francescanesimo

Le vocazioni di due giovani cappuccini

Gelsomino Del Guercio Patriarcato di Venezia
Pubblicato il 15-11-2022

I frati Fabio Burla e Luca Savoldelli

II patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, ha ordinato quattro nuovi diaconi, in vista della successiva ordinazione presbiterale, tra cui due frati cappuccini. Si tratta dei frati Fabio Burla e Luca Savoldelli dei frati Minori Cappuccini. Le loro sono due storie di vocazione per certi versi “opposte”. Per Fra Luca non è stato un percorso semplice; per fra Fabio, è stato, invece, uno sbocco più naturale.

“NON HO AVUTO IL CORAGGIO”
Fra Luca Savoldelli viene dalla provincia di Bergamo, classe 1990. «Non ho avuto il coraggio di dire subito ai miei che sarei entrato in convento. Lo hanno saputo solo due mesi prima. Dall’età di 16 anni lavoravo come metalmeccanico, poi ho completato gli studi alle serali come dirigente di comunità».

“ATTRATTO DA FRANCESCO”
Fra Fabio Burla è invece del 1983 e viene da Verona: «Mi sento bene, contento di essere chiamato al sacerdozio. Mi rendo conto che è un dono e che di mio non c’è proprio niente. Sono diventato cappuccino perché attratto dalla vita di san Francesco: una vita di povertà, umiltà e preghiera».

LE SETTE OPERE SPIRITUALI
Nella sua omelia, scrive Agensir, il patriarca ha esortato i candidati a meditare sul ministero che stavano ricevendo: “Carissimi oggi voi entrate in un ‘servizio’ che unisce la carità dell’altare alla carità materiale. Per un diacono è necessaria la pratica di tutte le opere di misericordia: le sette opere ‘spirituali’ (consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti) e le sette opere ‘materiali’ (dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti).

Tali opere si richiamano l’un l’altra e, quindi, il prendersi cura dell’uomo concreto e della comunità a cui si è inviati per un diacono vuol dire testimoniare la carità di Cristo, la Divina Misericordia, a 360 gradi”.

“NON PER IL SACERDOZIO”
Il diaconato è uno dei “gradi” del sacramento dell’ordine (gli altri sono il presbiterato e l’episcopato); ai diaconi, spiega il Catechismo della Chiesa cattolica, sono imposte le mani dal vescovo “non per il sacerdozio, ma per il servizio”.

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