Dalla piazza ai new media: San Francesco e la comunicazione
Il punto di partenza: la vita che diventa comunicazione
Tommaso da Celano scrive di Francesco che egli non era un uomo che pregava, ma un uomo fatto preghiera . Si potrebbe parafrasare questa affermazione densa di spiritualità affermando che Francesco non era un uomo che comunicava, ma un uomo fatto comunicazione, diventato “tutto lingua” . E’ con questo spirito che vogliamo affrontare la bellezza della comunicazione alla luce dell’assisiate.
Una necessità
La comunicazione è un bisogno primario per tutti gli esseri viventi, in particolare per gli esseri umani: una necessità vitale se si considera che agli albori dell’umanità, dalla capacità di trasferire efficacemente le informazioni dipendevano le possibilità di sopravvivenza, di alimentazione, di difesa, ma anche di essere riconosciuti come membri di un gruppo sociale.
Il ruolo della comunicazione oggi assume, con prerogative diverse, la stessa fondamentale importanza, come dimostrato dalla diffusione sempre più ampia dei mezzi di comunicazione e una connessione onnipresente che ne garantisce la recezione. E se fino a una ventina di anni fa il non facile rapporto tra Chiesa e modernità si rifletteva in modo significativo nell’atteggiamento diffidente da parte delle gerarchie ecclesiastiche nei confronti della comunicazione, questa ha assunto di fronte all’emergere della comunicazione sociale dell’epoca moderna un significato nuovo.
< Incredibilmente, già a partire da Giovanni XXIII, così lontano dalla sua contemporaneità, grazie al suo “Discorso alla Luna” (1962) le comunicazioni di massa facevano il primo ingresso nella Chiesa.
Due consapevolezze
La comunicazione della Chiesa oggi vive due consapevolezze di grande valore: la comunicazione intesa come Buona Notizia, che, in una sorta di parallelismo con il Vangelo, può essere definita non solo un discorso informativo, ma operativo; una forza efficace che entra nel mondo salvandolo e trasformandolo .
L’altra invece è l’idea di una vita organizzata secondo i media da leggere come opportunità da cogliere ed assecondare , come si è voluto sottolineare durante il recente sinodo.
L’elemento comunicativo per la Chiesa è stato fondamentale per l’avvicinamento a tutto il suo popolo, la presa di coscienza si è realizzata solo da poco, inaugurata ufficialmente dall’ingresso di Benedetto XVI in Twitter, ma che ha avuto il suo inizio in uno dei documenti fondamentali che hanno sancito i rapporti tra Chiesa e comunicazioni: l’Inter Mirifica, precursore della Communio e Progressio e della Aetis Novae che parlavano appunto di “mezzi di comunicazione sociale”, volti quindi alla creazione di una comunità, e non di “comunicazione di massa”, come buona parte della cultura ha continuato a considerare. La Chiesa, grazie alla Communio et Progressio, ha riconosciuto alla comunicazione e alla tecnologia lo status di «dono di Dio secondo il disegno della Provvidenza in grado di unire gli uomini e renderli collaboratori dei Suoi disegni di salvezza» , dando il via ad un nuovo modo di porsi rispetto al passato. Tanto che, ad oggi, possiamo dire che la comunicazione ha trovato perfetta armonia con la Chiesa, perché è in grado di parlare a tutti, ai giovani e a chi è lontano, dando la possibilità di interagire a una pluralità di persone. Quello che una volta la piccola diocesi di periferia instaurava con gli abitanti del circondario, è ora possibile a livello mondiale. La comunità cattolica e non, si può stringere in un “click”.
Possiamo affermare però che comunicazione in sé, come la conosciamo oggi ha avuto un piccolo-grande precursore, la sua fertile parola ebbe una forza tale da scuotere gli animi e svegliare le coscienze: Francesco d’Assisi, il cui carisma da comunicatore ha reso possibile la diffusione del francescanesimo. Con modalità diverse sicuramente, ma con la stessa perspicacia che spinge oggi le azioni comunicative a migliorarsi sempre di più e a raggiungere tutti indistintamente.
