francescanesimo

Carisma francescano: attivismo e contemplazione

Andrea Cova web
Pubblicato il 31-01-2022

L’eremo di Frate Francesco

Questo lavoro di frate Paolo Zampollini valorizza il significato de "La religiosa abitazione negli eremi" - meglio conosciuta come Regola per gli eremi - grazie ad un’ampia analisi dei contenuti letti in rapporto agli altri scritti dell’Assisiate e con la letteratura religiosa precedente e coeva e soprattutto attraverso ad un'accorta esegesi dei brani evangelici ivi citati. Impreziosisce questo studio l'ermeneutica de "La religiosa abitazione negli eremi" offerta dall'esperienza di frate Eugenio Barelli, per lunghissimi anni "romita" al La Verna. (dalla Prefazione di frate Marco Guida)

Fra Paolo, come nasce questo testo?
Il testo nasce da un'esperienza personale, da circa quindici anni frequento il Romitorio di La Verna, dove alcuni frati - conosco bene padre Eugenio Barelli - vivono da tanti anni cercando di mettere in pratica un piccolo testo che Francesco ha scritto per i frati che vivono in eremo. A prima vista ci si potrebbe chiedere: che senso ha per i francescani parlare di vita eremitica? Non è un ossimoro? Eppure parlando con questi frati eremiti, mi sono reso conto di trovarmi di fronte a dei veri figli di Francesco, e come pochi se ne trovano in giro! Inoltre i meravigliosi frutti, anche in termini di apostolato, della loro vita hanno fatto sorgere in me il desiderio di approfondire la dimensione eremitica della vita francescana; per questo ho deciso di dedicare la mia tesi di Licenza in Teologia e studi Francescani alla cosiddetta Regola per gli eremi. In particolare, mi interessava verificare se l'analisi storico critica di questo testo confermasse o smentisse le intuizioni che questi frati mi hanno consegnato. Ora posso dire che le conferme sono state davvero sorprendenti...
Devo aggiungere che solo grazie al concreto sostegno dell’Istituto Teologico d’Assisi e al sapiente accompagnamento del mio professore, fra Marco Guida, questa ricerca è potuta divenire un libro.

Hai parlato di una Regola scritta da Francesco per la vita negli eremi. Quali sono, secondo te, gli aspetti più significativi?
Vorrei precisare che, anche se da tutti è conosciuta così, è improprio chiamarla “Regola per gli eremi”, nessun manoscritto, infatti, la titola così per questo ho preferito "La religiosa abitazione negli eremi". Più propriamente si tratta di un regolamento. In ogni caso, è molto significativo che Francesco abbia sentito l’esigenza di integrare la legislazione vigente dell’Ordine con questa specifica norma per i frati che vogliono vivere in eremo. Ciò dimostra che la loro vita è parte integrante del carisma francescano, tanto quanto quella dei frati che lavorano e di quelli che predicano. Del resto sono queste le tre sfaccettature della vita minoritica presenti anche nella Regola non Bollata.
Nel suo testo l’Assisiate riprende numerosi elementi della vita eremitica che lo aveva preceduto, ma sa anche essere innovativo, innanzitutto con una forte accentuazione della vita fraterna come una delle caratteristiche fondamentali della dimensione contemplativa: l’eremita francescano non è mai solo, deve avere altri due o tre compagni e questa piccola fraternità deve essere concretamente unita all’intera Fraternitas francescana.
Sempre seguendo la tradizione, in questo breve scritto, Francesco cita le sorelle di Betania, Marta e Maria, come figure rispettivamente della vita attiva e della vita contemplativa. Nel libro mostro come anche in questo caso, però, il poverello di Assisi è innovativo, infatti egli è l’unico a definire i frati, che vivono il compito di Marta (gli attivi), come le “madri” dei i frati, che vivono la vita di Maria (i contemplativi). Inoltre per lui, non solo i figli, ma anche le madri sono propriamente degli eremiti, cosa affatto scontata per la tradizione precedente. Nella conclusione del testo si trova un’altra novità: i ruoli di madri e figli si devono invertire.

