francescanesimo

San Francesco, povero tra i poveri

Antonio Tarallo Archivio Fotografico Sacro Convento Assisi
Pubblicato il 21-11-2022

Spogliarsi, degli abiti e di tutto

Spogliarsi, degli abiti e di tutto; spogliarsi del passato e di sé stesso, soprattutto; divenire povero fra i poveri: è San Francesco d’Assisi. Non è un caso, allora, che fra i vari appellativi coniati per lui vi sia quello di “Poverello d’Assisi”: poverello ma ricco di Cristo, di Dio e della Vergine Maria, una ricchezza che non si conteggia, che non si può mettere sulla bilancia. L’immaginario collettivo è colmo di fotogrammi di Francesco che in quel spogliarsi diventa figlio della povertà, fratello di sorella povertà, sposo di “Madonna povertà” come egli stesso la definirà: fra le tante, oltre all’immagine “cult” di Giotto nella basilica superiore di Assisi, non è possibile dimenticare quella “dipinta” da Franco Zeffirelli nel suo “Fratello sole, sorella luna”; il santo d’Assisi, di fronte al padre Bernardone e al vescovo della città umbra, diviene nudo di tutto, così come la nuda terra.

Ma la terra, lo sappiamo bene, produce frutti e piante, verdeggia e risplende sotto il sole, anch’esso nudo, eppure così bello e splendente in maniera unica ed eccezionale. “Ma perch’io non proceda troppo chiuso, / Francesco e Povertà per questi amanti / Prendi oramai nel mio parlar diffuso” così descrive Dante, nel XI canto del Paradiso, questo legame indissolubile tra Francesco e la povertà. Spogliarsi per San Francesco è poter essere “vuoto” per essere colmato dalla Grazia di Dio, dono celeste che ardentemente desidera e che chiede a Dio-Abbà-Padre.

“I frati non si approprino di nulla, né casa, né luogo, né alcuna altra cosa. E come pellegrini e forestieri in questo mondo, servendo al Signore in povertà ed umiltà, vadano per l’elemosina con fiducia. Né devono vergognarsi, perché il Signore si è fatto povero per noi in questo mondo. Questa è la sublimità dell’altissima povertà quella che ha costituito voi, fratelli miei carissimi, eredi e re del regno dei cieli, vi ha fatto poveri di cose e ricchi di virtù”, così è scritto nella Regola bollata (del 1223) dell’Ordine al capitolo VI, che ha titolo “Che i frati di niente si appropino, e del chiedere l’elemosina e dei frati infermi”.

San Francesco conosce bene cosa vuol dire, dunque, essere povero perché sperimenta egli stesso questo stato, ogni giorno della sua vita. Sa di cosa ha bisogno un povero, provando lui stesso la povertà. Ma lui, lo fa per scelta, lo decide: importante ricordarlo. Altra cosa, invece, chi si trova in questa condizione di precarietà di viveri, di vestiario e altro. E davanti a ciò qual è il suo atteggiamento? Anche in questa occasione, prende altra decisione: andare incontro a loro, e condividere con i poveri quel poco che ha. Lui, imitatore di Cristo, sa bene la ricchezza della condivisione: Cristo è per lui il modello; lo stesso Gesù che all’ultima cena condivide con i suoi discepoli il Pane della Vita, tutto sé stesso.

In una tavola dipinta nella metà del XV secolo circa, Domenico di Bartolomeo (detto Domenico Veneziano) immortala il santo d’Assisi durante il suo “matrimonio con madonna Povertà”, questo è il titolo dell’opera: Francesco, con lo sguardo rivolto alle mani di madonna Povertà, pone l’anello del mistico sposalizio al suo dito; la donna che incarna la Povertà ha un sorriso lieve e ha tutto l'atteggiamento di chi sente onorata dell’amore di Francesco d’Assisi. Ciò che risalta è questa corrispondenza d’amore fra i due: è l’Amore per Dio che li unisce, quell’Amore che per Francesco d’Assisi vuol dire essere accanto ai poveri, ai fratelli bisognosi, ha chi “ha fame e sete”.

La scena è contornata da un color oro luccicante sullo sfondo; “oro” perché la condivisione è sempre preziosa.

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