Eremi francescani, tesori inestimabili di storia e di bellezze naturali
Un viaggio tra Umbria, Toscana e Lazio
Fruscii di foglie, l’unico suono udibile. E la voce del silenzio. E di sé stessi, soprattutto. O, almeno di spera. I luoghi che non sono solo spazi, siti geografici ma che sono – soprattutto – luoghi dell’Esistenza. La Natura e nulla più. Il silenzio, vox humani, vox Dei, avvolge e ammanta gli eremi francescani. Tanti, e tutti con le loro storie, i loro episodi, legati – chi più, chi meno – al Padre Serafico Francesco e ai seguaci della Regola. Gli eremi naturali e il Francescanesimo, hanno un filo – non proprio sottile – che li unisce. Come la Porziuncola, come la Basilica di Assisi, questi luoghi respirano ancora della terra alzata, in eteree nuvole, dai sandali del Poverello di Assisi. Facciamo, allora, questo viaggio, veloce – ma denso – di questi luoghi che rappresentano non solo la Storia del Francescanesimo, ma che sono anche veri e propri gioielli della Natura incontaminata, tanto da essere – ancora oggi – mete non solo estive, di tanti fedeli o semplici turisti amanti delle bellezze naturali nostrane.
L’Eremo delle Carceri, in Assisi
Antico romitorio, posto ad 800 metri di altezza, sulle pendici del monte Subasio. Immerso nel cuore della natura umbra, costellata una prosperosa boscaglia, si trova a circa cinque chilometri da Assisi. Il Santuario si è sviluppato attorno alla grotta di San Francesco, e alla Cappellina di Santa Maria. Questa cappellina viene fatta risalire al tempo del Poverello di Assisi che frequentò “i sassi di Maloloco”, così li chiamava per la scomodità, prima ancora di giungere a San Damiano. La parola “Carceri” deriva dal latino, “Carceres”, che significa luogo solitario, isolato. E proprio perché solitario, fu scelto dal Poverello di Assisi per ritirarsi in contemplazione, per riservare a sé stesso alcuni periodi di più intensa preghiera insieme ai primi seguaci. La Natura, la vegetazione così prosperosa, aiutavano il santo per il suo mistico dialogo con Dio. Di episodi – la cui veridicità non è provata – sul rapporto di Francesco e questo luogo sono tanti. Ne ricorderemo uno solo, per dare al lettore l’idea di quanto territorio e vita del santo potessero far nascere leggende, storie che rimarranno poi nell’ “immaginario collettivo francescano”. Tradizione vuole che il burrone nei pressi del monastero, sia in realtà il letto di un fiume, oggi in secca, le cui acque furono prosciugate da san Francesco poiché disturbavano la sua meditazione e quella dei suoi discepoli.
La Verna
Primavera 1213, “lo frate Francesco” insieme a frate Leone attraversa la regione del Montefeltro. Sente di una festa presso il castello di S. Leo. Molto probabilmente si trattava dell’investitura di qualche cavaliere, e – allora – decide di andare alla volta della festa, per far divenire quell’incontro occasione di evangelizzazione. Sale al castello. Il conte di Chiusi, in Casentino, un tale Orlando Catani – presente in quei luoghi – vuole parlare con questo giovane “pazzo” la cui fama cominciava ad essere “sulla bocca di tutti”. L’incontro fu profondo, e il conte – affascinato dal racconto del Vangelo – si perse letteralmente nelle parole della Parola, di quel giovane frate. Francesco, proprio in quel momento della sua esistenza, voleva comunque ritirarsi in un luogo nascosto per gustare il silenzio della propria interiorità, di Dio. Fu allora che il conte espresse la sua gratitudine per questo incontro, invitandolo nella sua tenuta sul monte della Verna. Se fosse piaciuto a Francesco, il conte lo avrebbe donato volentieri al Poverello e ai suoi seguaci. Fu così che nacque la possibilità di ritirarsi sul monte che vedrà uno degli episodi più importanti della vita del santo di Assisi. Stiamo parlando delle famose stimmate. Non sappiamo quante sia salito al monte della Verna, ma sicuramente nella memoria di tutti rimane quella sua quaresima di S. Michele dell’estate del 1224. Sarebbe stata questa la sua ultima sosta alla Verna. Era stanco e ammalato. Aveva rinunciato a guidare personalmente il suo ordine, avendo avuto – ormai – la sicurezza dell’approvazione della Regola da parte del Papa Onorio IV (29 novembre 1223). Francesco chiedeva a Dio di poter provare sulla propria carne l’amore e la sofferenza del Cristo durante la Crocifissione. Dio esaudì le sue preghiere: intorno alla Festa dell’esaltazione della Croce (14 settembre), il suo corpo fu segnato delle stesse piaghe del Crocifisso.