Interessante, a tal proposito, è vedere cosa sia avvenuto con i compagni di Francesco che furono mandati in tutto il mondo a vivere e annunciare il Vangelo. La ricognizione sui corpi di questi, avvenuta il 20 dicembre 2012 presso la Basilica di San Francesco di Assisi, e il loro esame medico hanno evidenziato un forte stress biomeccanico che testimonia l’impegno e la perseveranza per la diffusione del messaggio evangelico in tutto il mondo.
Francesco e la comunicazione verbale
«Siccome poi era uomo semplice, non per natura, ma per grazia divina, cominciò ad accusarsi di negligenza, per non aver predicato prima di allora agli uccelli, dato che questi ascoltavano così devotamente la parola di Dio; e da quel giorno cominciò ad invitare tutti i volatili, tutti gli animali, tutti i rettili ed anche le creature inanimate a lodare e ad amare il Creatore» . La grande forza comunicativa di Francesco ha trovato uno degli strumenti più efficaci nella parola, facendo suo il concetto latino di Communico: rendere partecipe, condividere. Scopo principe di una comunicazione che diventa anche comunione con tutto il creato.
L’utilizzo delle parole come strumento era, come ci dicono le fonti francescane, una dote naturale e le capacità di Francesco si evincono dalla risposta entusiastica che ha saputo ottenere: e se è vero che la comunicazione produce un cambiamento in senso lato, Francesco ha saputo creare, da solo, un ribaltamento epocale per le istituzioni e per la società a lui contemporanea che arriva fino ai nostri giorni. Il genere letterario della parabola e la similitudine erano elementi molto ricorrenti nei suoi discorsi, una modalità espressiva tratta direttamente dal modo di predicare del suo maestro per eccellenza, Gesù. Per mettere in guardia, ad esempio, i suoi fratelli dall’orgoglio che poteva nascere dalla consapevolezza di aver scelto con la vocazione francescana la parte migliore - orgoglio che poteva portarli a dimenticare gli impegni che a questa scelta erano connessi - utilizzò in più di un’occasione una similitudine ben nota in tutta la tradizione biblica, quella delle pecore e del pastore . Come anche l’invito ai fratelli che si raccoglievano in preghiera solitaria ad essere come “madri e figli” l’uno per l’altro.
La sua ecletticità comunicativa si esprimeva anche in altri sensi. Sapeva essere secco e tagliente se voleva - quindi ancora un altro tipo di comunicazione, che troviamo spesso ai giorni nostri - come ad esempio nel caso del racconto del morituro impenitente, posto in chiusura della cosiddetta Lettera ai Fedeli, affermando: «Il corpo lo mangiano i vermi; e così quell’uomo perde il corpo e l’anima in questa breve vita e va all’inferno, dove sarà tormentato senza fine» . Un grande comunicatore, dunque, in grado di essere chiaro fino all’eccesso.
Non si può non menzionare uno dei momenti simbolo della comunicazione di Francesco: il colloquio con il Sultano d’Egitto Malik al Kamil, avvenuto a Damietta, a pochi chilometri di distanza dal Cairo. Un momento estremamente significativo e attuale per le sue conseguenze nel dialogo interreligioso e per la pace mondiale. Si racconta infatti che prima di questo evento vi fosse stata un’altra missione fatta dai suoi fratelli in Marocco: essi non fecero altro che proclamare la grandezza della loro religione cristiana, sminuendo l’Islam e il suo Profeta, finendo con l’essere arrestati e torturati .
