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Una nuova quaresima di San Martino

Felice Accrocca
Pubblicato il 30-11--0001



Francesco “celebrava con ineffabile premura il Natale del Bambino Gesù, e chiamava festa delle feste il giorno in cui Dio, fatto piccolo infante, aveva succhiato ad un seno umano”. E al Natale si preparava intensamente, tanto da stabilire – nella Regola – un digiuno per i frati dalla festa di Tutti i Santi fino alla Natività del Signore: è la cosiddetta quaresima di san Martino, che il Santo osservava regolarmente, spesso trattando duramente il proprio corpo. Sappiamo che una volta – per fare quella quaresima – si fermò nell'eremo di Poggio Bustone.
Ormai le sue condizioni di salute erano precarie: per lungo tempo, infatti, “fu malato di fegato, di milza e di stomaco. Inoltre, al tempo in cui si recò oltremare per predicare al sultano di Babilonia e d'Egitto, contrasse una gravissima malattia agli occhi. Non si preoccupava però di farsi curare e ciò per il fervore di spirito che fin dalla conversione portava a Cristo”. Ora, poiché l'olio risultava nocivo al suo corpo, i fratelli gli condirono i cibi con il lardo. All'epoca, però, nei tempi di digiuno era escluso dai condimenti tutto ciò che non fosse olio: Francesco ritenne dunque di aver usato dei riguardi superflui verso il proprio corpo, e soprattutto di aver in qualche modo ingannato la gente che lo credeva sottoposto a dura penitenza. I santi sono fatti così!
Per questo, una volta terminata quella quaresima, non esitò a rivolgersi alla folla che si era riunita non lontano dall'eremo, mettendo subito le cose in chiaro: “Voi siete venuti da me con grande devozione – disse – e credete che io sia un santo uomo, ma io confesso a Dio e a voi che, durante questa quaresima, in quell'eremo ho mangiato cibi conditi con lardo”. Si era ormai vicini al Natale, e meno che mai egli voleva sentirsi ipocrita: sì, perché quel digiuno doveva prepararlo a vivere con più intensità la festa che si avvicinava, da lui ritenuta la festa delle feste.
Non c'era allora lo sfavillio di mille luci, ma c'era tutta una ritualità (rimasta invariata per secoli, fino a qualche decennio fa), che scandiva rigorosamente il tempo di Avvento, e che non era solo poesia, ma il consumarsi poetico di un'esistenza che trovava nella fede la sua ragione suprema. Un ‘mondo piccolo' che ricercava le sue ragioni di vita in un ordine altro, divino; un mondo non ancora dominato dalla legge dell'apparire. In quel mondo, Francesco si sforzava di andare oltre, tutto pensando e tutto facendo ispirato dalla fede.
Perché non tentare di riscoprire anche noi le ragioni di quell'antica saggezza? Perché non tentare di vivere una nostra quaresima di San Martino, digiunando da letture e programmi televisivi spesso insulsi e che pure hanno il potere di catturarci? Perché non cercare un po' di silenzio dove parlare con Dio, per poter poi parlare di Dio con più senno e motivazioni? È una sfida quella che Francesco ci lancia...

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