francescanesimo

L'Eucarestia per San Francesco

Antonio Tarallo Caravaggio
Pubblicato il 20-06-2022

La festa del Corpo e del Sangue di Cristo

Corpus Domini, il corpo del Signore. Dice tutto questa festa: ci parla dell’importanza del dono dell'Eucaristia. Una festa che ci dice quanto il Cristianesimo sia concretezza, non filosofia “campata in aria”; non ideologia; nulla di più vicino a noi. Il corpo parla e Cristo parla attraverso il Suo Corpo. Lo sapeva bene San Francesco d’Assisi che - secondo il suo primo biografo, Tommaso da Celano - "ardeva di amore in tutte le fibre del suo essere verso il sacramento del Corpo del Signore". E sempre Tommaso da Celano, aggiunge, che il santo d’Assisi “si comunicava spesso e con tanta devozione da rendere devoti anche gli altri. Un giorno, poi, volle mandare i frati per il mondo "con pissidi preziose, perché riponessero in luogo il più degno possibile il prezzo della redenzione, ovunque lo vedessero conservato con poco decoro".

Rispetto per il Sacramento dell’Eucaristia, rispetto per il Corpo del Signore. Sono linee importanti della sua spiritualità. E, in fondo, non poteva essere diversamente, visto il suo profondo rapporto proprio con il corpo. È una visione, in fondo, tutta da scoprire e riscoprire questa del rapporto con il Signore Eucaristia. Sappiamo bene come, di solito, viene visto il santo Poverello. Naturale vedere in lui quella sensibilità e vicinanza ai poveri; lui, prima di tutto povero fra i poveri. Ma questo senso di uomo religioso che guardava al Corpus Domini con profonda venerazione e rispetto, dando immensa importanza a tutto ciò che “serve” per esporre il Santissimo, ci fa scoprire un San Francesco altissimo teologo, nella sua proverbiale semplicità.

Basterebbe citare la lettera al Capitolo generale (risalente, molto probabilmente a dopo il 1221, in cui troviamo una vera e propria "lode" alla Mensa del Signore: "L'umanità trepidi, l'universo intero tremi, e il cielo esulti, quando sull'altare, nelle mani del sacerdote, è il Cristo figlio di Dio vivo". San Francesco era più che consapevole della preziosità e regalità del dono dell'Eucarestia. Per questo, il Poverello (e usiamo non a caso questo appellativo) era più che chiaramente sicuro di quanto tutto l' "apparato" per l'Eucarestia, dovesse essere "degno" del tesoro spirituale della Comunione. Leggiamo cosa dice, in merito, Francesco:

"I calici, i corporali, gli ornamenti degli altari e tutto ciò che riguarda il Sacrificio devono essere preziosi. E se il Santissimo Corpo del Signore sarà collocato in modo miserevole in qualche luogo, secondo il precetto della Chiesa, sia posto da essi in un luogo prezioso e sia custodito e sia portato con grande venerazione e nel dovuto modo sia dato agli altri (...) E quando è consacrato dal sacerdote sull'altare ed è portato in qualche parte, tutti, in ginocchio, rendano lode, gloria e onore al Signore Dio vivo e vero".

Importante collocare queste parole nell’epoca che viveva il santo. Il panorama della Chiesa, ai tempi di Francesco, non era certamente edificante: sacerdoti che, per guadagnare con le messe, celebravano varie volte al giorno; altri, invece, abbandonavano il tabernacolo che diventava addirittura una tana per topi; chiese che non venivano curate, né per l’aspetto, né per la pulizia. A fronte di tutto questo, San Francesco, verso il 1222 intraprenderà una vera campagna di “riabilitazione” del Santissimo Sacramento. Nelle sue Raccomandazioni, ad esempio, rivolte a tutti i sacerdoti, scrive: "Badiamo, quanti siamo chierici, di evitare il grande peccato e l'ignoranza che certi hanno riguardo al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, ai santissimi nomi e alle parole di lui scritte, che consacrano il corpo. Sappiamo che non ci può essere il corpo, se prima non è consacrato dalla parola. Niente, infatti, abbiamo e vediamo corporalmente in questo mondo dello stesso Altissimo, se non il corpo e il sangue, i nomi e le parole mediante le quali fummo creati e redenti da morte a vita”.

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