L’incontro a Damietta fu invece un incontro segnato da un profondo significato storico e religioso caratterizzato dalla comunicazione, in anni in cui le differenze tra i due grandi culti erano fortemente sentite. Era un primo passo per quel Dialogo Interreligioso e Interculturale che si è rinnovato in maniera significativa nel 1986, con l’Incontro Interreligioso voluto da Papa Giovanni Paolo II proprio ad Assisi. Per molto tempo il dialogo di pace tra il Sultano e Francesco è stato considerato come un fallimento. All’epoca l’episodio era stato considerato un momento poco glorioso, e si era preferito tacere sull’accaduto . Ma letto sette secoli dopo, l’incontro di Marrakech è il vicolo cieco, mentre Damietta è la strada che apre gli orizzonti alla pace. Francesco, con la sua visione dell’evangelizzazione e nel suo agire da comunicatore si inserisce in tutt’altra logica.
Il Vangelo si incontrò con il Corano e il Corano con il Vangelo. Francesco non ebbe paura di Maometto e il Sultano non ebbe paura di Cristo. Francesco non ragionava con i criteri ideologici della cristianità del suo tempo e in quel viaggio per conoscere da vicino i musulmani si è situato dentro la sensibilità religiosa del suo interlocutore.
Francesco e la comunicazione non verbale
«Quanto era bello, splendido e glorioso nella sua innocenza di vita, nella semplicità della sua parola, nella purezza di cuore, nell’amore di Dio, nella carità fraterna, nella prontezza dell’obbedienza, nella condiscendenza cordiale, nel suo aspetto angelico!» .
Francesco comunicatore che usava tutti i mezzi a sua disposizione per poter meglio diffondere la sua idea di cristianesimo che ancora oggi commuove per semplicità e determinazione. Francesco, dice Tommaso da Celano, aveva fatto di tutto il suo corpo una lingua , senza disdegnare “il gesto” come elemento comunicativo. Si racconta infatti che una volta tenne a Chiara e alle sue sorelle una predica silenziosa, cospargendosi la testa e gettando intorno a se della cenere . Un tipo di comunicazione che ad oggi è definita “non verbale”, una comunicazione che comprende tutti gli aspetti di uno scambio comunicativo che non riguarda il livello puramente semantico del messaggio - inteso come significato letterale delle parole - ma il linguaggio del corpo. Il linguaggio del corpo si trasforma anche in insegnamento dei precetti cristiani e francescani, attraverso gesti eclatanti che sono rimasti nella storia come simbolo di umanità e santità. Uno su tutti, per semplicità e coerenza è stato l’episodio del dono del mantello: «Incontrò una volta un cavaliere, nobile ma povero e mal vestito, e, commiserando con affettuosa pietà la sua miseria, subito si spogliò e gli fece indossare i suoi vestiti. Così, con un solo gesto, compì un duplice atto di pietà, poiché nascose la vergogna di un nobile cavaliere e alleviò la miseria di un uomo povero» .
Francesco e “l’ascolto”
«Esortava i frati a osservare con ogni cura il santo Vangelo e la Regola, come avevano promesso; li ammoniva soprattutto ad essere reverenti verso i ministeri e le prescrizioni della Chiesa, ad ascoltare con amore e devozione la messa» .
Comunicazione verbale, non verbale e infine, l’ultimo elemento fondamentale: l’ascolto. Francesco fu un grande ascoltatore oltre che oratore. Egli amava ascoltare il prossimo, faceva tesoro delle esperienze altrui, accoglieva tutti e dava i propri consigli a chi ne faceva richiesta.
Ascoltava con delizia i propri fratelli, il popolo, le istituzioni ecclesiastiche e il creato intero; quell’ascolto che per il settore delle comunicazioni è un elemento fondamentale. Il termine comunicazione implica una risposta e uno scambio tra una parte attiva e una parte passiva. Se si rende facile, infatti, un riversamento delle informazioni da parte della Chiesa, più difficile risulta il poter recepire i pareri della comunità, in virtù del fatto che grazie alla vita sociale comunitaria si consolida un rapporto vero e reale, ma soprattutto di aiuto per e con il prossimo.
