San Francesco, l’Alter Christus delle Stimmate
Il primo cristiano a ricevere le stimamte
In un bosco ombroso, tra alberi, luci del cielo colte al crepuscolo, San Francesco riceve le stimmate da un'apparizione luminosa del crocifisso. Sembra una fotografia su tela; un attimo in cui tutto si ferma e dà spazio alla potenza di Dio: è l’opera di Tiziano, dal titolo “Stimmate di San Francesco”, conservata a Trapani, nel Museo regionale Agostino Pepoli. La scena delle Stimmate: evocarla, impresa alquanto ardua; e, un po’ tutti - davanti a questo mirabile evento - non possiamo non pronunciare la famosa frase: “Se ci fossi stato anche io!”. Non possiamo nasconderlo: dopo aver letto i racconti di questa espressione della potenza di Dio nella vita del Poverello, siamo pervasi da questa domanda che quasi ricorda l’incredulità di San Tommaso, anche se sicuri dell’avvenimento.
Troppo immenso il mistero che vi è dietro: Francesco, in quel bosco de La Verna, che viene trafitto dai “dardi” di Cristo crocifisso. Eppure le parole di San Bonaventura da Bagnoregio della sua “Leggenda Maggiore”, sono chiare: “Un mattino, all'appressarsi della festa dell'Esaltazione della santa Croce, mentre pregava sul fianco del monte, vide la figura come di un serafino, con sei ali tanto luminose quanto infocate, discendere dalla sublimità dei cieli: esso, con rapidissimo volo, tenendosi librato nell'aria, giunse vicino all'uomo di Dio, e allora apparve tra le sue ali l'effige di un uomo crocifisso, che aveva mani e piedi stesi e confitti sulla croce. Due ali si alzavano sopra il suo capo, due si stendevano a volare e due velavano tutto il corpo. A quella vista si stupì fortemente, mentre gioia e tristezza gli inondavano il cuore. Provava letizia per l'atteggiamento gentile, con il quale si vedeva guardato da Cristo, sotto la figura del serafino”.
Nello scritto sopra citato, si fa riferimento all’Esaltazione della Croce, festa da poco celebrata. Il legame con il simbolo del Cristianesimo per eccellenza sembra naturale: “Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Difatti io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo”, scrive San Paolo nella sua Lettera ai Galati.
Nella storia della Chiesa, il primo cristiano ad essere segnato dalle impronte della Passione del Signore nel suo corpo, è frate Francesco. Gli resteranno impresse fino alla morte, avvenuta la sera del 3 ottobre 1226 a Santa Maria degli Angeli. E così, lui che aveva voluto in tutto farsi simile a Cristo per la sua radicale scelta di vita evangelica, ne diventò anche fisicamente il riflesso vivente, il ritratto visibile: l’alter Christus.
Alter Christus: altro Cristo, questa è la traduzione letterale del termine. Se prendiamo in esame la parola Christus, che sta ad indicare - ovviamente - Gesù Cristo, non possiamo però dimenticarci che “Kristós” in greco ha come significato di “unto” dal Padre-Dio. Sintesi: in questo termine, vi è - dunque - il “tema” dell’elezione, di una scelta da parte di Dio. E come Dio ha scelto, “unto” Gesù, così Dio ha scelto il frate di Assisi.
Lì, in quel “crudo sasso intra Tevero e Arno, da Cristo prese l’ultimo sigillo, che le sue membra due anni portarono”, così Dante ci narra nell’undicesimo canto del Paradiso. Il corpo, le “membra” (esprimono ancor meglio il concetto) di San Francesco divengono, così, “mappa evidente” di un “qualcosa” che va aldilà del corpo: un ossimoro che solo nel Poverello poteva vivere. Corpo e divino, insieme, vivono in lui, proprio come Cristo stesso: Francesco, davvero, ha rappresentato l'Alter Christus.
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