Uccidere una donna è più grave che uccidere un uomo?
Spett.le Redazione, signor Fausto
Belia,
mi riferisco all’articolo “Femminicidio
e le colpe della società”
uscito sul numero di marzo. Il
femminismo odierno imperante,
nella confusione e negazione attuale
delle differenze di genere,
porta a chiedere pene esemplari
per difendere le donne, (giusto
difenderle), e creando una assurdità
palese, uccidere una donna
sarebbe più grave che uccidere
un poliziotto, un medico, se uomini,
o chiunque altro. La levata
di scudi contro gli uomini che
ferocemente uccidono le donne,
uccisioni e violenze ovviamente
esecrabili e da prevenire ed evitare
se possibile, e da punire severamente
se verificatesi, appare
stridere alquanto nei tempi attuali
nei quali noi viviamo, quando
le donne abortiscono con il permesso
della legge, con il riconoscimento
legale di un diritto (!!!).
Sento dire che almeno un terzo
delle donne ha subito violenza da
un uomo. Ma chi fa le statistiche?
E cosa si mette in queste statistiche
e cosa si esclude dalle stesse?
Insomma la rivolta contro le violenze
è legittima e doverosa. L’attuale
moda “femminista” (come
definirla?) mi pare inadeguata.
Nella società degli aborti, nella
società che chiede di parificare le
unioni omosessuale alle unioni
eterosessuali, ci manca solo che si
stabiliscano pene più severe a chi
uccide una donna e meno severe
a chi uccide un uomo, e che pene dare a chi uccide un bambino? Mi
auguro che il coro attuale rientri
in un più equilibrato giudizio.
Cordialità,
Maurizio (MO)
Carissimo Maurizio,
innanzitutto grazie per la tua e-mail.
Ti rispondo con le parole del dott. Belia.
«Gentile lettore, oggi, 14 maggio,
mentre sto rispondendo alla sua cortese
lettera, il Corriere della Sera ha in prima pagina, taglio basso, il titolo
“Rosaria, la miss in fin di vita per le
botte del suo fidanzato”. Lei ha ragione
su un punto: non bisogna far parte
di un coro – qualsiasi coro, se mi permette
– perché ciò impedisce di leggere
correttamente la realtà. Nel 2012 sono
state 124 le donne uccise in Italia e 47
ferite: il 60% di questi casi è avvenuto
all’interno di una relazione fra la
vittima e il suo carnefice. I dati sono
stati diffusi da associazioni e organizzazioni,
incrociando notizie e fatti di
cronaca, perché finora – data la ”novità”
del fenomeno femminicidio –
mancano statistiche ministeriali. Nel
2006, invece, prima che il fenomeno
assumesse tali dimensioni, l’Istat certificava
che 14 milioni di donne erano
state oggetto di violenza fisica, sessuale
o psicologica e che il 69,7% degli stupri
era responsabilità dal partner. La
violenza sulle donne, fino ad arrivare
al femminicidio, è ormai un fenomeno
diffuso e inquietante, gentile lettore,
come indica una recente sentenza della
magistratura francese. Il 23 marzo
2012 la corte d’assise di Douai, nel
nord della Francia, ha assolto una
donna di 32 anni, che aveva ucciso a
coltellate il marito, alcolista e violento,
che per anni l’aveva maltrattata.
Era stato lo stesso pm a chiedere l’assoluzione,
rivolgendosi alla donna con
queste parole: “Lei non ha nulla a che
fare in questa corte d’assise. Questo
processo va al di là di lei, perché sullo
sfondo ci sono tutte quelle donne che
vivono tutto quello che lei ha vissuto...
il rumore di quei passi che salgono le
scale e che ci fanno capire ogni sera
che quando lui rientra dal lavoro il
pericolo entra in casa”».
Un caro saluto di pace e bene
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