Si è voluta dare negli ultimi anni la priorità al sito e a quelli che sono definiti social network (twitter, facebook) come strumenti in grado di garantire un’interconnessione semplificata con il prossimo. Attraverso queste realtà si è fatto molto: divenire supporto per chi si trova in una condizione disagiata sia a livello psicologico che materiale ha avuto grandissimo riscontro. E nonostante possa venire meno quel rapporto “reale”, che spesso ha spaventato la Chiesa, molti bisognosi – specie in questo periodo così difficile di crisi che sta creando nuovi poveri – hanno trovato in queste piattaforme un facile modo di comunicare il proprio disagio, senza doversi esporre personalmente. A lettere personali si aggiungono spesso quelle di gruppi: carcerati o associazioni che si occupano di solidarietà. La rete reale che si crea per via telematica, donando voce a chiunque, la partecipazione, intesa in maniera francescana, è un elemento fondante degli ordini francescani. Quel «cercare Dio in ogni cosa, anche nella rete» , esortazione che padre Antonio Spadaro ha voluto proporre e seguire, ispirato direttamente da Sant’Ignazio Loyola, trasformando la rivista cartacea in digitale, sottolineando come non bisogna aver timore del nuovo: «I primi gesuiti della rivista furono innovatori, immaginando l’uso della stampa, che era il mezzo stesso di cui si servivano i rivoluzionari, i liberali e gli anarchici. Così oggi è naturale che il nostro messaggio sia diffuso anche su supporti digitali per essere fruibile da parte di un numero maggiore di persone» .
Francesco dalla “chiesa” alle “piazze”.
Si può affermare che esiste un filo rosso che da Gesù passa per Francesco e arriva al Concilio Vaticano II e alle ultimissime azioni mediatiche della Chiesa: il twitter del Cardinal Ravasi, il già citato twitter del nostro papa emerito Benedetto XVI.
La comunicazione sociale spinge gli esseri umani a una maggiore consapevolezza nell’impegno comunitario della vita. Ogni individuo trova realizzazione connaturandosi a una sorta di «piano divino» . Ed è la stessa Communio et Progressio a ricordare come la fede sottolinei l’unione fraterna tra gli uomini, che è il fine primario di ogni comunicazione che trova un suo modello nell’altissimo mistero dell’eterna comunione trinitaria del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, uniti in un’unica vita divina .
Comunicazione come elemento vitale, cioè che dà vita alla Chiesa, alle aspirazioni, alle richieste, alle preghiere, al bene, quello vero. Una voce che è la stessa di Francesco, che fu comunicatore anche a costo di non compiacere l’uditorio, a costo di allontanarsi dal canonico, attraverso nuove formule. Un Francesco forte perché aveva voluto rischiare, cercando nella comunicazione non il proprio interesse, ma quello di Cristo, guardando al fine e abbracciando il mezzo. Sulle orme di Francesco, sulla pluralità di linguaggi e sull’esaltazione di ogni mezzo tecnologico come «dono» il francescanesimo ha deciso di adottare a piene mani ogni strumento di comunicazione, come mezzo diretto, immediato, interattivo e partecipativo . In primis, l’utilizzo di Internet trova corrispondenza piena nell’idea francescana di un’interattività bidimensionale, eliminando quella che è la distinzione tra chi comunica e chi riceve la comunicazione, creando una situazione dove, almeno potenzialmente, tutti possono fare entrambe le cose.
Il mondo cibernetico come elemento divulgativo e di incontro non nasce dalla tecnologia stessa, ma semplicemente è la potenza tecnica che permette di realizzare il sogno di un umanesimo francescano. Una tecnologia usata non solo per travasare contenuti in vecchio formato, ma creare nuovi contenuti che usino la capacità di dialogo del web, per immettere on-line i nuovi valori, riflettendo la propria immagine e vedendone nuovi caratteri e simboli.
Si va dunque verso il superamento di una comunicazione che fluiva solo da una parte all’altra, attraverso una nuova tecnologia, ma non una nuova idea; il francescanesimo sembra essersi fatto baluardo a pieno titolo degli ultimi proponimenti del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, nonché di quella linea guida creata da san Francesco.