L’ipotesi di Barelli è che in questi aspetti in cui Francesco si rivela più originale, si nascondano degli elementi specifici del suo carisma. Elementi, dunque, che non riguardano solo la sua dimensione eremitica, ma la vita di tutti i frati minori e più ancora di tutta la famiglia francescana. In particolare, suggerisce Barelli, è essenziale comprendere che sguardo ha avuto Francesco sulla rivelazione, per arrivare a vedere nella dinamica relazionale madri-figli la cifra della relazione che tutti i frati e anche le Clarisse sono chiamati a vivere tra di loro, per poter “vivere secondo la forma del santo Vangelo”. Tentare di accostare questo “sguardo” di Francesco è stata per me una meravigliosa avventura che mi ha profondamente segnato e che spero possa arricchire anche il lettore.


Quanto è importante la vita negli eremi per la proposta religiosa di Francesco?
Molto importante. Del resto, come ci testimoniano numerosi passi delle agiografie e la rubrica di frate Leone sulla Cartula scritta dalla stessa mano di Francesco (custodita al Sacro Convento), Francesco stesso ha vissuto questa vita eremitica e, dunque, la sua stessa esperienza contemplativa viene tradotta ne "La religiosa abitazione negli eremi". In particolare è importante notare che quando a La Verna ricevette le stimmate stava vivendo esattamente la vita eremitica descritta in questo testo: dei frati, tra cui Leone, lo custodivano, gli facevano da “madri”, mentre il Santo viveva da “figlio”, completamente immerso nell’orazione. Il fatto che questo tipo di vita sia “imparentata” col dono delle stimmate, ce ne svela l’importanza.

Bisogna aggiungere che non si può, però, opporre la vita attiva alla contemplativa, anche se nella storia dell’Ordine tale opposizione è avvenuta. Nel Santo questi due modi di vivere sono perfettamente uniti: come direbbe Barelli, “nell’eremo, come nella vita di tutti i minores, non si tratta di vivere né l’alternanza tra vita attiva e vita contemplativa, né tantomeno l’alternativa tra di esse, ma la loro simultaneità: essere dentro la Trinità, essere uno con Gesù”.

Possiamo considerare la cosiddetta Regola per gli eremi un pilastro della vita minoritica?
Certamente sì. Va recuperata l’importanza di questo testo, altrimenti rischiamo di interpretare in maniera riduttiva il carisma francescano. Come dicevo, in questa “Regola” emerge una profonda simultaneità tra l’amore a Dio e al prossimo, altrimenti detto tra la vita attiva e la vita contemplativa. Pertanto, oggi, che siamo più protesi verso l’attivismo, è, forse, ancora più importante tornare a leggerla, per ricordarci che un francescano deve essere “simultaneamente” attivo e contemplativo; altrimenti, non sta seguendo, come Francesco scriveva alle Clarisse nell’Ultima Volontà, “la vita e la povertà dell’altissimo Signore nostro Gesù Cristo e della sua santissima madre”. Aggiungo che in questo nostro tempo, in cui per necessità si stanno ripensando tante presenze, c’è davvero bisogno, forse più di ieri, di custodire i luoghi in cui si vive la vita eremitica, secondo i suggerimenti della “Regola”.

Lo ripeto: il fatto stesso che san Francesco abbia sentito la necessità di scrivere questo testo ci dice che senza la dimensione eremitica verrebbe a mancare una parte essenziale del carisma francescano. Esser sostiene che senza la Regola per gli eremi non avremmo nozioni storiche fondamentali per conoscere il primo francescanesimo. Nel libro concludo che senza questo testo ci perderemmo anche un pezzo essenziale del carisma francescano, non solo nella dimensione storica ma anche nella sua attualità.

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