La Via della Seta non può esistere senza la fiducia fra Cina e Vaticano
Storicamente è crocevia tra cristiani, musulmani e buddisti. Lavorare per migliorare le relazioni
Oggi, [...] lunedì 25 marzo [...] a Roma viene presentato il libro "La Chiesa in Cina. Un futuro da scrivere" (Ancora), curato dal direttore di "Civiltà Cattolica" Antonio Spadaro e dedicato ai rapporti tra Chiesa Cattolica e Cina dopo l'accordo raggiunto tra Vaticano e Pechino sulla nomina dei vescovi. Intervengono il superiore generale dei gesuiti Arturo Sosa, monsignor Claudio Maria Celli e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Modera padre Antonio Spadaro. In occasione di questa conferenza pubblichiamo un'analisi dello stesso padre Spadaro.
È un dato di fatto che la Cina sta giocando un ruolo rilevante nell’organizzazione degli scambi commerciali globali. La storia proprio oggi deve aiutarci a capire che la globalizzazione non coincide affatto con l’«occidentalizzazione» del mondo, ma va inquadrata all’interno di una più ampia prospettiva. Infatti è tempo di ripercorrere la lunga storia della «Via della seta», attiva tra il I secolo a.C. e il XIV secolo.
Si riscopre un continente eurasiatico che nel primo millennio e oltre è stato profondamente interconnesso, anche sotto il profilo culturale. La Via della seta, così come Pechino intende portarla avanti, rilancia secoli di storia di relazioni politiche e commerciali. Per questo richiede oggi grande attenzione. È un progetto globale dalle radici profonde.
Cambio di mentalità Firmato il memorandum con tutte le reazioni che esso ha suscitato, dobbiamo adesso guardare avanti e considerare come l’iniziativa cinese non può essere valutata solamente per la sua rilevanza in campo economico e finanziario. Sarebbe miope. Pechino insiste molto sugli scambi culturali tra i popoli dell’ecumene euro-afro-asiatica, e lo fa anche investendo risorse in innumerevoli iniziative dedicate al patrimonio culturale immateriale: musei, fiere, mostre.
La cultura è fondamentale nella strategia della Cina per garantire la propria influenza internazionale. Stiamo certamente vivendo il superamento della modernità occidentale e un cambiamento di mentalità tanto in Oriente quanto in Occidente. Gli storici si chiedono se stiamo sperimentando la conclusione di cinquecento anni di predominio occidentale. Il dibattito riflette il dilemma di una società dell’ovest che sente il futuro del mondo sempre meno nelle sue mani. La presenza di altri grandi attori nello scenario internazionale (India, Giappone, Brasile, Russia) rende il quadro molto complesso e richiede una governance globale.
L’Europa in questo senso deve trovare un suo profilo coerente. E poi non dimentichiamo i soggetti quali le imprese multinazionali e transnazionali, organismi non governativi. Non è immaginabile un Oriente che emerga e sommerga l’Occidente. Né sono immaginabili un Oriente o un Occidente in cui ci sia un «centro» unico rispetto a tante periferie.
Lo sguardo geopolitico che Francesco porta avanti sin dall’inizio del suo Pontificato insiste nel ribaltare lo schema sclerotico dei rapporti tra un «centro» e le sue «periferie». La cultura europea, almeno fino all’Illuminismo, ha sempre guardato con attenzione a quella cinese. Ne è testimone il cristianesimo. Le splendide lettere dei missionari gesuiti in Cina – veri e propri reportage – al tempo furono occasione di conoscenza della cultura cinese da parte di intellettuali anche lontani dalla fede quali Voltaire, Montesquieu, Rousseau. I gesuiti, in qualche modo, hanno «sinizzato» l’Europa.
Successivamente invece è prevalso il senso di superiorità. Il colonialismo europeo tra XIX e XX secolo ha imposto una visione euro-centrica. Le Guerre dell’oppio hanno fatto sì che il cristianesimo apparisse alla popolazione cinese una religione straniera, quella dei colonizzatori. Francesco ha chiaramente contraddetto più volte questa visione coloniale. Ricordiamo che, alla fine del suo viaggio in Myanmar e Bangladesh, ha parlato in maniera esplicita dal nuovo ruolo che la Cina sta svolgendo nel contesto internazionale. Disse: «La Cina oggi è una potenza mondiale: se la vediamo da questo lato, può cambiare il panorama».
La copertina del volume Il «cambio di panorama» evocato dal Pontefice sintetizza le riflessioni che abbiamo fatto fino adesso. Ed è in questo «panorama» che si deve collocare l’accordo provvisorio del 22 settembre scorso tra la Cina e la Santa Sede. Il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Geng Shuang, a margine della visita del presidente Xi Jinping in Italia ha affermato che quell’accordo «costituisce una tappa importante. La Cina è disponibile a continuare in questa direzione con il Vaticano, ad avviare un dialogo costruttivo, a migliorare la comprensione, a instaurare una fiducia reciproca e a promuovere il miglioramento delle relazioni bilaterali».
Molti si attendevano un incontro tra Xi e Francesco a Roma. Ma è anche vero che la fiducia va costruita in maniera solida. Quel che è certo è che la Via della seta, per il suo respiro e le sue ambizioni non potrà realizzarsi senza questa crescente fiducia tra Pechino e Roma intesa come la sede di Pietro, data la natura globale del cristianesimo. E questo accordo pone la colonna spirituale, che fu fondamentale per reggere la Via della seta di epoca Tang, alla quale il presidente Xi si ispira. Il dialogo Infatti, fu proprio sulla Via della Seta che avvenne uno straordinario incontro fra tradizioni religiose diverse: cristiani, musulmani, zoroastriani e buddisti si incontrarono e vissero fianco a fianco.
Proprio in questo ambiente pluralistico il cristianesimo fu disposto a entrare in un dialogo fecondo con tradizioni culturali e religiose molto diverse da quella ebraica e quella greco-ellenistica con le quali si è confrontato al suo inizio. Ma lungo la Via della seta ci sono i Paesi arabi. La conquista turca di Istanbul del 1453 e l’affermazione dell’Impero Ottomano sono state tra le cause che hanno interrotto la Via della seta. Oggi quella frattura tra Ovest ed Est va riassorbita. E la Cina e gli Emirati Arabi Uniti hanno già firmato accordi che intrecciano i due mondi.
Non dimentichiamo in questo senso che l’altro evento a forte impatto geopolitico di Francesco, oltre a quello cinese, è il Documento sulla fratellanza umana firmato ad Abu Dhabi con l’imam di Al-Azhar. Non è difficile comprendere che la pace nel mondo passa per Cina e Islam, due grandi priorità del Pontificato di Francesco, che si è dotato di ago e di un rocchetto di filo resistente.
Il cristianesimo nell’epoca Tang lungo l’itinerario della Via della seta rimase fedele al Vangelo assumendo appieno il vocabolario buddista e taoista, diventando – senza timori e tentennamenti – pienamente cinese: molti secoli prima di Matteo Ricci. Gli antichi legami, grazie all’Accordo di settembre, si riannodano in maniera più armonica. La fiducia è che si proceda come si guida una bicicletta, a quella giusta velocità che fa stare in piedi e permette, senza sbandare, di andare avanti e di non fermarsi.
Antonio Spadaro - La Stampa
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