Accettare un Natale diverso
Significa evitare che una terza ondata ci privi della possibilità di passare un altro Natale con i nostri cari
Non è tanto o solo una questione di vacanze, divertimento, regali o brindisi. Le feste di Natale sono anche e soprattutto un pezzo della nostra storia e della nostra identità, qualcosa che ci rammenta da dove veniamo e chi siamo. Ci sono ricordi che tutte e tutti ci portiamo dentro sin dall' infanzia: l' albero addobbato o il presepe, le lucine colorate o le coccole dei nonni, la calza della Befana o i fuochi d' artificio; ci sono anni in cui la memoria è appannata dal dolore di una perdita o di un fallimento; ma ce ne sono tanti altri in cui, invece, quelle ore passate ad aspettare la nascita di Gesù bambino o il cenone ci hanno sorpresi pieni di speranze, pronti a correre verso il futuro circondati dall' affetto e dalla presenza delle persone più care. Il Natale è uno di quei momenti in cui ci si ritrova in famiglia, e poco importa il tipo di famiglia, poco importa che si tratti di una di quelle tradizionali o di una famiglia arcobaleno, di una famiglia monoparentale o di una allargata; importa persino poco se i nostri genitori, i nostri nonni, i nostri figli o noi stessi siamo cattolici oppure atei. Ci si ritrova in famiglia e, anche solo per poche ore, si riescono a mettere tra parentesi fragilità e tristezze, solitudine e routine.
Il Natale è uno di quei riti - forse il più importante - che permettono non solo di rafforzare il sentimento di solidarietà tra i componenti di una comunità, ma anche di esprimere e rielaborare emozioni e conflitti non risolti. Come scrisse nel 1951 l' antropologo neozelandese Raymond Firth: "Il rito può essere definito come un tipo di attività strutturata, di natura eminentemente simbolica e con un referente non empirico, come una regola sancita socialmente". Che poi significa - per dirla con parole più semplici - che un rito come quello natalizio consiste a "dire" e "fare" parole e gesti che, riproducendosi anno dopo anno, ci permettono di trovare un' ancora di salvataggio anche quando siamo travolti dall' incertezza. Il Natale è così importante per tante persone proprio perché consolida la nostra identità personale e familiare, sociale e comunitaria, senza che il passare inesorabile del tempo distrugga quel nucleo essenziale attorno al quale ruotano le nostre scelte, modificando costantemente chi siamo e ciò che desideriamo.
Ogni essere umano, d' altronde, ha un percorso storico complesso. E quando entriamo in relazione con gli altri, lo facciamo sempre a partire dalla nostra interiorità affettiva. Anche se, come direbbe Hegel, l' astuzia della ragione consiste nel farci credere che sappiamo sempre, dall' inizio alla fine, ciò che vogliamo, esiste infatti un' opacità strutturale del nostro desiderio che talvolta ci impedisce di sapere davvero quello che auspichiamo. Il problema della vita è un problema di orientamento. È per questo che il Natale è molto più che una semplice e banale abitudine. È un rituale che ci aiuta a ritrovarci e senza il quale le nostre fragilità rischiano di esasperarsi. Cosa vera per tutte e tutti, e non solo per le persone anziane. Visto che tutti e tutte sentiamo il bisogno di "dire" e "fare" quelle parole e quei gesti che ci ricordano da dove veniamo e verso dove ci dirigiamo. Sebbene questo Natale sia diverso dagli altri, e far finta di nulla significherebbe ferire tutti coloro che hanno perso un genitore o un amico, e non mostrare alcuna compassione per chi, in queste ore, è tra la vita e la morte in un reparto di terapia intensiva, o per chi, negli ospedali, queste persone le accompagna e le cura ormai da mesi.
Accettare le necessarie misure di restrizione, d' altronde, non significhi negare l' importanza fondamentale del corpo-a-corpo affettivo che si vive in famiglia durante il Natale, ma evitare che un' eventuale e disastrosa terza ondata ci privi della possibilità di vivere di nuovo il Natale proprio con le persone a noi più care. (Repubblica)
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