L’Eremo di Cesi
L’Eremo di Cesi o Eremo di Portaria (denominato anche Convento di Santa Maria Annunziata) sorge sull’antica strada che nel passato collegava Carsulae a Spoleto, passando per i monti Martani. Si erge sul monte Torre Maggiore, a circa 800 metri. L’eremo accolse, nel IV secolo, i santi vescovi siriaci Procolo e Volusiano. I benedettini eressero una cappella che doveva servire da rifugio per una piccola comunità di monaci e come luogo di culto per i pastori che si spostavano stagionalmente nel territorio. Il convento di Santa Maria Annunziata, venne fondato, nel 1213, da S. Francesco d’Assisi, che abitò per un certo periodo in una grotta nei pressi di una chiesa che gli aveva donato il vescovo di Spoleto, probabilmente la cappellina di S. Caterina.
L’Eremo di Monteluco
“Questo bosco sacro nessuno profani, né alcuno asporti su carro o a braccia ciò che al bosco sacro appartenga, né lo tagli, se non nel giorno in cui sarà fatto il sacrificio annuo; in quel giorno sia lecito tagliano senza commettere azione illegale in quanto lo si faccia per il sacrificio. Se qualcuno lo profanerà, faccia espiazione offrendo un bue a Giove ed inoltre paghi 300 assi di multa”. Così recita un’iscrizione del III secolo a.C., rinvenuta nel 1876 sul colle Quirico (dove si erge l’eremo), nota come Lex Spoletina. L’iscrizione si riferisce alla natura incontaminata che circonda tutto l’eremo, nei pressi di Spoleto. Tutta la storia di questo luogo di eremitaggio – le origini risalgono all’arrivo nello Spoletino del santo siriano Isacco (nato in Siria, e morto proprio a Monteluco, nel 550 circa) – è legata all’Abazia di San Giuliano. L’eremo ha conservato nel tempo l’originale vocazione ed è ricordato anche per la presenza di San Francesco – così si narra – che volle ritirarsi in questi luoghi, in meditazione, preghiera e silenzio.
Greccio
Siamo ad altitudine di circa 660 m, a circa 15 km da Rieti. Il santuario di Greccio è incastonato nelle rocce, che formano una sorta di naturale cornice al luogo di culto. E a incorniciare nuovamente il tutto – a mo’ di matriosca – la distesa di verde di boschi. Si trova vicino al caratteristico borgo medievale di Greccio che si affaccia verso la conca reatina. La nascita del Santuario di Greccio è legata ad una leggenda: San Francesco chiese ad un bambino di lanciare un tizzone ardente verso la montagna, e il tizzone – incredibilmente – dal paese, raggiunse le alte rocce dove ora si trova il santuario. Al tempo la zona era di proprietà del feudatario chiamato il Velita. Questi, nel 1223, invitò San Francesco a dare vita ad una splendida rievocazione, con personaggi in carne e ossa, della nascita di Gesù durante la notte di Natale. Un’altra leggenda legata alla sacra rappresentazione del Natale, ci narra che il bambinello – unico personaggio non vivente – prese almeno per un attimo, per poi tornare come era prima. Da quel momento in poi, Greccio divenne il luogo – per antonomasia – del primo presepe vivente del mondo.
