Immigrazione, parola agli studenti
Allievi delle classi III A e III B, indirizzo Scienze Umane, del Liceo Classico Properzio di Assisi
Noi allievi delle classi III A e III B, indirizzo Scienze Umane, del Liceo Classico “Properzio” di Assisi, siamo stati selezionati per partecipare al progetto “A scuola di opportunità”, che riguarda la violenza di genere e ci permette di entrare in contatto con realtà drammatiche e distanti dal nostro vissuto quotidiano. Il progetto ci ha consentito di visitare, lo scorso 14 marzo, la Casa di Accoglienza per donne profughe di Santa Maria degli Angeli, gestita dalla Caritas diocesana di Assisi-Nocera-Gualdo.
La presidente della Caritas, suor Elisa Carta, ci ha accolto con entusiasmo, contenta di ricevere tanti giovani del territorio e presentare loro il piano di accoglienza per immigrati e donne in difficoltà. La Casa di Santa Maria degli Angeli, in particolare, attualmente ospita delle profughe nigeriane e i loro figli piccoli.
Solitamente si parla dell’immigrazione interpretandola in base alla propria ideologia o alla propria angusta prospettiva. Nella nostra società, con il passare degli anni, si sono definiti due punti di vista opposti: i pessimisti connettono il termine “immigrato” a “clandestino” e associano il fenomeno migratorio a quello dell’aumento dell’illegalità; nell'altro estremo abbiamo i compassionevoli “paternalisti”, i quali vedono l'immigrato come un cucciolo innocente e indifeso che fugge da determinati pericoli, che possono essere guerre, attentati oppure persecuzioni. Entrambi gli estremi tralasciano dei particolari fondamentali che si celano nei cuori dei immigrati.
Alla Casa di Accoglienza abbiamo ascoltato le storie di alcune ragazze, le quali ci hanno descritto i problemi che avevano nel loro paese, i soprusi che subivano e i conseguenti motivi della loro fuga. Esse, inoltre, ci hanno rivelato come l'Italia apparisse loro come un porto di salvezza.
In particolare, M. ha raccontato di come il principe del suo villaggio volesse obbligarla a sposarlo: presa con la forza, violentata, costretta a diventare madre, quando ha provato a fuggire è stata malmenata, tanto che ancora oggi ha un braccio rotto; non avendo altra scelta, con l’aiuto dello zio ha potuto fuggire dal suo paese.
La seconda testimonianza ha avuto come protagonista J, la quale, a causa della sua conversione al cristianesimo, è stata costretta ad andare via di casa dai familiari musulmani. Lei, infatti, non ha accettato di sposare un uomo di religione islamica. Come la precedente testimone, questa ragazza dapprima è fuggita in Libia, per non subire più le minacce del padre, poi ha raggiunto l’Italia in un “viaggio della speranza”.
I due racconti sono stati interessanti e toccanti ma, inevitabilmente, incompleti, poiché si sono interrotti dove iniziavano un dolore e un orrore troppo grandi da descrivere. L’atteggiamento della terza ragazza a cui è stato chiesto di parlare si è posto proprio su questa linea: lei ha preferito non raccontare la sua vita, poiché sentiva bruciare ancora troppe ferite, ma i suoi occhi, i suoi gesti e le sue poche parole ci hanno fatto intendere che lei ha attraversato una lunga e drammatica odissea.
La maggior parte dei profughi sono vittime dei trafficanti di esseri umani, che non li considerano persone ma prodotti con cui svolgere commerci e scambi. Spesso, infatti, i profughi vengono utilizzati per estinguere i debiti accumulati dalle loro famiglie per svariati motivi, come, ad esempio, ottenere cure mediche. Essi vengono strappati ai loro cari, costretti ad abbandonare il proprio paese e la propria gente, obbligati a imbarcarsi. Molte ragazze sono destinate alla prostituzione o addirittura lasciate nella strada, senza che nessuno si prenda cura di loro. Se pensiamo che tutti coloro che emigrano lo facciano volontariamente, ci sbagliamo di grosso. Non si può analizzare la questione dell’immigrazione come se avesse una sola faccia, quando invece ne ha molteplici.
Grazie ad associazioni come la Caritas, molti profughi hanno trovato un riparo e una casa accogliente, dove possono provvedere ai loro bisogni e dove molte mamme possono crescere i loro bambini in serenità. Bisogna dire grazie ai numerosi volontari che, con autentico spirito cristiano, aiutano queste persone a sostenere il presente e a concepire un futuro.
Le storie di queste ragazze sono ancora vive in loro. Nei volti, nelle parole segnate dal dolore di un passato infernale. Esse ci hanno spiegato che in questo nuovo ambiente cercano di vivere in armonia e in accordo tra loro, dividendosi i lavori casalinghi, frequentando scuole per imparare la lingua italiana e svolgendo attività insieme, proprio come una famiglia.
Sentire che piano piano riescono a crearsi una nuova vita ci riempie il cuore di speranza e ci apre gli occhi sulle tante e varie storie di immigrati che noi, nella nostra inconsapevolezza, non possiamo nemmeno immaginare.
Gli studenti delle classi III A SU e III B SU
del Liceo Classico “Properzio” di Assisi
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