanza di tutta l’Europa, dall’Atlantico agli Urali. E questi sono i grandi leader che sono capaci di portare avanti il bene del Paese senza essere loro al centro. Senza essere messia: il populismo è cattivo, e alla fine finisce male, come ci mostra il secolo scorso”. (Veronica Giacometti - Aci Stampa)
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