La forza della Regola di San Francesco
Perché ha trasmesso, al suo tempo, una forza e una rivoluzione senza precedenti?
Conoscete la Regola di San Francesco d’Assisi? Perché ha trasmesso, al suo tempo, una forza e una rivoluzione senza precedenti? La regola, come ci ricorda Bonaventura, è una «forma-di-vita», l’insieme di una serie di passi tratti dal Vangelo per orientare la vita sua e quella dei frati, a cui si aderisce integralmente.
Non si vive attraverso la prescrizione della regola, ma nella regola. È la regola che misura la vita, che ne detta il tempo. Nella regola l’osservazione esteriore della legge diviene superflua, perché essa è incarnata nella perfezione dell’esempio.
Dalla ricchezza provengono le liti
Per scriverla, Francesco parte da una premessa: solo attraverso l’esempio positivo si può indurre qualcuno a cambiare, non attraverso l’esortazione della predica e la condanna del giudizio essere troppo duro da seguire, come gli faceva notare paternamente il vescovo Guido d’Assisi: «La vostra vita mi sembra dura e aspra perché non possedete nulla a questo mondo».
Il Poverello gli rispondeva così: «Signore, se avessimo dei beni, dovremmo disporre anche di armi per difenderli. È dalla ricchezza che provengono questioni e liti, e così sono impediti in molte maniere tanto l’amore di Dio quanto l’amore del prossimo. Perciò non vogliamo possedere alcun bene materiale in questo mondo».
Quindi la prima parola chiave con cui si presenta la Regola è “esemplarità“, che diventa povertà vera. Il francescano non ama prediche lunghe e noiose, ma lascia parlare, prima della sua bocca, la sua vita.
La perfezione è vivere in povertà
La rivoluzione del messaggio è questa: far parlare i fatti. «Povero non è il bisognoso, colui che manca-di, ma all’opposto, il teleios, il perfetto, colui che perfettamente imita il Figlio». In una parola, il cristiano. È l’avventura che Francesco desidera vivere, e trova espressione in alcuni capitoli di questa rivoluzionaria regola.
In un periodo storico in cui si cominciava a diffondere la moneta, in cui gli scambi commerciali aumentavano (lo stesso padre del Santo era un mercante in stoffe), e la ricchezza si concentrava nelle mani di pochi, Francesco e i suoi frati lavorano per servire gli altri, non per guadagnare o accumulare provviste.
La nascente comunità francescana, rinunciando a lavorare per guadagnare, comprende che sarà più libera di denunciare le ingiustizie di una società che si proclama cristiana.
Amare e nutrire il proprio fratello
La regola è un testo che si presenta ancor più esplosivo se pensiamo che erano proibite alcune attività, non perché non animate da onestà ma perché non evidenziavano l’attenzione ai bisogni degli altri.
La regola invita i frati a manifestare all’altro la propria necessità con fiducia e ciascuno è chiamato ad amare e nutrire il proprio fratello come la madre ama e nutre il proprio figlio; invita ad accogliere chiunque, con bontà, addirittura anche un brigante.
La Regola non bollata e la Regola bollata
La prima regola pervenuta sarà presentata all’adunanza dei frati nel 1221. Ma rimase senza approvazione (Regola non bollata) sia del papa Innocenzo III, sia della Curia (l’approverà soltanto Onorio III nel novembre 1223, Regola Bollata). Innocenzo III comunque acconsentirà oralmente alla predicazione francescana.
Articolo di padre Enzo Fortunato per Aleteia
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