francescanesimo

Il paradosso di Assisi: come il solitario Francesco fondò un impero spirituale

Gelsomino Del Guercio
Pubblicato il 08-07-2025

San Francesco d'Assisi, figura iconica della spiritualità cristiana, è universalmente riconosciuto per il suo amore radicale per la povertà, la natura e una profonda vita contemplativa, spesso trascorsa in eremi solitari. Eppure, proprio da questo uomo, apparentemente refrattario alle strutture e alla gestione, fiorì un Ordine religioso che in pochi anni si diffuse con una rapidità inaudita in ogni angolo del mondo conosciuto. Come riuscì un "contemplativo" a fondare e, almeno inizialmente, a gestire un movimento così vasto e complesso? Il segreto risiede in una sorta di paradosso fatto di carisma puro, intuizione evangelica e, in ultima analisi, un atto di fiducia e umiltà.

Dal sogno solitario alla fraternità universale

Inizialmente, Francesco non aveva alcuna intenzione di fondare un "Ordine" nel senso canonico del termine. Il suo desiderio era semplicemente vivere il Vangelo in totale povertà e minorità, seguendo le orme di Cristo. La sua Regola primitiva, brevissima, era essenzialmente una raccolta di passi evangelici. La sua vocazione era personale, un richiamo a una vita di penitenza e preghiera, spesso vissuta in luoghi isolati come il Carceri o le selve umbre.

Tuttavia, la radicalità e l'autenticità della sua scelta iniziarono ad attrarre altri. Come accadde con Bernardo di Quintavalle, Pietro Cattani e poi da altri, tutti desiderosi di condividere quel nuovo modo di vivere il Vangelo. Non fu Francesco a "reclutare", ma il suo esempio a "chiamare". La sua comunità crebbe in modo organico, quasi spontaneo, radunando uomini di ogni ceto sociale che vedevano in lui non un leader carismatico nel senso mondano, ma un fratello maggiore, un modello vivente dell'ideale evangelico.

La sfida della crescita e la gestione carismatica

La rapida espansione portò presto sfide inimmaginabili per un uomo abituato alla vita eremitica. Da una manciata di compagni, i "frati" (fratelli) divennero centinaia, poi migliaia. Come governare una comunità così eterogenea e diffusa senza una struttura burocratica o una gerarchia formale? Francesco non gestiva l'Ordine con la logica del potere o dell'amministrazione. Il suo stile era profondamente carismatico e relazionale.

Invece di impartire ordini, Francesco "mostrava" con la sua vita come si doveva vivere il Vangelo. La sua povertà, la sua gioia, la sua preghiera erano la vera Regola vivente.

Si considerava il "servo dei servi", ponendosi sempre al livello dei suoi frati, lavando loro i piedi, condividendo le fatiche. La sua autorità derivava non da un titolo, ma dal suo autentico desiderio di servire e guidare spiritualmente.

Le decisioni non erano prese con calcoli strategici, ma con una profonda fiducia nella guida divina e nella semplicità del Vangelo. Le "missioni" in tutto il mondo (come quella in Marocco o in Terra Santa) non erano il frutto di piani logistici complessi, ma risposte immediate all'impulso dello Spirito.

Le riunioni periodiche dei frati, i cosiddetti "Capitoli", erano momenti fondamentali non tanto di discussione amministrativa, quanto di rinnovamento spirituale, di condivisione di esperienze e di riaffermazione della comune vocazione. Qui Francesco dava indicazioni, ascoltava e, soprattutto, ispirava.

Il grande atto di umiltà: il ritiro e la delega

Tuttavia, la crescita esponenziale portò l'Ordine a un punto di non ritorno. Migliaia di frati significavano necessità organizzative che andavano oltre la spontaneità carismatica. La Chiesa stessa, che aveva approvato la Regola e riconosceva la forza del movimento, necessitava di una struttura più definita per integrarlo nella propria organizzazione.

Fu qui che Francesco compì forse il suo atto di maggiore umiltà e, per certi versi, la sua più grande rinuncia personale. Riconoscendo i propri limiti nella gestione di un'organizzazione così vasta, e forse anche la sua stanchezza fisica e spirituale, Francesco si ritirò dalla guida diretta dell'Ordine, delegando la gestione operativa prima a dei Vicari e poi, con la benedizione del Papa, ad altre figure. Egli rimase il punto di riferimento spirituale, il "padre" e l'ispiratore, ma la responsabilità amministrativa passò ad altri. Questo gesto, spesso interpretato come un "errore" da chi vede in esso un allontanamento dalla purezza originaria, fu in realtà un atto di profonda saggezza. Francesco comprese che la sua vocazione era quella di "mostrare" la via, non di amministrare. Lasciando ad altri il compito di strutturare, permise all'Ordine di sopravvivere e di prosperare, anche se questo comportò inevitabilmente delle modifiche all'ideale primitivo (come il permesso di possedere beni in comune per le chiese e i conventi, una decisione che tormentò Francesco).

L'Eredità Duratura

Il paradosso di San Francesco è che la sua stessa radicalità e la sua natura contemplativa furono la forza propulsiva che generò l'Ordine, ma anche il motivo per cui dovette poi affidarne la gestione a chi aveva maggiore attitudine per essa. Nonostante le inevitabili tensioni e scissioni che seguirono la sua morte riguardo all'interpretazione della Regola, l'Ordine Francescano continuò a diffondersi, portando il messaggio di pace, povertà e fraternità in ogni angolo del mondo.

 

Grazie per aver letto questo articolo. Per rimanere sempre aggiornato puoi iscriverti alla nostra newsletter cliccando qui

Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.

Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA