La santità francescana nei secoli
Un cammino che ancora continua nel nostro oggi
Un’aureola e un saio. Anime di santità che hanno fatto grande l’Ordine di San Francesco e che nei diversi secoli hanno seguito le orme del Poverello d’Assisi, i passi di Cristo. E’ lunga la schiera di santi dell’ordine francescano, folta e tutta variegata. Santi dei primordi, dei primi anni in cui l’ordine si faceva spazio nel mondo, oppure santi che tra il ‘600 e l’800 hanno continuato, in maniera ostinata, a diffondere il messaggio di “pace e bene” in un mondo che si stava trasformando e che cominciava a non avere spazio - almeno così sembra - per l’Eternità. E poi, ci sono i santi del secolo scorso: tanti, tantissimi. Anche non religiosi. E’ il secolo della santità laica. Ma questi santi chi erano? Chi erano questi pionieri che hanno fatto della propria vita una testimonianza del Cristo morto e Risorto? La santità è fatta di piccoli gesti, molte volte nascosti agli uomini ma non certamente a Dio. La carità il comune denominatore di tutte queste figure che si sono alternate. La carità francescana che vuol dire spezzare il pane con i fratelli e condividerlo, così come Cristo all’ultima cena, così come il primo santo dell’Ordine, lui, San Francesco che ha voluto condividere tutto con tutti, divenendo un tutt’uno con il suo Maestro, Cristo.
Ma non c’è solo Francesco. Non c’è solo la bellissima Chiara. Chissà con l’aureola, tra l’altro, quanto è ancora più bella. Non ci sono solo i loro volti tra la santa folla d’aureole. Ci sono anche anonimi figure che, vive, hanno dato la loro vita per la comunità fraterna del mondo e che hanno annunciato la Buona Novella. Molti, anzi moltissimi, sono sconosciuti ai più, eppure anche loro fanno parte di questa immensa famiglia dal saio grezzo e sobrio, elegante e prezioso: è l’ossimoro della santità.
Ad esempio, un altro Francesco, lontano nei secoli dal primo, è Francesco Fogola, festeggiato assieme a San Gregorio Grassi. Nomi sconosciuti, è vero. Allora, cerchiamo di comprendere, in breve, la loro storia: “Nella città di Taiyuan nella provincia dello Shanxi, in Cina, passione dei santi Gregorio Grassi e Francesco Fogolla, vescovi dell'Oridine dei Frati Minori, e ventiquattro compagni, martiri, che durante la persecuzione dei seguiaci della setta dei Boxer furono uccisi in odio al nome di Cristo”, così si legge, sempre nel Martiologio Romano, alla data del 9 luglio. San Francesco Fogolla, nacque a Montereggio nella Lunigiana, il 4 ottobre 1839. San Francesco era già nel suo destino. Ma fu a Parma, dove la famiglia si trasferì nel 1852, che maturò la propria vocazione. Poi il viaggio in Oriente, nel 1866, a Shanxi. Visse in quella regione, popolata solamente da 1.500 cristiani, per ben sette anni. Nel 1877, diviene Vicario generale dello Shanxi. Nel 1900, scoppiò “la rivolta dei Boxer”, una ribellione sollevata in Cina da un grande numero di organizzazioni cinesi popolari, contro l'influenza straniera colonialista. Un funzionario di Pechino cercò di far abiurare Fogolla, che si oppose a tale insensato invito. Fu così che conobbe il martirio con la decapitazione che avvenne il 9 luglio 1900. Il sangue versato, divenuto sorgente di santità.
Il secolo passato, vicino ancora a noi, ha dato uno dei frutti di santità più famosi. Cerchiamo di alternare a figure misconosciute con quelle - invece - così fondamentali come quella di San Massimiliano Maria Kolbe, frate conventuale polacco, morto ad Auschwitz, il 14 agosto 1941, per offrire la sua vita al posto del padre di famiglia, Franciszek Gajowniczek. Noto, San Massimiliano, per la fondazione della Milizia dell’Immacolata, per il fervente amore per la Vergine Maria, per il suo spiccato fermento intellettuale, rappresenta – come dirà San Giovanni Paolo II, a cui dobbiamo la sua canonizzazione – la figura del martire “per eccellenza” del XX secolo, vittima del sistema totalitario nazista. Il secolo trascorso, infatti, ha visto diverse biografie di santi, confrontarsi con il martirio per via dei regimi sovietici o nazisti.
Anche le aureole al femminile non sono poche. Importante ricordare la famosa Santa Rosa da Viterbo che nel calendario viene festeggiata il 6 marzo. Ma non possiamo non annoverare anche la data del 3 settembre, data in cui l’intera città laziale di Viterbo, è impegnata nella famosissima manifestazione popolare della cosiddetta “Macchina di Santa Rosa”, un campanile illuminato (altezza di 28 metri e del peso di circa 50 quintali), sormontato dalla statua della santa per rievocare la traslazione del suo corpo. Santa Rosa, respinta dal convento di clarisse, per via delle sue cagionevoli condizioni di salute, si fece terziaria francescana. Sui 16-17 anni, chiese di entrare nel convento delle Clarisse, ma fu respinta a causa della sua salute precaria. Si fece allora terziaria francescana, seguendo la regola in famiglia. Dopo una miracolosa guarigione, si mise a percorrere Viterbo, annunciando il Vangelo. Al suo nome viene legata l’estenuante resistenza cattolica della città, che era stata sottomessa dall’imperatore Federico II. Viterbo ritornerà alla Chiesa, nel 1250.
Secondo le statistiche dell’ottavo centenario della Regola francescana (1209-2009), l’Ordine francescano ha dato alla Chiesa 197 santi e 353 beati, ufficialmente canonizzati e beatificati dalla Sede Apostolica. Tutti questi, della Famiglia serafica, vengono celebrati sì il primo novembre, assieme a tutti gli altri santi, ma è necessario precisare che a loro viene riservata una festa in particolare, che cade il 29 novembre, in memoria di quel 29 novembre 1223, quando Onorio III confermò solennemente la Regola di S. Francesco, già approvata verbalmente nel 1209 da Innocenzo III. “Facciamo l'elogio degli uomini illustri, dei nostri antenati secondo le loro generazione.Essi furono uomini virtuosi, i cui meriti non furono dimenticati”. Così recita la Liturgia “propria”, in quel giorno, nella prima lettura, dal Libro del Siracide. Questa folla oceanica di aureole, variopinta e santa, bisogna ricordare che comprende anche i cosiddetti “beati”: sono circa ben 353, numero considerevole. I nomi? Fra i primi: il Beato Egidio d’Assisi, che nasce appunto ad Assisi, nel 1190 circa. Fu il terzo “compagno” a seguire Francesco, dopo Bernardo di Quintavalle (anche lui, beato, che si festeggia il 10 luglio) e Pietro Cattani.
Santi, aureole e sai francescani. I santi sono persone come noi, semplici, senza orpello alcuno. Il grande tratto distintivo è stato (ed è tutt’ora, oggi) il “mettere in pratica” il Vangelo di Cristo, così come è stato scritto. Nessun santo - nella sua vita - avrà mai immaginato di diventarlo, santo. E, allora, chissà quale aureola si nasconde dietro l’angolo, camminando per strada o entrando in una chiesa? Il viaggio continua, perché la santità è infinita per numero e nei secoli. Così come l’ordine religioso di San Francesco d’Assisi.
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