Il francescano Raimondo Lullo
Tutti conoscono, credo, la poderosa opera finora programmata in 6 volumi, La letteratura francescana, avviata dall’indimenticabile Claudio Leonardi e portata adesso egregiamente avanti da Francesco Santi con la collaborazione di Daniele Solvi. A pubblicarla è la Mondadori insieme con la Fondazione Lorenzo Valla; avviata nel 2004, è a tutt’oggi al volume V. La mistica, dedicato ad Angela da Foligno e a Raimondo Lullo, edito nel 2016; seguirà il VI. Gli spirituali.
Il V volume è particolarmente prezioso in quanto raccoglie due opere straordinarie e molto meno conosciute e amate di quanto dovrebbero. Alludo al Memoriale di Angela da Foligno e al Libro dell’Amico e dell’Amato di Raimondo Lullo, un testo straordinario e sconvolgente come lo furono la vita e l’esperienza di questo incredibile nobile catalano, Ramon Llull, nato verso il 1232, siniscalco di Giacomo II re di Maiorca e che nel 1263 – era sposato da sei anni e padre di due figli -, in seguito ad alcune visioni del Crocifisso ch’egli stesso ci ha narrato nella sua Vita coetanea, decise di abbandonare ogni cosa del mondo per dedicarsi alla conversione degli infedeli attraverso la predicazione. Viaggiò da allora instancabilmente per l’Europa, apprese a Maiorca l’arabo con l’aiuto di uno schiavo e propagandò instancabile la sua Ars compendiosa inveniendi veritatem ch’è un’opera teologico-mistico-dogmatico-didascalica in parte scritta e in parte disegnata che lascia in chiunque l’avvicini la folgorante impressione che il suo autore abbia intuito le tecniche e le potenzialità dell’informatica. Esperimenti di divulgazione delle sue idee sono il dialogo interreligioso Libro del gentile e dei tre savi, scritto fra 1270 e 1273, e due romanzi, Blanquerna del 1283 e Felix del 1287-89.
La parte conclusiva del Blanquerna, noto nella sua versione catalana come Llibre de Evast e Blanquerna che narra le vicende di un laico divenuto imperatore e quindi eremita, è costituita di cinque libri dei quali l’ultimo è costituito di tre autonome opere a carattere contemplativo, la seconda delle quali è appunto il Llibre de amic e amat, forse preceduta da una versione latina, il Liber amici et amati, nel quale forte si avverte l’influenza della mistica sufi. Il tema del Llibre/Liber (la differenza d’impianto e la diversità di redazione obbliga a trattarlo come due opere che sono “imperfettamente” una) è l’uguaglianza voluta da Dio (l’“amato”) con l’uomo (l’“amico”), e come il Primo costruisca questo rapporto attraverso una serie di viae, di “prove” che Egli impone al secondo il quale in letizia le accetta. Si tratta di un romanzo mistico-iniziatico-cavalleresco ad andamento labirintico, corrispondente a metaphorae morales che nel testo catalano sono 356 quanti i giorni del calendario cristiano mentre in quello latino sono 354 quanto quelli del calendario musulmano. L’ispirazione profonda dell’opera è un dialogo d’amore, il Cantico dei Cantici, il suo andamento è autobiografico e misticamente paradossale: le consolazioni alla sofferenza sono nuovi dolori, l’origine e la mèta del cammino è la morte quale premessa alla resurrezione, l’unione finale dell’amato e dell’amico si compie nella solitudine. Da questa lettura si esce mutati, disorientati, sconvolti, affascinati, atterriti, conquistati. “Gli uccelli salutavano col canto l’aurora. L’amico, che è l’aurora, si svegliò. Gli uccelli terminarono il loro canto. L’amico morì per l’amato all’aurora”.
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