Dall’esercito sovietico al sacerdozio: storia di una fede all’ombra dell'Urss
La storia di padre Victor inizia nel villaggio di Slobozia-Rascov, nel cuore dell’attuale territorio separatista della Transnistria, tuttora conteso con la Repubblica della Moldova, la quale, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, ancora oggi ne reclama la giurisdizione. Questo semplice villaggio ha dato i natali a molti sacerdoti cattolici e a un Vescovo, grazie ad una comunità cattolica molto viva, della quale faceva parte anche il giovane Victor Pogrebnii. Una comunità che non hai mai temuto di testimoniare la fede, fino a costruirsi una chiesa senza alcuna autorizzazione. Erano gli anni settanta, nel pieno del regime comunista.
La scelta militare, senza perdere la fede
Il desiderio di Victor di essere prete si infrange nel giorno in cui viene chiamato a svolgere il servizio militare nella marina sovietica. Un distacco da Slobozia-Rascov e, soprattutto, dal suo sogno di consacrarsi a Dio. Dopo il previsto periodo di servizio, decide infatti di intraprendere - e lo farà con successo - la carriera militare. Nonostante la lontananza dal villaggio di origine e dal suo desiderio di essere sacerdote, lui stesso ricorda: ”Ero riuscito a conservare la fede e gli insegnamenti dei miei genitori, ma ormai avevo intrapreso la carriera militare, ero stimato e mi erano state assegnate anche delle responsabilità. La mia vita era cambiata, avevo anche conosciuto una brava ragazza, che nel 1970 divenne mia moglie, per cui all’altare sì, sono arrivato, ma per essere un buon sposo”.
Cattolico clandestino Padre Victor racconta la difficoltà di conciliare la fede con il regime, sempre sospettoso, e con la rigorosa struttura militare: “E’ stato un brutto momento quando in servizio al Polo Nord i miei superiori hanno trovato il testo del Vangelo. E ancora quando sono stato scoperto dalla Polizia ad aiutare nella costruzione della chiesa di Slobozia-Rascov. Fui segnalato ai superiori e interrogato. Quando potevo, frequentavo una chiesa cattolica che era di fronte gli uffici del KGB, per entrarvi dovevo stare attento che non se ne accorgessero. Ero un cattolico clandestino, nascosto e con la paura. Ho cercato anche di capire se tra i miei compagni ci fosse qualche altro cattolico, ma era impossibile esporsi”.
Una famiglia felice
“La mia vita ormai era tracciata - prosegue padre Victor - e amavo mia moglie. Dal nostro legame sono nati due figli, e poi i loro matrimoni, e successivamente sono diventato nonno grazie al dono di tre nipoti. Però ho avuto anche la gioia di seguire il cammino di mio fratello, che è diventato sacerdote”.
Finalmente libero di credere
Con il crollo del regime comunista, la vita di Victor subisce una svolta e ritrova la serenità della fede, la possibilità di educare i figli alla vita cristiana senza timori. Passano gli anni e, ormai tranquillo e in pensione, si impegna nella cura dei figli e dei nipoti. Nel 2008 la moglie muore, lasciandolo solo ma anche con la possibilità di ripensare alla sua vocazione iniziale, e mai abbandonata, di diventare sacerdote. Nello stesso anno, il Vescovo di Kiev lo accoglie in Seminario. Quattro anni dopo si presenta di nuovo dinanzi all’altare ma questa volta per ricevere l’unzione sacerdotale. E' il sette gennaio 2012, Victor è consacrato a Dio, attorniato dai familiari e dal fratello più giovane, già prete da diversi anni.
“Non posso spiegare l’emozione di quel momento – ricorda padre Victor – e soprattutto di questa immersione nella fede che mi riportava ai tempi della gioventù e della comunità di Slobozia-Rascov. Allo stesso tempo pensavo a mia moglie, al fatto che lei fosse certamente contenta, lassù in cielo, di questa mia nuova scelta. Prima di intraprendere la formazione in Seminario ho voluto ascoltare i miei figli e comprendere come loro vedessero questa mia decisione. Ho trovato in loro una comprensione stupenda, tale da rendermi ancora più convinto della scelta, che non annullava assolutamente il passato da sposo e padre, ma rendeva possibile una vocazione che doveva attendere i suoi tempi e passare attraverso la difficile prova di un sofferto regime”.
Dopo l’ordinazione sacerdotale, il Vescovo di Kiev lo inserisce in alcune parrocchie e così ritorna ad essere un padre, con una famiglia più ampia e con responsabilità che lo vedono giorno dopo giorno dedicarsi alle comunità a lui affidate con la giovinezza interiore di un sacerdote felice.
Perseguitato dal passato
Il passato da militare sovietico e da cittadino russo lo spingono a lasciare l'Ucraina nel momento in cui le relazioni con la Russia si deteriorano fino al noto conflitto. A quel punto, padre Victor lascia la Diocesi di Kiev e parte per la Crimea, da poco sotto il controllo russo. Il Vescovo di Odessa gli affida una parrocchia a Sinferopoli in cui continua a servire sempre con lo spirito del buon padre.
Il desiderio di ritornare
Padre Victor, ormai settantatreenne ma con uno spirito giovanile, avverte la necessità di ritornare nella sua piccola Slobozia-Rascov. Contatta il Vescovo di Chişinău, Mons. Anton Cosa, e chiede di potersi trasferire. “Mi ha commosso la storia di questo prete - racconta il Vescovo Anton Cosa - il suo desiderio di ritornare nel villaggio di Slobozia-Rascov e ritrovare la sua comunità di origine. L’ho invitato da me per incontrarlo e parlare, vivere insieme un po’ di giorni, farlo conoscere al clero della mia Diocesi.
Ho scoperto un uomo certamente provato dalla sua storia lunga e sofferta, ma contento di donarsi e testimoniare la sua esperienza di prete. L’ho visto arrivare con poche cose, con lo spirito essenziale del militare, ma con il cuore grande e servizievole del prete e del padre”.
L’amicizia con il Vescovo di Chişinău Durante l’iniziale permanenza a Chişinău, in Moldova, padre Victor decide di rimettere in ordine il luogo dove sono sepolti i genitori, quasi a voler riportare in vita una storia passata e ricominciare dalla comunità dove aveva maturato il desiderio di essere prete.
Scorrendo fra le mani alcune foto che lo ritraggono militare ed altre che lo vedono celebrare l’Eucaristia, padre Victor ammette con commozione che nella vita di fede bisogna lasciarsi stupire da Dio: "tutto avrei pensato, meno di poter diventare prete. Ma è vero, Dio ascolta la preghiera del povero. La mia preghiera! Adesso ritorno dal Vescovo di Odessa, al quale presenterò la mia umile richiesta di fare rientro nella terra della mia famiglia e, se il buon Dio vorrà, raccoglierò le mie poche cose - prosegue il sacerdote - per tornare a casa, a Slobozia-Rascov, e come il vecchio Simeone poter dire ‘ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace’. Qui so che mi attende il buon Vescovo Anton Cosa, al quale ho consegnato la mia storia e lui, con la saggezza del pastore, saprà affidare a questo prete, nonostante la sua età, un angolo per continuare ad essere un buon padre”.
Cesare Lodeserto, Chişinău - Vatican News
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