francescanesimo

Da frate a operatore socio sanitario per aiutare malati covid

Gelsomino Del Guercio fratiminori.it
Pubblicato il 03-02-2023

Premiato fra Giovanni Farimbella

Un premio speciale ad un frate francescano per i meriti durante il periodo del covid, trascorso negli Spedali Civili di Brescia. Il riconoscimento del “Grosso d’oro” è andato a fra Giovanni Farimbella «per il sostegno spirituale a personale e pazienti» nella fase più difficile della pandemia.

LE DOTI DI FRA GIOVANNI
Fra Giovanni Farimbella si è trasformato in operatore socio-sanitario, senza dismettere, naturalmente, le vesti di cappellano dell’Ospedale Civile. Il padre francescano si è distinto durante la pandemia proprio per le grandi doti di umanità e per aver supportato spiritualmente medici, infermieri e sanitari che lavoravano in condizioni estreme.

IL “CAMBIAMENTO”
«Quando è iniziato il periodo più brutto del Covid. anche l’obitorio ha cambiato fisionomia», racconta a fratiminori.it, «il personale era tutto cambiato, veniva trasferito lì da altri servizi. Un giorno due delle operatrici si sono messe a piangere: erano ferite emotivamente da ciò che stavano vivendo. Ho pensato: fossi almeno un operatore socio-sanitario, verrei qui ad aiutarvi. Così ho chiesto il permesso al primario, che me l’ha accordato. Sentivo che c’era uno stato di bisogno e desideravo di essere al fianco del personale per condividere la strada che stava percorrendo».
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TRA REPARTI E OBITORIO
Il mattino, prosegue il frate, «i reparti erano quasi interdetti all’accesso, per ovvie ragioni. Andavo all’obitorio con le necessarie misure di tutela e facevo il lavoro di tutti gli altri: prima di tutto ascoltavo gli operatori, chiedevo come stavano e poi andavo con loro nei reparti a prendere i pazienti deceduti».

NEL TRIAGE
E non finiva qui. Nel pomeriggio, frate Giovanni si recava nel triage, le famose «tende» per contenere il contagio. «Un giorno – prosegue – mi ha chiamato una signora anziana, chiedendomi se potevo andare a confessare suo marito che aveva più di 80 anni. Sono andato, vestito con la tuta bianca, e ho subito incontrato del personale splendido che mi ha creato uno spazio dove poter confessare con una certa riservatezza».

«Da allora, ho cominciato ad andarci tutti i pomeriggi, andavo a trovare i pazienti, incontravo i familiari quando era possibile e potevano essere presenti, per volere bene a loro ed anche a quella parte di pazienti non coinvolta nel Covid e che ha pagato un prezzo molto alto per le restrizioni».

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