Messico. Mormoni, strage dei narcos: 9 uccisi e arsi vivi. Scomparso un bimbo
Senza pietà, senza limiti, senza timore. Una banda di sicari ha teso un’imboscata ad un gruppo di mormoni americani in Messico: tre donne e 6 bimbi assassinati, un altro minore scomparso. Forse alcuni sono stati bruciati vivi, aspetti atroci da verificare. Un bilancio provvisorio per un massacro, per ora, senza una motivazione apparente.
Il convoglio. Il convoglio di veicoli, con a bordo numerosi mormoni, stava procedendo in una zona al confine tra gli stati di Sonora e Chihuahua, quando è finito sotto il fuoco di uomini armati. I killer hanno sparato su una delle donne che è uscita da un veicolo con le mani alzate, hanno inseguito i bambini che cercavano di fuggire per poi freddarli. Quindi hanno ripetuto l’attacco ad alcuni chilometri di distanza contro il resto del corteo. Nel primo agguato hanno assassinato Rohita LeBaron, con lei un bimbo di 11 anni e una di 9, quindi due di appena un anno. L’eccidio si è ripetuto poco più tardi. I criminali hanno bloccato altre vetture, assassinando una coppia di donne e altri minori. I mezzi sono stati dati poi alle fiamme. Testimonianze sostengono che forse uno dei SUV si è incendiato a causa dei proiettili non dando scampo a chi era a bordo. Ma si tratta comunque di ricostruzioni ancora imprecise, il quadro potrebbe mutare, così come i profili dei colpevoli. Le notizie sono trapelate con una certa difficoltà in quanto per ore la zona dell’assalto è rimasta isolata per la presenza di pistoleri.
La famiglia LeBaron. Fin dagli anni 40 si è stabilita in Messico una comunità di mormoni, un nucleo che è stato in passato vittime di aggressioni. E proprio i LeBaron sono stati bersaglio dei narcos che non hanno mai gradito le loro posizioni anti-violenza. Tuttavia esponenti della famiglia hanno sostenuto che non c’erano state minacce recenti o problemi particolari, tranne quelli che coinvolgono intere regioni messicane. Difficile dire, per il momento, se il commando abbia scambiato i civili per dei rivali o si sia trattato di un attacco deliberato. Purtroppo le storie messicane possono nascondere risvolti non sempre chiari. C’è da chiedersi perché le donne viaggiassero da sole, con i figli al seguito, in un teatro di faide. Forse pensavano di non rappresentare una minaccia per le gang, anche se la cronaca quotidiana del paese racconta che nessuno è immune.
Cartelli. L’eccidio segue settimane difficili per le autorità. Il bilancio della narco-guerra – dove muovono non solo i cartelli ma anche squadroni della morte – continua a crescere. Mentre il governo ha dovuto subire l’umiliazione di Culiacan con il figlio de El Chapo rimesso in libertà dopo che i banditi hanno paralizzato la città con un’incursione in stile guerrigliero. Battaglia che ha innescato una polemica dura tra militari e potere esecutivo. L’ex generale messicano, Carlo Gaytàn, parlando a nome di molti colleghi, ha criticato la strategia e le scelte del presidente Obrador che ha replicato a tono: non permetterò un golpe. Segnali inquietanti in un Paese dilaniato. E non c’è dubbio che la strage dei mormoni avrà ripercussioni ancora più forti.
Il monito. La storia non poteva non provocare reazioni oltre frontiera. Donald Trump si è affidato a twitter per lanciare un messaggio contro quelli che ha definito «mostri». «È venuto il momento per il Messico - ha scritto - di scatenare una guerra, con l’aiuto degli Usa, contro i cartelli per spazzarli via. Noi aspettiamo solo una chiamata dal vostro nuovo grande presidente». Un’offerta di collaborazione diretta, anche se da anni Washington fornisce intelligence e mezzi alla Marina messicana nella lotta al crimine.
Guido Olimpio - Corriere.it
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