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Dal Trentino alla Libia: la missione francescana di suor Bruna

Gelsomino Del Guercio L Adige
Pubblicato il 21-06-2022

Francescane Missionarie di Maria

Dalla Val di Non in Trentino alla Libia di Gheddafi: la chiamata alla missione di una suora francescana l’ha portata dalle Alpi al deserto. Eppure Suor Bruna Menghini è proprio nelle terre d’Africa che ha trovato la vera felicità.

“IL CUORE SOGNAVA PAESI LONTANI”
«Dopo le elementari a Brez e le medie a Cles sono andata a Merano, ospite di una zia, per frequentare il ginnasio/liceo. Ottenuto il diploma di maestra, ho insegnato per qualche anno nei paesini della Val Venosta. Ma il cuore sognava già paesi lontani», spiega al quotidiano L’Adige.

“MI HANNO PROPOSTO DI STUDIARE L’ARABO”
Allo stesso tempo è scoccata la vocazione «Attraverso un’amica dell’azione cattolica ho conosciuto l’Istituto delle Francescane Missionarie di Maria ed ho sentito che il mio posto era con loro».

Finito il noviziato a Grottaferrata (Roma) nel 1966, «le mie superiore mi hanno proposto di studiare l’arabo per poi poter essere inviata in Africa del Nord. Sono entrata nel progetto con passione e devo ringraziare i Padri Bianchi a Roma che mi hanno iniziata alla missione nei paesi musulmani, ben diversa da quella che avevo intravisto all’inizio».

LA LIBIA “PER SEMPRE”
La suora francescana approda in Libia nel 1969: un’esperienza che doveva durare due mesi in una scuola gestita dalle religiose Francescane Missionarie di Maria. E che, invece, è diventata “per sempre”.

«C’è stata la rivoluzione di Gheddafi che ha cambiato la vita di tutti in Libia. La “presenza italiana in Libia” doveva sparire e la nostra scuola ne faceva parte: tutti i beni degli italiani erano confiscati, tutti gli italiani erano cacciati! È stata un’esperienza dolorosa. Ma noi cercavamo di restare, dopo tutto non eravamo coloni. Durante l’estate 1970 le partenze si susseguivano, quasi tutte le consorelle erano del numero di quanti partivano ma un gruppetto cercava di tener duro».

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L’OCCASIONE DI GHEDDAFI
L’occasione, indirettamente, è venuta proprio da Gheddafi «perché tra l’altro voleva aprire dei centri di formazione per le ragazze e le donne e nel nostro gruppo c’erano tre suore conosciute per la loro esperienza in merito. Così il gruppetto di dodici suore ha trovato la possibilità di restare, impiegate del governo nei centri che stavano per nascere». «Come dicevo allora non era più la gente che veniva a noi, eravamo noi che uscivamo dalla nostra casa per andare da loro: con il nostro impegno quotidiano portavamo quel “Quinto Vangelo” che la testimonianza quotidiana poteva offrire!».

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IN UN VILLAGGIO DELLA TUNISIA
Dopo la Libia, suor Bruna è rimasta come missionaria in Africa, ma si è spostata in Tunisia, in un grande villaggio nel Nord Ovest, al confine con l’Algeria, una zona di montagna. È una regione povera nell’insieme, manca il lavoro e la gente fatica a trovare i mezzi di sussistenza.

«Le nostre suore sono arrivate qui novant‘anni fa ed hanno sempre cercato di rispondere ai bisogni del momento, con disponibilità e creatività, vivendo sempre con la gente, nel servizio e nell’amicizia, e cercando di imparare la lingua e conoscere la cultura».

EDUCARE TRA I MUSULMANI
La religiosa francescana spiega come si vive in un contesto musulmano. «Attualmente noi teniamo una scuola materna con un centinaio di bambini dai tre ai cinque anni, della scuola abbiamo la direzione e la gestione - conclude la religiosa francescana - ma le maestre sono tutte tunisine come pure il personale di servizio: educare i bambini e prepararli a crescere inculcando valori e nel rispetto delle loro differenze (per noi, tutti sono eguali) è una missione importante, condivisa con i nostri collaboratori nella semplicità, mentre il nostro servizio è apprezzato dalle famiglie».

«Questa è “la ragione sociale” della nostra presenza qui in un contesto completamente musulmano».

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