francescanesimo

Accoglienza francescana

Antonio Tarallo
Pubblicato il 18-03-2022

A colloquio con il frate cappuccino Mario Fucà

Accogliere vuol dire amare e quando si ama vuol dire seguire le orme di Cristo, le orme di San Francesco d’Assisi. Lo sa bene padre Mario Fucà, religioso cappuccino da ben cinquant'anni, responsabile dal 1992 del Convento dei Frati Cappuccini di Fiuggi e parroco dal 2016 della Parrocchia francescana San Felice da Cantalice di Roma. Partecipe della idealità e progettualità tipica dei francescani, padre Mario sta sviluppando ultimamente soprattutto progetti di accoglienza per il popolo ucraino che sta fuggendo dall’atroce guerra che lo vede coinvolto. San Francesco patrono d’Italia ha voluto ascoltare la sua voce. Una voce che da diversi anni si prodiga per gli ultimi. Attualmente è impegnato nella conduzione di un ostello a Roma, all’interno della parrocchia, che ospiterà diverse madri ucraine e i loro figli.

Padre Mario Fucà, può presentarci l’ostello? Che storia ha?
Nella Parrocchia di San Felice da sempre c’è stata grande attenzione verso le persone più fragili, più povere, assistendo tutti coloro che bussano alla nostra porta e l’intenzione di allestire una struttura di accoglienza adatta alle loro necessità. In sinergia con la Caritas diocesana, vedendo che tante erano le persone senza fissa dimora, si è pensato di trasformare una ala dei locali parrocchiali in un ostello. Così abbiamo costituito due ambienti come dormitorio e dei bagni, delle docce, una cucina e una sala da pranzo per l’utilizzo degli ospiti. Iniziato nel dicembre 2019 il percorso poi si è parzialmente interrotto perché è arrivato il covid. Unitamente all’ostello abbiamo trasformato due stanze con ingresso sull'esterno in un appartamentino nel quale abbiamo alloggiato - in collaborazione con la comunità di Sant’Egidio - una famiglia siriana per due anni (fino ai primi di marzo), arrivata tramite i canali umanitari.

Il dormitorio di quanti posti è?
All'inizio abbiamo allestito dodici posti, adesso potremmo arrivare anche a quindici. Ovviamente, durante il covid abbiamo ospitato poche persone e senza guardare alla religione e alla nazione di appartenenza. Attualmente abbiamo una famiglia cilena, che ci hanno presentato i servizi sociali del comune e ospitiamo quattro giovani palestinesi provenienti da Gaza, presentatici dalla comunità musulmana molto presente nel nostro quartiere, che stanno facendo un Erasmus presso l’Università della Sapienza. E, ora, non possiamo chiudere gli occhi su ciò che sta accadendo in Ucraina. Stiamo pensando - e speriamo che le vicende burocratiche lo permetteranno - di ospitare categorie di persone non in grado di autosufficienza, come bambini di istituto o orfani di guerra con i loro accompagnatori, o anziani.

Tra l’altro, padre Mario Fucà, questa ospitalità già è in funzione nel centro d’accoglienza nel convento di Fiuggi, sbaglio?
Sì, a Fiuggi in collaborazione con il Comune e la Caritas Diocesana, già stiamo ospitando una trentina di profughi, in attesa di essere collocati in appartamenti. Perlopiù sono mamme con figli piccoli, i cui mariti sono rimasti lì per difendere la loro terra. È una emergenza alla quale non eravamo preparati.

Padre Mario, con le comunità di cui è animatore, rappresentano una delle belle testimonianze di come vivere lo spirito francescano dell’accoglienza. Sono piccole storie fatte con grande amore. Abbiamo bisogno di queste luci proprio in un momento come questo in cui sembrano le tenebre avere la meglio. L’ostello e i progetti di accoglienza della Parrocchia San Felice sono invece stelle del firmamento di quel cielo chiamato carità.

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