QUEL GIORNO. COMPLETAMENTE LIBERO
Dappertutto quel giorno nella piazza c’era vento, e non portava buone notizie. Agitava i cuori discordi, e gli occhi erano fissi a scrutare gli animi. Il padre Pietro non sopportava più le stravaganze di quel figlio che lo stava rendendo lo zimbello di Assisi. Era appena tornato dalle Fiandre, e davvero, davvero quella volta Francesco aveva superato il segno. Era l’ennesima volta che lo faceva. Aveva di nuovo sperperato i suoi soldi per darli ai preti. Ma non nel giusto, dando a chi di dovere le offerte che ci raccomandano ai santi e che ogni buon cittadino ogni tanto deve fare per rendere giustizia ed equilibrio. No. Senza giustizia. Senza equilibrio. Tutto.
Francesco dilapidava tutto.
I soldi.
Sono importanti.
Ti rendono importante.
Se spendi tutto, diventi niente.
E se per tracotanza cerchi di avere tutto, o come i pazzi dissipi, e non ti resta nulla, e il nulla è spaventoso e non trova asilo da nessuna parte, il nulla è la cosa più spaventosa che c’è e per questo bisogna darsi da fare da allontanare, e Pietro di Bernardone era una vita che si dava da fare per lui e la sua famiglia che erano tutto il suo bene, e che come chiunque voleva vedere crescere e fortificare.
Angelo era il figlio che lo seguiva docile.
Francesco, il primogenito, il prediletto: un enigma che non riusciva più a sostenere.
Un pazzo.
Voleva vendetta, Pietro.
La voleva con le lacrime agli occhi, con il cuore che esplodeva.
Quel figlio gli sfuggiva dalle mani.
Quando un figlio non è più un figlio…
Per questo lo aveva denunciato.
Che fosse la legge a decidere.
La piazza era piena.
Il padre offeso a morte, il figlio degenere.
Uno spettacolo unico, per il popolo.
Da una parte Pietro, dall’altra Francesco.
In mezzo, il tribunale ecclesiastico.
C’era qualcosa d’antico in quel padre e in quel figlio che si fronteggiavano. C’era qualcosa di trascendente e assoluto eppure lì, un pomeriggio qualunque ma che si sarebbe ripercosso nei secoli.
Francesco era piccolo, tutto scuro come un corvo, i capelli neri e corti, arruffati, senza nessuna cura lasciati cadere sul volto. Era basso di statura, asciutto. Il suo fisico nervoso lo faceva apparire come sempre sul punto di scattare, pronto alla fuga, e allo stesso tempo era sempre presente, dimesso e fiero, e c’era nei suoi occhi scuri, profondi, qualcosa che colpiva profondamente, un lampo ineffabile che conquistava e turbava chiunque.
Il vescovo lesse i capi d’accusa.
Pietro accusava Francesco di avere sperperato i soldi di famiglia, i suoi soldi, per darli ai preti, senza autorizzazione e quindi rubandoli. Rubandoli al padre. A lui. Li rivoleva indietro, tutti, quei soldi. Francesco era un ladro. Francesco lo aveva svergognato. Francesco era la delusione della sua vita, il suo tormento.
Francesco, quel giorno, indossava l’abito normale di un anonimo servo.
Nelle mani, teneva ripiegati, i suoi vestiti lussuosi di un tempo.
“Ecco, sono tuoi. Te li dovevo, e ora te li ridò”, disse Francesco.
Pietro era sconvolto. Non riusciva a dire nulla. Il suo volto era rosso, le lacrime gli scorrevano sulle guance. Avrebbe voluto morire. Avrebbe voluto ucciderlo, quel figlio. Di nuovo. Di nuovo e ancora. Che non fosse mai nato.
La stoffa preziosa nella polvere.
Francesco la lasciò lì.
Poi consegnò direttamente nelle mani del padre un astuccio di pelle che conteneva tutte le monete che al padre doveva.
“Eccola, la tua ricchezza”.
“Tu sei pazzo!”
“Conta, conta le monete, sono tutte”.
“Figlio, tu mi stai uccidendo”
“Ma tu non sei più mio padre”.
“E chi è allora, tuo padre?”
“Non tu”.
“Chi è, tuo padre? Dimmelo… Dimmi di chi sei figlio” …
Lo sguardo di Francesco lo trapassava.
La folla tratteneva il respiro.
Pietro tremava di rabbia.
Di fronte uno all’altro, Pietro e Francesco apparivano ora due titani, immensi, e subito dopo, per ottico effetto d’umana incostanza, sembravano piccoli, i protagonisti irrisori di una delle tante tragedie famigliari di cui il mondo ogni giorno s’intesse malato d’incomprensione, malato di mondo, insofferente d’amore.
Francesco si tolse tutti i vestiti.
Si calò le braghe.
Nudo.
Completamente nudo.
Libero.
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