L’avventura nella comunicazione diviene un’indicazione sociologica e ci restituisce una suggestione francescana estremamente importante. La comunicazione e i nuovi sistemi informativi danno vita ad una società circolare, e non gerarchizzata. Una società dove l’uomo è accanto all’altro, condividendo l’esperienza dell’essere uno accanto all’altro. Francesco desiderava che non vi fossero superiori, che tutti potessero coesistere allo stesso livello, si era mischiato ai malati, ai poveri, ai ricchi trovando il linguaggio per accedere al cuore di tutti e decise di farlo andando incontro alla gente, passando dalla predicazione nelle chiese alla predicazione nelle piazze.
Numerosi viaggi e altrettante arene hanno accolto la parola di Francesco: da Bologna ad Alviano , da Ascoli a Greccio ad Ancona e Alessandria .
Se Francesco è passato dalla chiesa alla piazza è stato per annunciare e testimoniare il Vangelo. Oggi con lo stesso anelito passiamo dalle piazze alle nuove agorà: ed è stato seguendo queste prospettive che il Papa ha scritto il suo primo twitter e noi rispondemmo “Pace e Bene Santità, siamo con lei in questa avventura nel nome di san Francesco. I Frati del Sacro Convento di Assisi”. La comunicazione dà la possibilità di testimoniare Dio. Arrigo Levi ebbe a dire: «Dio lo si incontra là dove è testimoniato» ; la comunicazione è la possibilità che ci viene data per testimoniare a tutto campo il vero, il bello e il buono.
È questa un’esperienza fatta di doni, che desidera comunicare tre valori del Santo di Assisi attraverso eventi che vogliono celebrare l’insegnamento francescano all’insegna dei new media: il Concerto di Natale , per comunicare la Pace, Con il Cuore per essere accanto ai poveri e Nostra Madre Terra per amare e rispettare l’ambiente, che hanno trovato una magistrale sintesi nelle parole del Papa: «Ho scelto Francesco perché è l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato!».
A noi il compito e la responsabilità di purificare l’aria che respiriamo per immettere non veleni, ma ossigeno , azioni che si possono fare anche attraverso Francesco che da un certo punto di vista funge da ariete, sfonda tutte quelle porte che sono solo socchiuse. Attraverso i valori del poverello d'Assisi c'è la possibilità di non conformarsi a una mentalità mediatica diffusa, ma di trasformare il modo di fare giornalismo, di trasformare mente e cuore per vivere un questo prezioso rinnovamento che si pone come una missione per il bene della gente e dei cittadini, un rinnovamento che metterebbe da parte quel peccato sociale e mediatico che si verifica quando si sacrifica la persona alla visibilità e allo share. Insieme, attraverso la Festa di san Francesco e altre iniziative, vogliamo continuare un cammino, per trasformare questo nostro paese. Vogliamo terminare questo scritto con un’esperienza che è stata fatta con Papa Francesco, l’invio della preghiera da parte del pontefice “O Francesco, intercedi per la pace dei nostri cuori” sul nostro sito, collegato 24 ore su 24 sulla tomba del poverello di Assisi.
Un gesto compiuto con naturalezza che offre spunti preziosi per illuminare il rapporto tra lo spazio materiale e lo spazio digitale dell’esperienza, anche religiosa. Un gesto che parla della continuità e fluidità di spazi che non si contrappongono. La preghiera così inviata può viaggiare sul web, collega in un unico abbraccio paterno tutti gli uomini di buona volontà attraversando l’orizzontalità della rete e “aprendola a quella verticalità che fonda la nostra libertà di abitare, da cristiani, il mondo digitale” Le parole del pontefice sembrano aver colto la nostalgia più profonda che la comunità dovrebbe tenere sempre presente: irrorare pace sia nei circuiti esistenziali che mediatici.<
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