Il Sacro Speco di Poggio Bustone
A ottocento metri circa sopra il livello del mare, immersi nel verde più intenso, troviamo nella campagna rietina Poggio Bustone, famoso per il suo santuario, per il romitorio inferiore, e quello detto superiore. Questo naturale sito, rappresenta uno dei luoghi dove San Francesco vide l’inizio della sua missione comunitaria. Anno del Signore 1208. Francesco, insieme ai suoi primi compagni, Bernardo da Quintavalle, Egidio, Pietro, Sabatino, Morico, Massei e Giovanni della Cappella entra nella porta posta a valle del paesino (oggi arco del Buongiorno), entra nel paesino “rupestre”. Un paese povero, posto sulle pendici del monte Rosato, immerso nella natura bella e allo stesso tempo “crudele” per gli inverni rigidi. Ci troviamo un quei luoghi di montagna dell’appennino. In questo paesino, Francesco predica e il Monaco castellano del paese, ne rimane affascinato. Francesco ora vuole però nascondersi nella natura, rimanere in preghiera solo con Dio e, allora, il Monaco, gli indica un piccolo eremitaggio benedettino, intitolato a S. Giacomo apostolo. Sarà il primo “locus” francescano della Valle Santa reatina. Sarà lì che troverà la visione di un angelo, sotto sembianze di fanciullo, che gli annuncerà la remissione dei peccati: “Non tormentarti, o Francesco, che i tuoi peccati ti saranno perdonati come tu chiedesti a Dio”.
Le Celle di Cortona
Il nome “Le Celle” è anteriore alla venuta di S. Francesco. Molto probabilmente il nome è ricavato dalle piccole costruzioni tra le rocce, costituite da capanne di contadini e pastori. Vi era presente una chiesetta dedicata all’Arcangelo San Michele, probabilmente edificata durante l’invasione longobarda in Italia. La chiesa è presente tutt’oggi, trasformata in civile abitazione e ora adibita all’ospitalità, sempre di proprietà del Convento. L’Eremo “Le Celle” è uno dei primi conventi costruiti dal santo di Assisi. E’ stato da lui abitato anche dopo aver ricevuto le stimmate, e sarà qui che molto probabilmente detterà, nel maggio del 1226 – pochi mesi prima di morire – il suo “Testamento”.
Eremo di San Francesco a Montecasale
Posto a 700 metri di altezza, nel ridente territorio di Sansepolcro, vicino Arezzo. La tradizione narra di un’originaria fondazione dello stesso San Francesco, nell’anno 1213. L’Eremo, visitato dal santo di Assisi, si sviluppa attorno all’immagine della Madonna in Trono col Bambino, scultura lignea policroma del XIII secolo. Agli inizi del 1500, si insediano nell’Eremo, e ancora oggi vi risiedono, i Frati Minori Cappuccini.
L’Eremo di Cerbaiolo
Si tratta di un antico cenobio di origine benedettina, donato successivamente a San Francesco. Distrutto durante la seconda guerra mondiale fu successivamente ricostruito nella forma odierna. L’eremo di Cerbaiolo è situato in una zona ricca di veri e propri paradisi naturali, di sorgenti. Posto a strapiombo sulla costa del monte, è l’eremo medievale edificato a maggiore altitudine (m. 861 s.l.m.) fra quelli che si affacciano sul versante tiberino.
L’Eremo della Casella
E’ a 1300 metri di altezza. Vista mozzafiato, non c’è che dire. Un vasto prato erboso sulla cima della montagna, una grande croce di legno e la piccola e modesta chiesa con il romitorio, è tutto qui l’eremo di Casella, posto nella Valtiberina che si estende dalla Romagna all’Umbria. Solo silenzio e il verde scuro della foresta. La tradizione narra che San Francesco, sia passato qui, dopo aver ricevuto le stimmate sul monte della Verna. Ancora oggi, La piccola chiesa – recentemente ristrutturata, assieme al romitorio –è sempre aperta a tutti coloro che passano in questi luoghi, ricchi di storia e di natura: è possibile a loro poter accendere il fuoco, mangiarvi e dormirvi. Nessuno può prendere possesso del luogo ma deve fare posto a chi vi voglia entrare, in puro spirito francescano, di accoglienza e comunità.
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