francescanesimo

800 anni di amore per il Vangelo

Antonio Tarallo
Pubblicato il 29-11-2023

La Regola bollata 

In un nome. Non un nome qualsiasi, ma quello del Signore. Così comincia la Regola Francescana datata 29 novembre 1223. L’incipit già dice tutto: “Nel nome del Signore incomincia la vita dei frati minori. La regola e la vita dei frati minori è questa, cioè osservare il Santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità”. Osservare il Santo Vangelo: la regola prima, la più importante, la più sostanziale, quella che detta le altre regole. E’ il nucleo di tutto. E osservare il Vangelo equivale ad amare il prossimo: Francesco, nella sua esistenza, ha sempre guardato nel prossimo l’immagine riflessa di Dio. E’ questa che spinge il santo d’Assisi a consegnare un programma di vita, una “Regola”, orientata verso il Cielo: è un progetto che consegna ai suoi contemporanei, ai suoi frati, e a posteri, all’umanità di oggi che solo nella fraternità e nell’amore può vivere la pace.

Dopo che a San Damiano il Crocifisso gli ha affidato il mandato di restaurare la sua casa, la Chiesa, solo il Vangelo è divenuto il punto di riferimento per il Poverello di Assisi. Nel suo ritiro come eremita, nel suo primo servizio ai lebbrosi, in quelle sue prime preghiere condotte nel silenzio, è da trovarsi già tutto il programma della Regola: la vita e la Regola, solo al servizio degli altri.

Nei pochi scritti di San Francesco e di Santa Chiara si rilevano un migliaio di citazioni - sia esse dirette o indirette - della Sacra Scrittura. Rimanendo ai soli scritti di San Francesco, Matteo è citato ben 77 volte; Marco 18 volte; Luca 46 volte; Giovanni 35 volte. Il suo è un ritornare sempre alle origini di tutto: la Parola di Dio, prima di tutto. Ed è a quella Parola che la Regola torna.

E se, appunto, la Regola prende forma dalla Parola, la sua attualità è indiscussa. Così come la Parola prende corpo, carne, ogni giorno nella vita di ognuno, così la Regola diventa un programma “giornaliero” da vivere appieno, con semplicità e radicalità come San Francesco stesso ha insegnato ai primi frati. E’ un dialogo che continua ancora oggi, a distanza di 800 anni, perché parla di amore e fraternità: due parole che sono da vivere, ogni giorno, nel presente. Ma non solo: anche nella proiezione del futuro.

Davanti alla Basilica di San Giovanni in Laterano si erge un gruppo scultoreo: l’opera è davvero imponente e la sua collocazione nella maestosa piazza ci lascia senza fiato. Chiunque faccia visita alla famosa basilica romana, non può non rimanerne affascinato. E’ un grandioso Francesco che ci viene presentato, con le mani rivolte verso l’alto: dona a tutto il gruppo scultoreo una grande carica emotiva, un forte pathos che ci trasporta verso quella che sarà poi la missione del poverello di Assisi. Lo immaginiamo così anche oggi San Francesco: con le mani verso l’alto e con dietro i suoi primi frati, il primo segno della fraternità francescana. Le mani al cielo, la preghiera. I primi seguaci della Regola dietro al santo d’Assisi. Una giusta metafora, forse, di ciò che la Regola dice a noi contemporanei: preghiera e fraternità. Il tutto racchiuso in una sola parola: Amore.

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