Le mani di San Francesco
Continua il viaggio alla scoperta dell’ anatomia del santo d’Assisi
Carta geografica dei segni di Cristo, le mani di San Francesco. Segni che conducono ad altri segni, quasi come una matrioska. La mano,“parte terminale dell’arto superiore, dotata soprattutto di capacità prensili e tattili, la cui complessità anatomo-funzionale la rende atta ai lavori più fini e complessi”. Così l'enciclopedia Treccani ci descrive quello che potrebbe definirsi strumento di tante nostre azioni. Con le mani, si scrive, si accarezza, si offre e si prende, si costruisce, ci si alza quando si è caduti. Quante azioni in quella piccola parte del nostro corpo. Un operaio di fabbrica lo sa bene. San Francesco è operaio di una fabbrica particolare, quella del Signore. Del Cielo.
Utilizzava le mani, con tutto sé stesso. I primi momenti in cui avviene ciò? Semplice: la ricostruzione della chiesa di San Damiano. San Francesco si sporca le mani. Non pensava minimamente che in quel “Va’ ripara la mia casa” ci fosse dietro il desiderio del Signore - o meglio la missione che gli stava affidando - di riparare la Chiesa intera. No, lui pensa a qualcosa di più pragmatico: riparare con i mattoni la chiesetta sperduta, dimenticata dove quel Crocifisso gli parlò. E, allora, con le mani si inventa architetto, operaio. Usa le mani in quel frangente per costruire qualcosa di più grande di lui, a sua insaputa. Stava costruendo un Ordine religioso che - a distanza di secoli - ancora oggi è presente in tutto il mondo e che, a sua volta, opera con le proprie mani che stende ai bisognosi.
Francesco d’Assisi - lo sappiamo bene - voleva ripercorrere la vita povera di Cristo. Come lui le sue mani si sono aperte all’accoglienza e all’aiuto dei più bisognosi. E poi c’era l’altra missione da compiere: portare l’annuncio di Cristo che diveniva, appunto grazie alle mani, azioni concrete: dare il pane, offrire da bere. A seguirlo si suoi amici, i suoi compagni fedeli che dormivano dove capitava, si vestivano di stracci e camminavano a piedi nudi. A loro proibì di chiedere denaro in elemosina, per non sottrarre la parte che spettava ai poveri. E allora di cosa poter vivere? Si “inventa” il lavoro: “Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano. Chi lavora con le sue mani e la sua testa ed il suo cuore è un artista”. Tutti i frati dovevano mantenersi lavorando con le proprie mani, aiutando i contadini nei campi. In cambio potevano accettare soltanto un po’ di cibo. Per San Francesco, il lavoro assume dunque un valore importante nell’avvicinamento a Dio e al prossimo. Un lavoro che si svolge con le mani, nude e semplici. Come quelle di Cristo.
Le mani, segno per lui, della vicinanza del Signore nella sua vita. Non è possibile non citare l’episodio delle stimmate, a La Verna. Un Serafino, di una bellezza inimmaginabile, lo guarda, in estasi ma al contempo, rimane atterrito nel vederlo in croce, nell’acerbo dolore della passione. Si alza, cerca quasi di sfiorarlo con le sue mani e queste, ecco essere trafitte dagli stessi segni dei chiodi che aveva appena visto in quel misterioso uomo crocifisso.
Le sue mani trafitte, nel centro, da chiodi, le cui teste erano visibili nel palmo delle mani. Si realizza per sempre quello che noi chiamiamo alter Christus. Il celebre monaco Thomas Merton, può così commentare: “L’aver Francesco ricevuto le Stimmate fu un segno divino che fra tutti i santi egli era il più somigliante a Cristo. Meglio di ogni altro era riuscito nell’opera di riprodurre nella sua vita la semplicità, la povertà e l’amore di Dio e degli uomini che caratterizzano la vita di Gesù”. E aveva riprodotto tutta quest’opera semplicemente con le mani. (Rivista San Francesco - clicca qui per scoprire come abbonarti)
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