Fra Marco: Senza nulla di proprio
Spunti per la vita dalla Regola non bollata di san Francesco
A conclusione delle nostre incursioni nella Regola non bollata di san Francesco, della quale ricorrono gli ottocento anni, entriamo in uno dei temi più cari al nostro santo. Proprio all’inizio della Regola si precisa che «La regola e vita dei frati è questa, cioè vivere in obbedienza, in castità e senza nulla di proprio…». Il santo spesso denominato “il poverello” non usa, per enunciare il voto che i frati fanno assieme a quelli di obbedienza e di castità il termine “povertà”, come si dice normalmente. Lo userà in altri contesti, ad esempio nel Testamento di Siena, dove chiede che i frati «sempre amino e osservino nostra signora la santa povertà»: espressione curiosa e singolare dove la povertà è detta “signora”!
Senza nulla di proprio è una terminologia più ampia per dire il modo di rapportarsi alle cose del mondo. Non si tratta per Francesco di non avere, ma di usare senza appropriarsene. Detto in altre parole, tutto ciò che Dio ha creato è a nostra disposizione, lo possiamo pure avere, ma senza che il nostro cuore ne sia talmente coinvolto da non riuscire a separarsene, così come del resto già esortava il Salmo 62: «alla ricchezza, anche se abbonda, non attaccate il cuore». Trovo questo insegnamento di san Francesco di grande sapienza e sicuramente non riservato ai frati, ma utile per tutti. I beni della terra sono a nostra disposizione, ma non ce ne possiamo impadronire. Risuonano qui anche le parole di Gesù al giovane: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi! (Mc 16,21)». L’invito a vendere tutto indica in fondo la disponibilità a lasciare ogni possesso, perché si è certi dell’amore provvidente del Padre che veste i gigli del campo e nutre gli uccelli del cielo, che non fa mancare nulla a chi si affida a lui, nella consapevolezza che egli dona il necessario a coloro che glielo chiedono e addirittura «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt 5,45).
Ma l’atteggiamento del non possesso (o dell’espropriazione come dice Francesco) non è da mettere in atto solo nei confronti dei beni materiali: Francesco si pone sulla scia dell’insegnamento di san Paolo, che nella Prima lettera ai Corinzi (cap. 7) così esorta: «il tempo si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente».
Questo come se non di Paolo mi affascina, così come penso affascinasse il nostro santo: nelle sue preziose Ammonizioni, che vi invito a leggere, Francesco ribadisce più volte la necessità di vivere distaccati dai beni materiali, ma anche dai titoli, dagli incarichi, dalle proprie capacità, addirittura dalla propria volontà. Vivere senza nulla di proprio è per tutti saggia regola di vita e sicura garanzia di felicità. (Rivista San Francesco - clicca qui per scoprire come abbonarti)
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