Piras: Vicinanza e condivisione
L’impegno dell’OFS è provare a dare nuova forma alle relazioni fraterne con tutti
La pandemia ha aggravato situazioni di disagio che già si stavano producendo a causa della grave crisi economica che da tempo è in atto. Come ci dice Luca Piras Ministro Generale OFS, il virus ha fatto emergere anche un altro tipo di povertà: di relazioni e di condivisione. È importante, e necessario, mettere in pratica la fraternità presentata nel Vangelo.
Il 12 novembre papa Francesco ad Assisi per incontrare oltre 500 poveri. L'evento è a pochi giorni dalla ricorrenza di Santa Elisabetta d'Ungheria, ha un significato particolare?
Come francescani secolari ci sentiamo continuamente interrogati dalle parole, ma soprattutto dagli atti concreti, di papa Francesco. Si potrebbe dire che da parte sua sia più semplice agire. In realtà prima di lui, e prima di noi, ci sono state tante persone che anche in condizioni non semplici hanno agito in conformità al Vangelo, mettendo al primo posto gli ultimi. Elisabetta d’Ungheria, nostra patrona, è stata una di queste. Ha assunto una posizione scomoda fino al punto di essere in un certo senso martire, ma testimoniando il fatto che l’adesione al Vangelo non richiede mezze misure quanto azioni date da scelte coraggiose. Certo quindi che la nuova azione di papa Francesco ci obbliga a fare memoria e verificare la nostra vocazione. Perché Santa Elisabetta, come tutti i santi, non sia una persona da ammirare, quanto piuttosto da imitare nelle strade di ogni giorno.
In Italia a causa della pandemia è aumentato il numero di poveri. Alcuni li definiscono i nuovi poveri: persone e famiglie che inaspettatamente si sono ritrovate senza lavoro e senza cibo. Come sta cambiando la nostra vita?
La pandemia ha generato, o forse semplicemente messo in evidenza, tante povertà. Certamente il fatto che il Covid ci abbia costretto a stare chiusi in casa, dal punto di vista economico ha penalizzato chi non aveva la “copertura”, ma ancora di più chi era costretto, pur di sopravvivere, ad accettare condizioni di miseria sociale. È evidente che una società che si basa quasi esclusivamente sul profitto e sul consumo escluda necessariamente tante persone. Purtroppo però l’aspetto economico non è il solo elemento di povertà di questo tempo. La pandemia ha messo in evidenza la povertà di relazioni e di condivisione. Già da tempo ormai la spinta del mercato ci stava portando a vivere come isole. La pandemia ha rafforzato chi crede ancora nelle relazioni e nei valori della fraterni, ma ha fortemente indebolito chi invece questa dimensione non l’ha ancora sperimentata oppure ha scelto altre vie. È chiaro che nel momento in cui non ci si sente più responsabili delle persone che ci stanno accanto, il momento della difficoltà, sia essa economica o di altro genere, diventa ancor più difficile da affrontare. L’impegno dell’OFS in questo senso è quello di provare a dare nuova forma alle relazioni fraterne con tutti, specialmente all’esterno dell’OFS stesso.
Quali sono le iniziative dell'OFS nei confronti degli ultimi, dei poveri e degli emarginati?
In tutta Italia sono tante le iniziative lodevoli di vicinanza agli ultimi. Purtroppo non le posso conoscere e nominare tutte perché l’Italia in questo senso è davvero tanto generosa e molteplici sono le situazioni che in ciascuna realtà locale vengono vissute. È molto bello, non in senso sentimentale, vedere quanto in tutto il nostro Paese si cerchi di mettere in pratica la proposta del Vangelo da incarnare nella fraternità. La vera sfida di oggi è quella di riconoscere chi sia il vero povero da avvicinare e a cui stare accanto. Paradossalmente è più semplice, anche da affiancare, la difficoltà economica, molto più difficile è osservare e accompagnare la povertà che sta dentro le famiglie, dentro i cuori, dentro le case, talvolta anche più vicine. Questo presuppone un cuore disposto a mettersi in gioco fino in fondo, fino a rischiare di non essere più padroni del proprio tempo e quindi della propria intimità. Come OFS d’Italia invece in questi anni abbiamo avuto la possibilità di stare accanto a situazioni e persone, con le quali – a partire da una vicinanza economica – ci è stata la possibilità di condividere una storia e per questo l’aiuto non è più stato una parentesi ma un pezzo di strada percorso insieme e che spesso dura ancora.
La Chiesa e i cattolici stanno facendo abbastanza per i poveri?
Non lo so se si faccia abbastanza. Io credo che la chiesa, un po’ anche come l’OFS, debba un po’ destrutturarsi per tornare a condividere il Vangelo in maniera semplice e gioiosa. In realtà Gesù Cristo ci ha chiesto di amarci come lui ci ha amato; è quello che lui ha fatto è stato di dare la vita per ciascuno. Ecco perché penso che dovremo tornare a testimoniare Gesù in maniera semplice, a testimoniare che davvero si può essere fratelli. Mi pare invece che talvolta si impieghino più tempo ed energie per “curare” la struttura e meno le persone. Non è sempre così ovviamente, però penso davvero che l’accoglienza a l’Amore possano portare frutto più del giudizio e dei recinti a numero chiuso, che invece rischiano di allontanare. (Rivista San Francesco - clicca qui per scoprire come abbonarti)
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